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«Guardate!» disse avvicinandosi. Gli occhi grigi brillarono quando percepì l’attenzione degli altri. «Questo demonio non era un novizio qui o altrove; non ha implorato di essere ammesso. Non ha fatto voto a Satana. Non ha rinunciato all’anima sul letto di morte: anzi, non è morto!» La voce divenne più alta, più forte. «Non è stato sepolto! Non è risorto dalla tomba come Figlio delle Tenebre! E invece osa aggirarsi nel mondo sotto l’aspetto di un essere vivente! E proprio a Parigi continua a occuparsi dei suoi affari come un mortale!»

Dalle pareti gli risposero urla e strida: ma i vampiri del cerchio tacevano. A lui tremava il mento.

Alzò le braccia e ululò. Uno o due degli altri risposero. La sua faccia era sfigurata dalla rabbia.

La vecchia regina proruppe in una risata fremente e mi rivolse il suo sorriso più demenziale.

Ma il ragazzo non desistette.

«Cerca i conforti del focolare, che sono rigorosamente proibiti», urlò battendo il piede e scuotendosi le vesti. «Entra nei palazzi dei piaceri carnali e si mescola ai mortali che suonano musica e danzano!»

«Finiscila!» dissi io. Ma per la verità volevo che continuasse.

Il ragazzo si avvicinò, mi puntò l’indice contro la faccia. «Nessun rituale può purificarlo!» gridò. «È troppo tardi per i Voti Tenebrosi, per le Benedizioni Tenebrose…»

«Voti Tenebrosi? Benedizioni Tenebrose?» Mi rivolsi alla vecchia regina. «Che cosa rispondi? Tu sei vecchia quanto lo era Magnus quando si è buttato nel fuoco… perché tolleri che costui continui?»

I suoi occhi si mossero come se fossero la sola cosa, in lei, a possedere la vita. E proruppe di nuovo in una risata torrenziale.

«Non ti farò mai alcun male, giovane», disse. «A nessuno di voi.» Guardò teneramente Gabrielle. «Siete sulla Strada del Diavolo, avviati verso una grande avventura. Che diritto ho di intromettermi in ciò che i secoli hanno in serbo per voi?»

La Strada del Diavolo. Era la prima frase pronunciata da qualcuno di loro che avesse fatto squillare una tromba nella mia anima. L’esaltazione s’impadronì di me, mentre la guardavo. A suo modo, era la gemella di Magnus.

«Oh, sì, sono vecchia come il tuo progenitore.» Sorrise e le zanne bianche toccarono il labbro inferiore e svanirono. Guardò il capo che la osservava senza il minimo interesse. «Ero qui, in questa congrega quando Magnus ci rubò i nostri segreti, l’astuto alchimista Magnus… quando bevve il sangue che gli avrebbe dato la vita eterna, in un modo quale il Mondo della Tenebra non aveva mai veduto. Ora sono trascorsi tre secoli, e ha trasmesso il suo Dono Tenebroso, puro e incontaminato, proprio a te, bel figlio!»

La faccia ridivenne una maschera ghignante da commedia, così simile alla faccia di Magnus.

«Mostrami la forza che ti ha dato, figlio», disse la regina. «Sai cosa significa essere fatto vampiro da uno tanto potente che non ha mai concesso prima il Dono? Qui è proibito, figlio: nessuno di quell’età trasmette il suo potere. Perché se così fosse, il novellino nato da lui sconfiggerebbe facilmente questo grazioso capo e la sua congrega.»

«Basta con questa follia!» l’interruppe il ragazzo.

Ma tutti ascoltavano. La bella donna dagli occhi scuri s’era avvicinata a noi per vedere meglio la vecchia regina, e aveva dimenticato di temerci o di odiarci.

«Avevi detto abbastanza già cent’anni fa», ruggì il ragazzo alla vecchia regina, con la mano alzata per imporle il silenzio. «Sei pazza come tutti i vecchi. Io dico che questo fuorilegge dev’essere punito. L’ordine sarà ristabilito quando lui e la donna saranno stati annientati davanti a noi.»

Si rivolse agli altri con rinnovato furore. «Io vi dico che vi aggirate su questa terra come tutte le creature malefiche per volontà di Dio, perché i mortali soffrano per la sua Gloria Divina. E per volontà di Dio potete essere annientati se bestemmiate, ed essere gettati negli abissi dell’inferno perché siete anime dannate e la vostra immortalità vi è stata data solo a prezzo di sofferenze e tormenti.»

