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Tacque. Per la prima volta guardò la vecchia regina; e, per quanto non fossi sicuro, ebbi l’impressione che la sua faccia lo esasperasse.

«Tu disprezzi tutte queste cose», le disse. «Magnus le disprezzava!» Incominciò a tremare. «Era nella natura della sua pazzia, come è nella natura della tua: ma ti ripeto che non comprendi questi misteri! Li infrangi come se fossero vetri, ma non hai forza né potere al di fuori dell’ignoranza. Distruggi e nulla più.»

Si voltò, esitò come se non volesse proseguire, e girò lo sguardo nell’immensa cripta.

Sentii che la vecchia regina vampira cantava sommessamente.

Canticchiava sottovoce. Poi incominciò a dondolarsi, con la testa da una parte, gli occhi sognanti. Ancora una volta, sembrava bella.

«È finita per i miei figli», sussurrò il capo. «È finita, perché ora sanno che possono disprezzare tutto, le cose che ci univano e che ci davano la forza di resistere come esseri dannati. I misteri che ci proteggevano.»

Tornò a guardarmi. «E tu chiedi spiegazioni come se fosse inesplicabile!» disse. «Tu, per il quale l’Opera Tenebrosa è un atto di avidità svergognata. L’hai donata al grembo che ti ha partorito! Perché allora non anche al violinista del diavolo, che adori ogni notte da lontano?»

«Non l’avevo detto?» cantilenò la regina vampira. «Non l’abbiamo sempre saputo? Non c’è motivo di temere il segno della croce o l’acqua santa o il sacramento.,…» Ripeté le parole, variando la melodia sommessa. «E i vecchi riti, l’incenso, il fuoco, i voti pronunciati, quando credevamo di vedere il Maligno che bisbigliava nel buio…»

«Silenzio!» disse il capo, abbassando la voce. Si portò le mani agli orecchi in un gesto stranamente umano. Sembrava quasi un ragazzo sperduto. Dio, era strano che i nostri corpi immortali potessero essere per noi prigioni così variate, e che le nostre facce immortali potessero essere maschere per le nostre vere anime.

Mi fissò di nuovo. Per un momento pensai che stesse per avvenire un’altra di quelle orrende trasformazioni, o che prorompesse in una violenza irrefrenabile, e mi preparai.

Invece mi implorava in silenzio.

«Perché è accaduto tutto questo?» La voce quasi gli mancò nella gola arida mentre lo ripeteva alzando il tono e cercava di dominare la rabbia. «Spiegalo tu a me! Perché tu, tu che hai la forza di dieci vampiri e il coraggio di tutti i diavoli dell’inferno, ti aggiri nel mondo con vesti di broccato e stivali di cuoio! Lelio, l’attore della Casa di Tespi, che ci trasforma in un dramma sensazionale sul boulevard! Dimmelo! Dimmi perché!»

«È stata la forza di Magnus, il genio di Magnus», cantò la regina vampira con il suo sorriso più malinconico.

«No!» Armand scosse la testa. «Ti dico che è inspiegabile. Non conosce limiti e quindi non ha limiti. Ma perché?»

Si avvicinò un poco. Sembrava non che camminasse, ma che si mettesse a fuoco, come un’apparizione.

«Perché tu, con l’audacia di camminare per le loro strade, di spezzare le loro serrature, di chiamarli per nome? Loro ti acconciano i capelli, ti confezionano gli abiti! Giochi d’azzardo ai loro tavoli! Li inganni, li abbracci, bevi il loro sangue a pochi passi dal luogo dove altri mortali ridono e danzano. Tu che eviti i cimiteri ed esci dalle cripte delle chiese. Perché tu? Arrogante, privo di scrupoli, ignorante e irridente! Dammela tu, la spiegazione. Rispondimi!»

Il mio cuore batteva forte. Il mio viso era caldo e pulsante di sangue. Non avevo paura di lui, ma la mia collera trascendeva ogni collera mortale, e non capivo pienamente il perché.

