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Tombs era orgoglioso della sua nave; tuttavia era rattristato dal pensiero che probabilmente sarebbe vissuta troppo poco. Ma era deciso a scrivere, grazie alla Texas, un degno epitaffio alla gloria morente degli Stati della Confederazione.

Salì una scaletta ed entrò nella timoniera, una piccola struttura nella sezione di prua della casamatta, sagomata come una piramide tronca. Scrutò l’oscurità attraverso le feritoie, poi si rivolse al capo pilota, Leigh Hunt, che era stranamente silenzioso.

«Viaggeremo a tutto vapore fino al mare, signor Hunt. Dovremo stare molto attenti a non arenarci.»

Hunt, un pilota che conosceva ogni secca e ogni ansa del fiume James come le sue tasche, continuò a guardare davanti a sé e inclinò lievemente la testa. «La poca luce della luna mi basta per capire il movimento del fiume.»

«Ne approfitteranno anche gli artiglieri yankee.»

«È vero, ma le fiancate grigie della nave si confondono con le ombre lungo la riva. Non riusciranno a individuarci facilmente.»

«Speriamo», sospirò Tombs.

Salì attraverso un boccaporto e si fermò sul tettuccio della casamatta mentre la Texas raggiungeva Drewry’s Bluff e avanzava fra le cannoniere, ormeggiate in quella zona, della flotta del fiume James, comandata dall’ammiraglio Semmes. Gli equipaggi delle corazzate sorelle, Virginia II, Fredericksburg e Richmond, che si preparavano tristemente a far saltare in aria le loro navi, proruppero in acclamazioni al passaggio della Texas. Con il fumo nero che eruttava oscurando le stelle, il vessillo da combattimento della Confederazione, che si tendeva nella brezza creata dal movimento della nave, offriva uno spettacolo commovente ed esaltante che nessuno avrebbe mai più rivisto.

Tombs si tolse il berretto e lo levò in alto. Era l’ultimo sogno che presto si sarebbe trasformato in un amaro incubo di sconfitta. Eppure era un momento grandioso. La Texas stava per diventare una leggenda.

Poi, improvvisamente come era apparsa, superò l’ansa del fiume lasciando soltanto una scia quale segno del suo passaggio.

Poco più a monte di Trent’s Reach, dove l’esercito federale aveva teso uno sbarramento attraverso il fiume e aveva scavato diverse postazioni d’artiglieria, Tombs ordinò di issare sull’albero maestro la bandiera degli Stati Uniti.

All’interno della casamatta, il ponte dei cannoni fu sgomberato per l’azione imminente. Quasi tutti gli uomini, nudi fino alla cintola, e con i fazzoletti legati intorno alla fronte, stavano accanto ai pezzi. Gli ufficiali s’erano tolti le giacche e si aggiravano in silenzio sul ponte in maglia e bretelle. Il medico di bordo distribuiva lacci emostatici e insegnava agli uomini come usarli.

I secchi d’acqua erano allineati a intervalli per spegnere gli incendi, e sulla tolda era stata sparsa la sabbia per assorbire il sangue. Pistole e sciabole corte erano state consegnate agli uomini per respingere eventuali abbordaggi, i fucili erano carichi e avevano le baionette inastate. I boccaporti dei magazzini sotto il ponte dei cannoni erano aperti, e gli argani e le pulegge erano pronti a issare polvere e munizioni.

Favorita dalla corrente, la Texas stava viaggiando a sedici nodi quando urtò con la prua lo sbarramento, lo sfondò e proseguì nell’acqua libera con pochi graffi all’ariete di ferro fissato alla prua.

Una sentinella unionista avvistò la Texas che scivolava nell’oscurità e sparò con il moschetto.

«Cessate il fuoco! In nome di Dio, cessate il fuoco!» gridò Tombs dal tetto della casamatta.

«Che nave è?» rispose una voce dalla riva.

«L’Atlanta, idiota. Non sapete riconoscere le vostre navi?»

«Quando avete risalito il fiume?»

«Un’ora fa. Abbiamo l’ordine di fare servizio di pattuglia fino allo sbarramento e a City Point.»