Si levò un coro incerto di gemiti e ululati.

«Dunque è questa», dissi io, «è questa la vostra filosofia. Ed è fondata su una menzogna. Tremate come contadini, siete già all’inferno per vostra scelta, incatenati più dell’ultimo dei mortali, e volete punirci perché noi non siamo come voi! Seguite il nostro esempio, invece!»

Alcuni dei vampiri ci fissavano, altri confabulavano freneticamente tra loro. Continuavano a lanciare occhiate al loro capo e alla vecchia regina.

Ma il capo non diceva nulla.

Il ragazzo urlò per ristabilire l’ordine. «Non basta che abbia profanato luoghi sacri», disse. «Non basta che si aggiri come un mortale. Proprio questa notte, in un villaggio della periferia ha terrorizzato i fedeli di una chiesa. Tutta Parigi parla di questo orrore, i diavoli risorti dalle tombe sotto l’altare, lui e questa vampira sulla quale ha compiuto l’Opera Tenebrosa senza consenso e senza rituale, esattamente com’era stato fatto con lui.»

Vi furono esclamazioni e mormoni. Ma la vecchia regina rise di gioia.

«Sono colpe gravissime», continuò il ragazzo. «Non possono restare impunite. E chi tra voi non conosce le sue buffonate sul palcoscenico del teatro che possiede come un mortale! Di fronte a mille parigini ha ostentato i suoi poteri di Figlio delle Tenebre! E la segretezza che noi abbiamo protetto per secoli si è spezzata per il suo divertimento e il divertimento del volgo.»

La vecchia regina si fregò le mani e inclinò la testa per guardarmi. «È tutto vero, figlio?» chiese. «Sei stato in un palco dell’Opera? Sei stato davanti alle luci della ribalta del Théâtre-Française? Hai ballato con il re e la regina al palazzo delle Tuileries, con la bellezza che hai creato in modo così perfetto? È vero che hai percorso i boulevard con una carrozza dorata?»

Rideva e rideva, e ogni tanto fissava gli altri intimidendoli come se irradiasse raggi di luce.

«Ah, che eleganza e che dignità», continuò. «Cos’è accaduto nella grande cattedrale quando vi siete entrati? Dimmelo!»

«Assolutamente nulla, signora!» dichiarai.

«Colpe gravissime!» ruggì indignato il ragazzo vampiro. «Sono cose tali da scatenare contro di noi una città, se non un regno. E dopo secoli in cui abbiamo depredato furtivamente questa metropoli, dando origine solo a sussurri sul nostro grande potere… Noi siamo creature della notte destinate ad alimentare le paure degli uomini, non siamo demoni deliranti.»

«Ah, ma è troppo sublime», esclamò la vecchia regina, con gli occhi levati al soffitto. «Dal mio cuscino di pietra ho sognato il mondo dei mortali. Ho udito le sue voci, la sua musica nuova, nenie che mi cullano nella tomba. Ho visto le sue scoperte fantastiche, ho conosciuto il suo coraggio nel sacrario eterno dei miei pensieri. E, sebbene mi escluda con le sue forme abbaglianti, attendo qualcuno che abbia la forza di aggirarvisi senza paura e di percorrere la Strada del Diavolo attraverso il suo cuore.»

Il ragazzo dagli occhi grigi era fuori di sé. «Fai a meno del processo», disse fissando il capo. «Accendi subito il rogo.»

La regina si scostò con un gesto enfatico e il ragazzo tese la mano verso la torcia più vicina. Mi avventai, gli strappai la torcia e lo scagliai verso il soffitto. Cadde, e io spensi la fiamma.

Restava una sola torcia. La congrega era in subbuglio. Alcuni accorsero in aiuto del ragazzo, gli altri mormoravano tra loro, e il capo era ancora immobile come in un sogno.

Mi mossi, salii sulla pira e strappai una parete della piccola gabbia di legno.

Nicolas sembrava un cadavere animato. Aveva gli occhi plumbei e la bocca contratta come se mi sorridesse, odiandomi, dall’oltretomba. Lo trascinai fuori dalla gabbia, giù sul pavimento. Era febbricitante e, sebbene cercassi di ignorarlo, mi respingeva e mi malediceva sottovoce.