Armand non disse nulla. Non parlò a Santino dei suoi sogni. Per la verità quei sogni si erano affievoliti nel suo ricordo come i colori dei quadri di Marius. Non erano più racchiusi nella sua mente e nel suo cuore, visibili a coloro che potevano cercarli.
Quando Santino parlò di Coloro-che-devono-essere-conservati, Armand confessò ancora una volta di non conoscerne il significato. Non lo conosceva neppure Santino né alcuno di tutti gli altri vampiri che Santino aveva incontrato.
Il segreto era morto. Marius era morto. Perciò l’antico, inutile mistero era consegnato al silenzio. Satana è il nostro Signore e Padrone. In Satana tutto viene compreso, tutto viene conosciuto.
Armand si rese gradito a Santino. Imparò a memoria le leggi, si perfezionò nel compimento degli incantesimi cerimoniali, dei riti e delle preghiere. Vide i Sabba più grandi cui avesse mai assistito. E imparò dai vampiri più potenti e più belli ed esperti. Imparò così bene che divenne missionario e fu inviato a raccogliere in congreghe i Figli delle Tenebre dispersi e a guidare altri nel compimento dei Sabba, e dell’Opera Tenebrosa, quando il mondo, la carne e il diavolo lo richiedevano.
In Spagna e in Germania e in Francia aveva insegnato le Benedizioni Tenebrose e i Rituali Tenebrosi, e aveva conosciuto Figli delle Tenebre selvaggi e tenaci, e fiamme flebili si erano accese in lui in loro compagnia, nei momenti in cui la congrega lo circondava e derivava da lui la propria unità.
Aveva perfezionato l’atto di uccidere al di là dell’abilità di tutti i Figli delle Tenebre di sua conoscenza. Aveva imparato a chiamare a sé coloro che desideravano veramente morire. Gli bastava accostarsi alle dimore dei mortali e chiamare in silenzio, per vedere apparire le sue vittime.
Giovani, vecchi, storpi, malati, brutti e belli, non aveva importanza perché non sceglieva. Irradiava visioni abbaglianti, se volevano riceverle, ma non si avvicinava, non li cingeva con le braccia. Attratti inesorabilmente verso di lui, erano loro ad abbracciarlo. E quando la loro carne calda e viva lo toccava, quando apriva le labbra e sentiva scorrere il sangue, conosceva l’unico ristoro per la sua infelicità.
Gli sembrava, nei momenti migliori, che il suo comportamento fosse profondamente spirituale, non contaminato dagli appetiti e dalle confusioni che costituivano il mondo, nonostante l’estasi carnale dell’uccisione.
In quell’atto, lo spirituale e il carnale si congiungevano: e sopravviveva lo spirituale, ne era convinto. Gli sembrava una santa comunione, il sangue dei Figli di Cristo che serviva a portare l’essenza della vita alla sua comprensione per la frazione di secondo in cui avveniva la morte. Solo i grandi santi di Dio gli erano eguali nella spiritualità, in quel confronto con il mistero, in quell’esistenza di meditazione e di rinunce.
Tuttavia aveva visto i più grandi dei suoi compagni sparire, attirare la distruzione su se stessi, impazzire. Aveva assistito alla dissoluzione inevitabile delle congreghe, aveva visto l’immortalità sconfìggere i Figli delle Tenebre più perfetti: e a volte gli sembrava una punizione terribile il fatto che non sconfìggesse anche lui.
Era destinato a diventare uno degli antichi, uno dei Figli dei Millenni? Si poteva credere nelle leggende che persistevano tuttora?
Ogni tanto un vampiro vagabondo parlava della favoleggiata Pandora, intravvista nella lontana città russa di Mosca, o di Mael che viveva sulla tetra costa inglese. I vagabondi parlavano persino di Marius: dicevano che era stato rivisto in Egitto oppure in Grecia. Ma non avevano veduto con i loro occhi quegli esseri leggendari. In realtà non sapevano nulla, ed erano storie che venivano ripetute spesso.
Non distraevano e non divertivano l’obbediente servitore di Satana. Con silenziosa devozione alle Tradizioni Tenebrose, Armand continuava nel suo dovere.
Eppure, nei secoli della lunga obbedienza, Armand aveva tenuto per sé due segreti. Erano sua proprietà, più suoi della bara in cui si rinchiudeva durante il giorno, più suoi dei pochi amuleti che portava.