Il bluff ebbe il risultato voluto. Le sentinelle unioniste lungo la riva sembravano convinte. La Texas avanzò senza incidenti e Tombs esalò un profondo sospiro di. sollievo.

Si era aspettato una grandinata di colpi contro la sua nave. Ora che il pericolo era temporaneamente superato, il suo unico timore era che un ufficiale nemico, insospettito, telegrafasse un avvertimento a monte e a valle.

Quindici miglia dopo lo sbarramento la fortuna incominciò ad abbandonare Tombs: una massa minacciosa apparve all’improvviso nell’oscurità davanti a lui.

Il monitore unionista Onondaga, con due torrette corazzate da undici pollici e cinque pollici e mezzo di corazza allo scafo, e con due potenti Dahlgren a canna liscia da 15 pollici e due Parrot a canna rigata da 16 libbre, era ancorato presso la riva ovest, con la poppa puntata verso valle. Stava caricando carbone da una chiatta ormeggiata a babordo.

La Texas l’aveva quasi raggiunta quando un aspirante guardiamarina che stava sulla torretta di prua avvistò la corazzata confederata e diede l’allarme.

L’equipaggio smise di caricare carbone e si voltò a guardare la corazzata che usciva dalla tenebra. Il comandante John Austin dell’Onondaga esitò per qualche istante, chiedendosi com’era possibile che una nave ribelle si fosse spinta tanto a valle sul James senza venire scoperta. Quei pochi attimi gli costarono cari. Quando gridò ai suoi di preparare i cannoni, la Texas stava già passando a un tiro di sasso.

«Accostate!» gridò Austin. «Altrimenti spareremo e vi faremo saltare in aria!»

«Siamo l’Atlanta!» gridò di rimando Tombs, deciso a condurre l’inganno sino alla fine.

Austin non si lasciò ingannare neppure dalla vista della bandiera unionista sull’albero maestro. Diede l’ordine di sparare.

La torretta di prua entrò in azione troppo tardi. La Texas era già passata oltre il suo angolo di tiro. Ma i due Dahlgren all’interno della torretta posteriore dell’Onondaga vomitarono fiamme e fumo.

A quella distanza gli artiglieri unionisti non potevano fallire, e non fallirono. I colpi martellarono le fiancate della Texas come mazzate, sfondarono la parte superiore di poppa della casamatta in un’esplosione di schegge di ferro e di legno che abbatté sette uomini.

Quasi nello stesso istante, Tombs gridò un ordine attraverso il boccaporto aperto. Le imposte degli oblò si aprirono e la Texas sparò con tre cannoni contro la torretta dell’Onondaga. Uno dei proiettili da 100 libbre del Blakely penetrò in un oblò aperto ed esplose contro un Dahlgren, causando un turbine di fumo e di fiamme e una tremenda carneficina all’interno della torretta. Nove uomini furono uccisi, undici feriti gravemente.

Prima che le due navi potessero ricaricare i cannoni, la corazzata ribelle s’era dileguata nella notte e aveva superato l’ansa del fiume. La torretta di prua dell’Onondaga sparò un ultimo colpo alla cieca, e il proiettile passò sibilando in alto, a poppa della Texas.

Disperatamente, il comandante Austin ordinò ai suoi di salpare l’ancora e di virare di 180 gradi. Fu un gesto inutile. La velocità massima del monitore era di poco superiore ai sette nodi. Non c’erano speranze di poter inseguire e raggiungere la nave ribelle.

Tombs gridò al tenente Craven: «Signor Craven, non ci nasconderemo più dietro un vessillo nemico. Faccia issare la bandiera della Confederazione e chiudere gli oblò dei cannoni».

Un giovane allievo guardiamarina corse all’albero, slegò le drizze, ammainò la bandiera a stelle e strisce e issò quella con la croce di sant’Andrea e le stelle in campo bianco e rosso.

Craven raggiunse Tombs sul tetto della casamatta. «Ormai sanno chi siamo», disse. «Non sarà uno scherzo arrivare al mare. Possiamo tener testa alle batterie piazzate sulle rive; la loro artiglieria da campagna non è abbastanza potente per fare qualcosa più che ammaccare la nostra corazza.»