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Impiegai una settimana, più o meno. Mi nutrii del sangue fresco dei piccoli animali che vivono sottoterra, quando riuscivo a prenderli. Poi incominciai a risalire verso la superficie, dove potei chiamare i ratti. Quindi non fu troppo difficile catturare qualche felino e infine l’inevitabile vittima umana, anche se dovetti attendere a lungo per incontrarne una del tipo particolare che cercavo… un uomo che avesse ucciso altri mortali e non ne provasse rimorso.

Finalmente ne arrivò uno; passò lungo la recinzione, un giovane maschio con la barba grigia che aveva assassinato un suo simile in una località lontana, dall’altra parte del mondo. Un vero assassino. E… oh, quel primo assaggio della lotta umana e del sangue umano!

Non fu un problema rubare indumenti nelle case vicine e riprendere una parte dell’oro e dei gioielli che avevo nascosto nel Cimitero Lafayette.

Naturalmente, ogni tanto mi spaventavo. Il puzzo delle sostanze chimiche e della benzina mi dava la nausea. Il ronzio dei condizionatori d’aria e il sibilo degli aerei a reazione mi ferivano le orecchie.

Ma a partire dalla terza notte dopo la mia resurrezione, cominciai a girare per New Orleans su una grossa, rombante Harley-Davidson nera e a fare fracasso anch’io. Cercavo altri assassini di cui nutrirmi. Portavo una splendida tuta di pelle nera che avevo sottratto a una delle mie vittime e avevo nella tasca un piccolo Walkman Sony che mi riversava nella testa l’Arte della Fuga di Bach attraverso la minuscola cuffia mentre sfrecciavo di qua e di là.

Ero ridiventato il vampiro Lestat. Ero tornato in azione. New Orleans era di nuovo il mio territorio di caccia.

E la mia forza, ecco, era tre volte maggiore di quella d’un tempo. Potevo balzare dalla strada alla sommità di una casa a quattro piani. Potevo strappare le grate di ferro dalle finestre. Potevo piegare in due una moneta. Potevo sentire le voci e i pensieri degli umani, quando volevo, a diversi isolati di distanza.

Verso la fine della prima settimana mi rivolsi a una avvocatessa molto carina che aveva lo studio in un grattacielo tutto acciaio e vetro, e che mi aiutò a procurarmi un certificato di nascita perfettamente legale, la tessera della Previdenza Sociale e la patente. Una parte cospicua delle mie ricchezze stava arrivando a New Orleans dai conti numerati presso l’immortale Bank of London e la Rothschild Bank.

E soprattutto, navigavo nelle rivelazioni. Sapevo che quanto mi avevano detto del ventesimo secolo le voci amplificate era vero.

Mentre giravo per le vie di New Orleans nel 1984, ecco che cosa vedevo:

II mondo industriale buio e squallido nel quale mi ero addormentato aveva finito con l’esaurirsi da sé, e la vecchia pruderie e il conformismo borghese avevano perduto il loro potere sulla mentalità americana.

La gente era di nuovo avventurosa ed erotica come lo era stata un tempo, prima delle grandi rivoluzioni del ceto medio verso la fine del Settecento. Aveva persino l’aspetto che aveva avuto allora.

Gli uomini non portavano più l’uniforme alla Sam Spade, camicia, cravatta, abito grigio e cappello grigio. Si vestivano nuovamente di velluto e di seta e di colori vivaci, se ne avevano voglia. Non erano più costretti a tagliarsi i capelli come i soldati romani: li portavano lunghi quanto volevano.

E le donne… ah, le donne erano splendide, nude nel tepore primaverile come lo erano state all’epoca dei faraoni egizi, con le gonne succinte e le tunichette, oppure con i calzoni maschili e le camicie incollate ai corpi tutti curve. Si truccavano e si ornavano d’oro e d’argento persino per andare al supermercato. Oppure andavano a zonzo con la faccia pulita e senza gioielli… non aveva importanza. Si arricciavano i capelli come Maria Antonietta o li tagliavano cortissimi o li lasciavano sciolti e spettinati.

Forse per la prima volta nella storia erano forti e interessanti quanto gli uomini.