La sua mente… avevo desiderato penetrare nella sua mente… ed era questo che udivo, la superstizione e l’assurdità di questo. Non era uno spirito sublime, capace di comprendere ciò che non avevano capito i suoi seguaci. Non l’aveva creduto… aveva creduto in questo, il che era mille volte peggio!

E intuii con chiarezza che cos’era: non era un angelo né un demone, bensì una sensibilità forgiata in un tempo buio quando il piccolo globo solare si spostava nella volta del cielo, e le stelle non erano altro che minuscole lanterne e raffiguravano dei e dee su una notte chiusa. Un tempo in cui l’uomo era il centro del grande mondo in cui vaghiamo, un tempo in cui per ogni interrogativo esisteva una risposta. Ecco che cos’era: un figlio di tempi antichi, quando le streghe ballavano sotto la luna e i cavalieri combattevano contro i draghi.

Ah, triste figlio perduto che si aggirava nelle catacombe sotto una grande città e in un secolo incomprensibile! Forse la tua forma mortale ti si addice più di quanto io abbia immaginato.

Ma non c’era tempo di rattristarmi per lui, per quanto fosse bellissimo. Coloro che erano sepolti dietro le pareti soffrivano per il suo comando. Coloro che aveva allontanato dalla camera potevano venire richiamati.

Dovevo pensare a una risposta che lui potesse accettare. La verità non era sufficiente. Doveva essere modificata poeticamente, come gli antichi pensatori l’avrebbero modificata nel mondo prima dell’età della ragione.

«La mia risposta?» dissi sommessamente. Riordinavo i miei pensieri, e quasi mi pareva di percepire l’ammonimento di Gabrielle, la paura di Nicki. «Io non mi occupo di misteri», dissi. «Non coltivo la filosofia. Ma ciò che è accaduto qui è abbastanza evidente.»

Armand mi osservava con aria stranamente seria e intensa.

«Se temi tanto la potenza di Dio», dissi, «allora gli insegnamenti della Chiesa non ti sono ignoti. Devi sapere che le forme del bene cambiano con le epoche, e che vi sono santi per tutti i tempi sotto il cielo.»

Sembrava attento, quasi riscaldato dalle parole che stavo usando.

«Nei tempi antichi», dissi, «c’erano martiri che spegnevano le fiamme destinate a bruciarli, mistici che s’innalzavano nell’aria e udivano la voce di Dio. Ma con il mutare del mondo, sono cambiati anche i santi. Oggi che cosa sono, se non suore e preti obbedienti? Costruiscono ospedali e orfanotrofi, ma non chiamano gli angeli dal cielo per mettere in fuga gli eserciti e domare le belve.»

Non notai in lui nessun cambiamento, ma insistetti. «E lo stesso, ovviamente, accade con il male. Cambia forma. Quanti uomini di questi tempi credono nelle croci che tanto atterriscono i tuoi seguaci? Pensi che i mortali, lassù, parlino tra loro del paradiso e dell’inferno? Parlano di filosofia e di scienza! A loro che importa se i mostri dalla faccia bianca infestano un cimitero nell’oscurità? Se c’è qualche assassinio in più? Come può, tutto questo, interessare a Dio o al diavolo o all’uomo?»

Sentii la regina vampira ridere di nuovo.

Ma Armand non si mosse e non parlò.

«Anche il vostro campo-giochi sta per esservi tolto», continuai. «Il cimitero in cui vi nascondete sta per essere eliminato. Neppure le ossa dei nostri antenati sono più sacre in quest’epoca laica.»

La sua faccia cambiò. Non riuscì a nascondere l’orrore. «Gli Innocenti… distrutto!» mormorò. «Tu menti…»

«Non mento mai», l’interruppi con noncuranza. «Almeno, non mento a coloro che non amo. Gli abitanti di Parigi non vogliono più avere intorno il lezzo dei cimiteri. Gli emblemi dei morti non contano per loro come contano per te. Fra pochi anni qui vi saranno mercati, vie e strade, commerci e praticità. È il mondo del secolo decimottavo.»