E, come in Notre-Dame, pensai che parlava come devono parlare gli angeli, se esistono.
Ma fui strappato a questo pensiero inconcludente dal fatto che adesso era vicino a me. Mi cingeva con un braccio e mi premeva la fronte contro la faccia. Lanciò di nuovo quell’appello, non la seduzione palpitante del momento al Palais Royal, ma la voce che aveva cantato a distanza rivolgendosi a me, e mi disse che c’erano cose che noi due avremmo conosciuto e compreso come non avrebbero mai potuto comprenderle e conoscerle i mortali. Mi disse che, se mi fossi dischiuso e gli avessi donato la mia forza e i miei segreti, mi avrebbe dato i suoi. Era stato spinto a tentare di distruggermi, e mi amava ancora di più perché non aveva potuto farlo.
Era un pensiero allettante. Ma intuivo il pericolo. Il monito che mi affiorò spontaneo alla mente fu: «Stai in guardia».
Non so che cosa vedesse e udisse Gabrielle. Non so che cosa provasse.
Istintivamente, evitavo gli occhi di Armand. Mi sembrava che in quel momento non desiderassi al mondo nulla più che guardarlo e comprenderlo: tuttavia sapevo che non dovevo farlo. Rividi le ossa sotto il Cimitero degli Innocenti, e i fuochi infernali che avevo immaginato nel Palais Royal. E tutte le trine e i velluti del Settecento non bastavano a conferirgli un volto umano.
Non potevo nasconderglielo, e mi addolorava che mi fosse impossibile spiegarlo a Gabrielle. E il silenzio spaventoso tra me e lei era, in quel momento, quasi insopportabile.
Con lui potevo parlare, sì, con lui potevo sognare. Un senso di reverenza e di terrore mi spinse ad abbracciarlo. Lo tenni stretto, lottando contro la confusione e il desiderio.
«Lascia Parigi, sì», sussurrò. «Ma portami con te. Qui non so più come esistere. Mi imbatto continuamente in una sagra di orrori. Ti prego…»
Sentii la mia voce dire: «No».
«Non valgo nulla per te?» chiese. Si rivolse a Gabrielle, che continuava a guardarlo angosciata. Non potevo sapere che cosa le passava nel cuore; e con mia grande tristezza mi resi conto che Armand parlava a lei e mi escludeva. Qual era la risposta?
Ma adesso ci implorava entrambi. «Non c’è nulla all’infuori di te stesso che tu sia disposto a rispettare?»
«Avrei potuto annientarti, questa notte», dissi. «È stato il rispetto che mi ha trattenuto.»
«No.» Scosse la testa in modo sorprendentemente umano. «Questo non l’avresti mai fatto.»
Sorrisi. Probabilmente era vero. Ma lo stavamo distruggendo in un modo diverso.
«Sì, è vero», sussurrò lui. «Mi state distruggendo. Aiutatemi», sussurrò. «Datemi pochi anni di tutti quelli che avete davanti, voi due, Vi supplico. Non chiedo altro.»
«No», dissi.
Era sulla panca a una spanna da me. Mi guardava. E ritornò lo spettacolo orribile della faccia che si contraeva, oscurata e scavata per la rabbia. Sembrava che non avesse una sostanza concreta. Solo la volontà lo manteneva bello e robusto. E, quando il flusso della volontà s’interrompeva, lui si scioglieva come un pupazzo di cera.
Ma, come era già avvenuto prima, si riprese quasi immediatamente. L’«allucinazione» era passata.
Si alzò, si allontanò da me a ritroso, fino a quando fu davanti al fuoco.
La volontà che s’irradiava da lui era palpabile. Gli occhi erano come qualcosa che non gli apparteneva, erano diversi da tutto ciò che esisteva sulla terra. E il fuoco che divampava dietro di lui formava un bizzarro nimbo intorno alla sua testa.
«Ti maledico!» bisbigliò.
Provai una fìtta di paura.
«Ti maledico», ripeté, e venne più vicino. «Ama i mortali, allora, e vivi come hai vissuto, avventatamente, con appetito per tutto e amore per tutto… ma verrà un tempo in cui soltanto l’amore dei tuoi simili potrà salvarti.» Lanciò un’occhiata a Gabrielle. «E non mi riferisco a quelli come lei!»
Era un’affermazione così forte che non potei nascondere l’effetto su di me; mi accorsi che mi alzavo dalla panca e mi allontanavo da lui per accostarmi a Gabrielle.
