«Ah, ma è diverso.»
«No, non lo è. Perciò disprezzi il Teatro dei Vampiri, che in questo momento recita i suoi piccoli drammi per incassare l’oro del pubblico. Tu non vuoi ingannare come ingannava Marius. Questo ti divide ancora di più dall’umanità. Vuoi fìngere d’essere mortale, ma ingannare ti irrita e ti ispira a uccidere.»
«In quel momento sul palcoscenico», dissi, «ho rivelato me stesso, e questo è il contrario dell’inganno. In un certo senso, rendendo manifesta la mia mostruosità, volevo ricongiungermi con i miei simili umani. Meglio che fuggissero da me, piuttosto che non mi vedessero. Meglio che sapessero che ero qualcosa di mostruoso, piuttosto che continuare ad aggirarmi per il mondo, non riconosciuto da coloro tra cui facevo le mie prede.»
«Ma non è stato meglio.»
«No. Era meglio ciò che faceva Marius. Lui non ingannava.»
«Al contrario. Ingannava tutti!»
«No. Aveva trovato il modo d’imitare la vita mortale, di essere come i mortali. Uccideva soltanto i malfattori e dipingeva come dipingono gli umani. Angeli e cieli azzurri, nuvole… sono le cose che tu mi hai mostrato con le tue parole. Creava cose belle e buone. E vedo in lui la saggezza e la mancanza di vanità. Non aveva bisogno di rivelarsi. Aveva vissuto mille anni e credeva nei panorami paradisiaci dipinti da lui più che in se stesso.»
Confusione.
Ora non ha importanza… Diavoli che dipingono angeli.
«Sono soltanto metafore», dissi. «E ha importanza! Se vuoi ricostruire, se vuoi ritrovare la Strada del Diavolo, ha importanza! Vi sono modi di esistere, per noi. Se potessi imitare la vita, se trovassi la via…»
«Dici cose che per me non significano nulla. Siamo abbandonati da Dio.»
Gabrielle gli lanciò un’occhiata. «Credi in Dio?» chiese.
«Sì, sempre in Dio», rispose Armand. «È Satana, il nostro padrone… è Satana la finzione, la finzione che mi ha tradito.»
«Oh, allora sei veramente dannato», dissi. «E sai bene che il tuo ingresso nella confraternita dei Figli delle Tenebre è stato la fuga da un peccato che non era un peccato.»
Collera.
«Il tuo cuore si spezza per qualcosa che non avrai mai», ribattè Armand, alzando la voce. «Hai portato a te Gabrielle e Nicolas, oltre la barriera, ma non hai potuto tornare indietro.»
«Perché non ascolti la tua stessa storia?» domandai. «Forse non hai mai perdonato a Marius di non averti avvertito sul loro conto e di averti lasciato cadere nelle loro mani? Non prenderai mai più nulla da Marius, né esempio né ispirazione? Io non sono Marius; ma ti dico che da quando ho messo piede sulla Strada del Diavolo, ho sentito parlare di un solo anziano capace d’insegnare qualcosa: Marius, il tuo maestro veneziano. E ora mi parla. Mi sta parlando di un modo per essere immortale.»
«Una beffa.»
«No! E sei tu quello cui si spezza il cuore per ciò che non avrà mai: un’altra fede, un altro incantesimo,»
Nessuna risposta.
«Non possiamo essere Marius per te», dissi, «e neppure il tuo signore tenebroso, Santino. Non siamo artisti con una grande visione che ti condurrà avanti. E non siamo i malefìci padroni di una congrega, pronti a condannare alla perdizione una legione intera. E questo dominio… questo mandato glorioso… è ciò che tu devi avere.»
Mi ero alzato istintivamente. Mi ero avvicinato al focolare e lo guardavo.
E con la coda dell’occhio vidi il cenno d’approvazione di Gabrielle, e il modo in cui aveva chiuso gli occhi per un momento come se si concedesse un sospiro di sollievo.
Armand stava perfettamente immobile.
«Dovrai soffrire in questo vuoto», dissi, «e trovare che cosa ti spinge a continuare. Se verrai con noi, ti deluderemo e tu ci distruggerai.»
