Выбрать главу

— Pensavo a qualcosa sull’aborto — continuò Percy.

Lei per un secondo restò stordita. Santo cielo, quel ragazzino aveva solo tredici anni! Anche se...

Anche se, a essere sinceri, aborto, controllo delle nascite e pianificazione familiare erano temi che era importante approfondire fin da quel momento. Percy compiva gli anni a luglio, il che implicava che non ne avrebbe avuti quattordici fin dopo il termine dell’anno scolastico, ma quasi tutti i suol compagni e compagne sarebbero diventati quattordicenni prima; e a quell’età si poteva rimanere incinte, o mettere incinte le amichette.

— Tu cosa ne pensi dell’aborto, nonna?

Sarah si agitò nervosamente sulla sedia. Si sentiva addosso gli occhi della nuora, Angela, oltre a quelli di Emily. — Credo — rispose — che ogni bambino abbia il diritto di nascere in un ambiente in cui lo si desidera.

Percy ci meditò un po’ su. — E se due decidono di fare un figlio ma poi, prima che nasca, la ragazza cambia idea? Che si fa?

Niente da dire, il nipote aveva preso qualcosa da lei: quello era un un’argomento su cui Sarah si era scalmanata a lungo. Anzi, ora che ci pensava, era anche una delle domande poste dai Draconiani. La numero 46: “La persona incinta ha il diritto di interrompere la gravidanza, anche se all’inizio era desiderata da entrambi i partner?”. Per la stessa Sarah, non era stata affatto una passeggiata formulate la risposta da inviare agli alieni.

Bevve un sorso d’acqua, poi disse: — Su questo argomento ho continuato per tutta la vita ad altalenare da una posizione all’altra, tesoro. Oggi, però, propendo a pensare che l’ultima parola spetti alla madre.

Percy rifletté di nuovo tra sé. — Sei troppo oltre, nonna.

— Quanto sei carino! — disse lei. — Se ho capito bene.

32

Il mattino dopo, di buon’ora, Don era steso sul divano a controllare le email sul suo palmare. Un paio di messaggi erano di vecchi amici che facevano la stessa richiesta già avanzata da Randy Trenholm. Poi un’e-mail dal fratello, che gli inoltrava un simpatico cartone animato che pensava gli sarebbe piaciuto, e poi...

Un bip!

Era arrivato un nuovo messaggio in quell’istante.

“Mio Dio.”

Da: ldarby@utoronto.ca

Don lo aprì e cominciò a scorrerlo freneticamente avanti e indietro con gli occhi come una mosca impazzita. Poi, quando il battito cardiaco si fu calmato un po’, decise di leggerlo in ordine dalla prima riga all’ultima. Diceva:

Ehi Don,

immagino non pensassi di ricevere mie notizie, e non mi aspetto che risponderai, xché mi rendo conto che non sono stata molto comprensiva l’ultima volta, ma fanculo tutto, mi manchi un sacco. Ancora non ci credo che ti sto scrivendo, Gabby pensa che sono sbronza, ma spero che ti vada di trovarci e parlarne, magari giochiamo a Scarabeo o... Fammi sapere.

L.

Sii gentile, perché tutte le persone che incontri stanno combattendo una dura battaglia.

Platone

Don sollevò lo sguardo dal palmare. Gunter, grazie alla sua forza e al suo perfetto senso dell’equilibrio, stava trasportando Sarah giù per la scala, seduta su una delle sedie di legno della cucina. — Buongiorno, tesoro — disse lei, con il solito tremolio nella voce.

— Ciao — rispose lui.

Gunter posò la sedia a terra e aiutò Sarah ad alzarsi. — Qualche messaggio interessante? — chiese Sarah.

Don spense di colpo il palmare. — No. Solo spam.

Il ricongiunimento di Don e Leonore era andato benissimo fino a quel momento. Adesso era sera e stavano finendo una cena cinese da asporto nell’appartamento di lei, dopo aver passeggiato tutto il pomeriggio in centro a guardare le vetrine. — Comunque — disse Leonore terminando il riassunto delle puntate precedenti, da dopo che si erano lasciati — quegli stronzi dell’università mi hanno fregato. Dicono che non ho pagato in tempo la rata, e non è vero, ho compiuto la transazione elettronica un attimo prima della mezzanotte del giorno di scadenza. E quelli mi hanno caricato un giorno di mora.