«Non mi presento a te a mani vuote», insistette Armand, e la sua voce si raddolcì di proposito. «Non vengo a supplicare senza avere nulla da darti. Guardami. Dimmi che non hai bisogno di ciò che vedi in me, che ho la forza di guidarti attraverso tutte le prove future.»
Il suo sguardo dardeggiò verso Gabrielle e per un momento continuò a fissarla. La vidi irrigidirsi e cominciare a tremare.
«Lasciala stare!» dissi.
«Non sai che cosa le dico», rispose freddamente Armand. «Non sto cercando di farla soffrire. Ma nel tuo amore per i mortali, che cosa hai già fatto?»
Avrebbe detto qualcosa di terribile se non gliel’avessi impedito, qualcosa che avrebbe ferito me o Gabrielle. Sapeva tutto ciò che era accaduto con Nicki. Ne avevo la certezza. Se, nel profondo della mia anima, avessi desiderato la fine di Nicki, avrebbe saputo anche quello! Perché l’avevo lasciato entrare? Perché non avevo intuito ciò che poteva fare?
«Ah, ma è sempre un’ironia, non capisci?» disse Armand con la stessa dolcezza. «Ogni volta la morte e il risveglio devastano lo spirito mortale, perciò uno ti odierà perché gli hai tolto la vita, un altro si abbandonerà a eccessi che tu disprezzi. Un terzo diventerà pazzo e delirante, un altro ancora un mostro incontrollabile. Uno sarà geloso della tua superiorità, un altro ti taglierà fuori.» Lanciò un’altra occhiata a Gabrielle e accennò un sorriso. «E tra voi scenderà sempre il velo. Crea pure una legione. Sarai solo, sempre e per sempre!»
«Non voglio sentirlo! Non significa nulla», dissi.
Il volto di Gabrielle s’era trasformato sgradevolmente. Ora lo fissava con odio. Ne ero sicuro.
Armand si lasciò sfuggire quel suono amaro che era una risata e tuttavia non lo era.
«Amanti dal volto umano», disse beffardamente. «Non capisci il tuo errore? L’altro ti odia al di là di ogni ragione e lei… ah, il sangue tenebroso l’ha resa ancora più fredda, no? Ma anche per lei, sebbene sia forte, verranno momenti in cui avrà paura di essere immortale, e allora chi biasimerà per ciò che le è accaduto!»
«Sei uno sciocco», sussurrò Gabrielle.
«Hai tentato di proteggere il violinista da questo destino. Ma non hai cercato di proteggere lei.»
«Non dire altro», replicai. «Mi spingi a odiarti. È questo che vuoi?»
«Ma io dico la verità, e lo sai. E ciò che non conoscerete mai, tutti e due, è la profondità assoluta degli odi e dei risentimenti reciproci. O della sofferenza. O dall’amore.»
Tacque, e io non potei dire nulla. Stava facendo esattamente ciò che temevo, e non sapevo come difendermi.
«Se ora mi lasci così», continuò Armand, «lo farai ancora. Non hai mai posseduto Nicolas. E lei già si domanda come riuscirà a liberarsi di te. E, diversamente da lei, tu non sopporti di stare solo.»
Non potevo rispondere. Gabrielle socchiuse gli occhi e la sua bocca assunse una piega un po’ più crudele.
«Quindi verrà il momento in cui cercherai altri mortali», continuò Armand, «nella speranza che l’Opera Tenebrosa ti arrechi l’amore desiderato. E con questi figli mutilati e imprevedibili cercherai di costruire le tue cittadelle contro il tempo. Ebbene, diventeranno prigioni se resisteranno per mezzo secolo. Ti avverto. La cittadella contro il tempo si può costruire soltanto con coloro che sono potenti e saggi come te.»
La cittadella contro il tempo. Persino nella mia ignoranza, le parole avevano un loro potere. E la paura ingigantì, si dilatò per includere mille altre cause.
Per un momento mi apparve distante, indescrivibilmente bello nella luce del fuoco, con i capelli fulvi che sfioravano appena la fronte liscia, le labbra socchiuse in un sorriso beato.
«Se non possiamo avere le vecchie consuetudini, non possiamo averci l’un l’altro?» chiese. La sua voce era di nuovo quella degli appelli. «Chi altri può comprendere le tue sofferenze? Chi altri sa che cosa ti passava per la mente la notte che sei apparso sul palcoscenico del tuo piccolo teatro e hai spaventato tutti coloro che avevi amato?»