«Soffrire, come?» Mi guardò e contrasse le sopracciglia in un’espressione toccante. «Come devo incominciare? Tu ti muovi come la mano destra di Dio! Ma per me il mondo, il mondo reale in cui viveva Marius è irraggiungibile. Non vi ho mai vissuto. Spingo contro il vetro. Ma come entrare?»
«Questo non posso dirtelo», risposi.
«Devi studiare quest’epoca», intervenne Gabrielle. La sua voce era calma ma imperiosa.
Armand la guardò.
«Devi comprendere l’epoca», continuò lei, «attraverso la sua letteratura e la sua musica e la sua arte. Sei uscito dalla terra, come dici tu stesso. Ora vivi nel mondo.»
Armand non rispose. Sprazzi dell’appartamento di Nicki con tutti i libri sul pavimento. La civiltà occidentale in un mucchio.
«E quale posto migliore del centro delle cose, il boulevard e il teatro?» chiese Gabrielle.
Lui aggrottò la fronte, girò la testa in segno di rifiuto, ma Gabrielle insistette.
«Il tuo dono è guidare la congrega, e la tua congrega esiste ancora.»
Armand si lasciò sfuggire un suono sommesso, disperato.
«Nicolas è un novizio», disse Gabrielle. «Può insegnare loro molte cose sul mondo, ma non può guidarli. La donna, Eleni, ha un’intelligenza straordinaria, ti cederà il posto.»
«Cosa contano per me i loro giochi?» sussurrò Armand,
«Sono un modo di esistere», disse lei. «E per te, ora, è l’unica cosa che conta.»
«Il Teatro dei Vampiri! Preferirei il fuoco.»
«Pensaci», disse Gabrielle. «In tutto questo c’è una perfezione che non puoi negare. Noi siamo illusioni di ciò che è mortale, e il palcoscenico è un’illusione della realtà.»
«È un abominio», disse lui. «Come l’ha chiamato Lestat? Meschino?»
«Per Nicolas, perché Nicolas vorrebbe usarlo come base per filosofìe fantastiche», disse Gabrielle. «Ora tu devi vivere senza filosofìe fantastiche, come facevi quando eri apprendista di Marius. Vivi per imparare a conoscere l’epoca. E Lestat non crede nel valore del male. Ma tu ci credi. Lo so.»
«Io sono malefico», disse Armand, quasi con una risata. «Non è questione di fede, vero? Ma credi che potrei allontanarmi dalla via spirituale che ho seguito per tre secoli, per abbandonarmi così alla voluttà e alla crapula? Noi eravamo i santi del male», protestò. «Non voglio essere il male comune. Non voglio.»
«Fa’ in modo che non sia comune», disse Gabrielle. Si stava spazientendo. «Se sei malefico, come possono la voluttà e la crapula esserti nemiche? Il mondo, la carne e il diavolo non cospirano egualmente contro l’uomo?»
Armand scosse la testa come per dire che non se ne curava.
«T’interessa più lo spirituale che il male», intervenni, osservandolo attentamente. «Non è così?»
«Sì», rispose subito.
«Ma non capisci? Anche il colore del vino in un bicchiere di cristallo può essere spirituale», continuai. «L’espressione di un volto, la musica di un violino. Un teatro parigino può essere infuso di spiritualità, anche se è materiale. In esso non vi è nulla che non sia stato modellato dalla forza di coloro che possedevano la visione spirituale di quanto doveva essere.»
Qualcosa si accese in lui, ma lo respinse.
«Seduci il pubblico con la voluttà», disse Gabrielle. «Per amore di Dio e del diavolo, usa come vuoi il potere del teatro.»
«I dipinti del tuo maestro non erano spirituali?» chiesi. Mi sentivo riscaldare a quel pensiero. «Forse qualcuno può guardare le grandi opere di quel periodo e non chiamarle spirituali?»
«Mi sono posto questo interrogativo», rispose Armand. «Molte volte. Era spirituale o era voluttuoso? L’angelo dipinto nel trittico era colto nella realtà materiale, oppure era la materialità trasfigurata?»
Qualunque cosa ti abbiano fatto dopo, tu non hai mai dubitato della bellezza e del valore dell’opera di Marius», dissi. «Lo so. Era la materialità trasformata. Cessava di essere colore e diventava magia, come nell’uccisione il sangue cessa di essere sangue e diventa vita.»