Don non mangiava mai i biscotti della fortuna ma gli piaceva aprirli. Nel suo c’era scritto: “Favorevoli prospettive di cambiamento”. — Quanto? — chiese.

— Otto dollari. Domattina vado in Amministrazione a sporgere reclamo.

Don fece cenno a Leonore di lasciargli leggere il messaggio che lei aveva sul proprio biscotto. Diceva: “Un tuo sforzo sarà premiato”. Lui annuì, e disse: — Puoi anche provarci, ma ti toccherà perderci mezza giornata.

Lei sembrò non gradire il consiglio. — Non bisogna permettere a quelli di fare tutto quello che gli gira.

— Per otto dollari non ne vale la pena. — Si alzò da tavola e si mise a riassettare. — Devi imparare a fare battaglie mirate. Quando avevo la tua età...

— Non dire quella frase!

Lui si voltò per guardarla. — Come?

Lei incrociò le braccia. — Non voglio sentirti dire: “Quando avevo la tua età”...

— Volevo solo risparmiarti...

— Che cosa? Di affrontare la vita? Di farmi le mie esperienze, di imparare da sola? Voglio imparare da sola, grazie.

— Giustissimo, ma...

— Ma io non ho bisogno di un padre, Don. Voglio un ragazzo. Un coetaneo.

Lui ebbe un tuffo al cuore. — Non posso cancellare il mio passato.

— Ovvio che non puoi — disse Leonore, accartocciando la confezione della cena. — Non esistono cancellini di quelle dimensioni.

— Ora piantala, Sarah! Io...

Don restò paralizzato sul posto, arrossendo vistosamente. Leonore annuì come se i suoi peggiori sospetti fossero appena stati confermati. — Mi hai chiamata “Sarah”.

— Dio, scusami, non volevo...

— Lei è sempre nei paraggi, è così? Come un velo tra noi due. E ci restera per sempre, anche quando sara...

Stavolta fu lei a bloccarsi un attimo troppo tardi. Ma Don proseguì il discorso:

— Sì, anche dopo che sarà... che non ci sarà più. È un dato di fatto con cui dobbiamo confrontarci. — Fece una pausa. — In ogni caso, non posso fare finta di non essere vissuto più a lungo...

— ...Del novantanove per cento della gente di questo mondo — disse Leonore; il che azzittì di nuovo Don, mentre calcolava mentalmente se fosse vero. E lo era.

A Don si annodò lo stomaco.

— Va bene, ma non puoi chiedermi di rinnegare me stesso — disse.

— Non te lo sto chiedendo, infatti. Ti sto solo pregando di...

— Di tenerrni le mie paternali per me?

— Ma no! Però non rinvangare continuamente il passato. Per me è pesante, sai?

Voglio dire, Dio mio, che razza di mondo era quando sei nato? Senza PC, senza nanotecnologie, senza robot, senza TV, senza...

— La televisione ce l’avevamo — precisò lui, ma senza aggiungere “in bianco e nero”.

— Bene, ottimo. Ma santo Dio, ti sei passato la... guerra in Iraq, e ai tuoi tempi c’era ancora l’Unione Sovietica, e hai assistito allo sbarco sulla Luna, e alla fine dell’apartheid in America e in Sudafrica. Hai vissuto l’11 settembre. Eri presente quando è arrivato il primo segnale alieno. — Scosse la testa. — La tua vita è identica al mio manuale di Storia.

Lui stava per replicare: “Allora dovresti prestarmi ascolto quando ti racconto le mie esperienze”, poi per fortuna lasciò perdere. — Non è colpa mia — disse.

— Ma lo so! — scattò lei. Poi ripeté le stesse parole in tono più basso: — Lo so.

Ma devi per forza recitare la parte del vecchio saggio?

Don si era appoggiato al lavandino. — Non lo faccio apposta. Però tu pensi che il pagamento di una mora ridicola sia una tragedia, come...