E quella era la gente comune americana. Non soltanto i ricchi, che hanno sempre raggiunto una certa androginia, una certa joie de vivre che in passato i rivoluzionari del ceto medio chiamavano decadentismo.

La vecchia sensualità aristocratica era patrimonio di tutti. Era indissolubile dalle promesse della rivoluzione del ceto medio, e tutti avevano diritto all’amore e al lusso e alle cose belle.

I grandi magazzini erano diventati palazzi dallo splendore orientale… merci esposte tra moquette dalle tinte delicate, musica suggestiva, luci ambrate. Nei drugstore aperti tutta la notte, le bottiglie di shampoo viola e verde brillavano come gemme sugli scintillanti ripiani di vetro. Le cameriere si recavano al lavoro al volante di automobili con i sedili in pelle. Gli scaricatori di porto tornavano a casa la sera e si facevano una nuotata nelle piscine riscaldate del giardino. Le donne delle pulizie e gli idraulici, al termine del lavoro, indossavano indumenti confezionati d’ottimo taglio.

La miseria e il sudiciume che erano stati tanto comuni nelle grandi città della terra fin dai tempi più remoti erano stati cancellati quasi completamente.

Non si vedevano gli immigrati che stramazzavano nei vicoli, uccisi dalla fame. Non c’erano slums dove dormivano otto o dieci persone per stanza. Nessuno buttava i rifiuti per le strade. I mendicanti, gli invalidi, gli orfani, i malati incurabili erano diventati così poco numerosi che non costituivano più una presenza nelle vie immacolate.

Persino gli ubriaconi e i matti che dormivano sulle panchine dei parchi e delle stazioni degli autobus mangiavano regolarmente carne e avevano radioline da ascoltare, e abiti lavati.

Ma questa era soltanto la superficie. Ero sbalordito dai mutamenti più profondi che mettevano in moto questa corrente impressionante.

Per esempio, al tempo era accaduto qualcosa di veramente magico.

Ciò che era vecchio non veniva più sostituito automaticamente dal nuovo. Al contrario, l’inglese che sentivo parlare intorno a me era lo stesso che avevo conosciuto nell’Ottocento. Era ancora usato persino il vecchio gergo. Tuttavia, sulle labbra di tutti c’erano frasi nuove e affascinanti come «ti hanno fatto il lavaggio del cervello» oppure «è così freudiano» oppure «non ci vedo una relazione».

Nel mondo dell’arte e dello spettacolo venivano «riciclati» tutti i secoli precedenti. I musicisti eseguivano Mozart non meno del jazz e della musica rock; la gente andava a vedere una sera Shakespeare e la sera dopo un nuovo film francese.

Nei giganteschi empori illuminati da luci fluorescenti potevi comprare registrazioni di madrigali medievali e ascoltarli allo stereo della macchina mentre sfrecciavi sull’autostrada a centocinquanta all’ora. Nelle librerie la poesia rinascimentale si vendeva accanto ai romanzi di Dickens e di Ernest Hemingway. I manuali sul sesso erano esposti sugli stessi banchi del Libro dei Morti egizio.

A volte la ricchezza e il lindore che mi circondavano diventavano quasi un’allucinazione. Avevo l’impressione di essere sul punto di perdere il senno.

Guardavo stupefatto le vetrine con i computer e i telefoni dalle forme e dai colori purissimi come le conchiglie più esotiche reperibili in natura. Gigantesche berline argentee navigavano per le vie strette del quartiere francese come indistruttibili mostri marini. Gli svettanti grattacieli di uffici trapassavano il cielo notturno come obelischi egizi, dominando i cadenti edifici di mattoni della vecchia Canal Street. Innumerevoli programmi televisivi riversavano un incessante flusso d’immagini in tutte le stanze d’albergo ad aria condizionata.

Ma non era una serie di allucinazioni. Era un secolo che aveva ereditato la terra in ogni senso della parola.

E una parte non trascurabile di questo miracolo imprevisto era l’innocenza curiosa di tutti costoro, in mezzo alla libertà e alla ricchezza di cui godevano. Il dio cristiano era morto come nel Settecento. E nessuna religione mitologica nuova era venuta a prendere il posto di quella vecchia.