Il primo era che, per quanto si sentisse solo, per quanto fosse lunga la ricerca di fratelli e sorelle capaci di dargli conforto, non compiva mai l’Opera Tenebrosa. Non avrebbe dato a Satana un Figlio delle Tenebre creato da lui.
E l’altro segreto, che teneva nascosto ai suoi seguaci per proteggerli, era semplicemente la profondità della sua disperazione sempre più grande.
Non desiderava nulla, non amava nulla, non credeva in nulla, non trovava piacere nei suoi poteri sempre crescenti, ed esisteva di momento in momento in un vuoto spezzato una volta per notte dall’uccisione… questo segreto l’aveva tenuto nascosto agli altri finché avevano avuto bisogno di lui ed era stato possibile guidarli, perché la sua paura avrebbe spaventato anche loro.
Ma adesso era finita.
Un grande cielo si era concluso, e già molti anni prima aveva sentito che stava per concludersi senza neppure comprendere che era un cielo.
Da Roma giungevano i racconti confusi dei viaggiatori, già vecchi quando gli venivano riferiti: il capo, Santino, aveva abbandonato il gregge. Alcuni dicevano che era impazzito e si aggirava per le campagne, altri che si era buttato nel fuoco, altri ancora che «il mondo» l’aveva inghiottito, ed era stato portato via a bordo di una carrozza nera in compagnia di alcuni mortali, e nessuno l’aveva più rivisto.
«Noi finiamo nel fuoco o nella leggenda», aveva detto uno dei narratori.
Poi giunsero notizie di caos a Roma, di dozzine di capi che indossavano le tonache nere per presiedere la congrega. Infine non si seppe più nulla.
Fin dall’anno 1700 dall’Italia non erano più arrivate notizie. Per mezzo secolo Armand non aveva potuto fidarsi della sua passione, e della passione di quanti gli stavano intorno, abbastanza per creare la frenesia del vero Sabba. E aveva sognato il suo vecchio Maestro, Marius, con le ricche vesti di velluto rosso, e aveva visto il palazzo pieno di quadri vibranti, e aveva avuto paura.
Poi era venuto un altro.
I suoi figli si precipitavano nelle cripte sotto gli Innocenti per descrivergli il nuovo vampiro che indossava un mantello di velluto rosso foderato di pelliccia, e poteva profanare le chiese e uccidere coloro che portavano le croci e aggirarsi nei luoghi della luce. Velluto rosso. Era solo una coincidenza, tuttavia lo esasperava, gli sembrava un insulto, una sofferenza gratuita che la sua anima non poteva sopportare.
E poi era stata creata la donna, la donna con i capelli leonini e il nome di un angelo, bella e potente come il figlio.
E Armand aveva salito la scala della catacomba, aveva guidato la sua banda contro di noi, come gli incappucciati erano andati ad annientare lui e il suo maestro, secoli prima.
Ed era stato un fallimento.
Il nuovo vampiro indossava quegli strani abiti di pizzo e broccato. Portava denaro in tasca. La sua mente brulicava delle immagini tratte dalle migliaia di libri che aveva letto. E Armand si era sentito trafiggere da tutto ciò che aveva veduto nei luoghi della luce nella grande città chiamata Parigi, ed era stato come se udisse il suo vecchio Maestro sussurrargli all’orecchio:
Ma un millennio di notti sarà tuo, per vedere la luce come non l’ha mai vista nessun mortale, per rapirla alle stelle lontane come se fosse Prometeo, un’illuminazione infinita che ti permetterà di comprendere tutte le cose.
«Tutte le cose sono sfuggite alla mia comprensione», disse. «Io sono come qualcuno che la terra ha restituito, e voi, Lestat e Gabrielle, siete come le immagini dipinte dal mio vecchio Maestro con l’ultramarino e il carminio e l’oro.»
Rimase immobile sulla soglia, con le braccia conserte. Ci guardava e chiedeva in silenzio:
Che cosa c’è da conoscere? Che cosa c’è da donare? Siamo abbandonati da Dio. E non c’è la Strada del Diavolo che si snoda davanti a me, e non ci sono le Campane dell’Inferno che rintoccano nelle mie orecchie.