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Il piacere di trovarsi di nuovo a Ro-Atabri, di essere sfuggito alla desolazione di Haffanger, aveva cancellato in Toller l’insoddisfazione per la sua vita di insignificante membro dell’ordine filosofico. Dopo lo sfortunato inizio della giornata, la curva del suo umore era in fase ascendente. La sua mente pullulava di progetti ancora informi per migliorare la sua abilità nella lettura, per scovare qualche aspetto interessante del lavoro dell’ordine a cui dedicarsi con tutte le energie, per far sì che Lain fosse fiero di lui. Riflettendoci, si rendeva conto che Gesalla aveva avuto ogni diritto di essere furiosa per il suo comportamento. Sarebbe stata niente più che normale cortesia far uscire Fera dal suo appartamento, quella mattina.

Il robusto blucorno che gli era stato assegnato dal capo stalla era una bestia tranquilla che sembrava conoscere da sola il tragitto per il palazzo. Lasciandolo fare di testa sua mentre arrancava a fatica per le vie sempre più affollate, Toller cercò di farsi un’immagine più definita del suo immediato futuro, qualcosa che potesse impressionare Lain. Aveva sentito di un gruppo di ricerca che stava cercando di mettere a punto una lega di ceramica e vetro abbastanza resistente da sostituire il brakka per la produzione di spade e armature. Era molto scettico sulle possibilità di successo, ma era comunque una cosa molto più vicina al suo gusto che non faccende come la misurazione della pioggia, e a Lain avrebbe fatto piacere che lui appoggiasse il movimento di conservazione. Il passo successivo sarebbe stato cercare di entrare nelle grazie di Gesalla…

Nel frattempo la delegazione aveva attraversato il cuore della città e passato il fiume al Ponte Bytran; il palazzo e i suoi giardini si stendevano ormai davanti a loro. Il gruppo oltrepassò i quattro fossati concentrici, cosparsi di fiori che ne mascheravano le funzioni, e si fermò all’entrata principale del palazzo. Numerose guardie, simili a enormi scarafaggi neri nelle pesanti armature, si fecero avanti a passi lenti. Mentre il loro comandante stava laboriosamente controllando i nomi dei visitatori sulla sua lista, uno degli alabardieri si avvicinò a Toller e, senza parlare, cominciò a rovistare rudemente tra le carte arrotolate nelle gerle. Quando ebbe finito si fermò per sputare per terra, poi rivolse la sua attenzione al cavalletto ripiegato legato ai fianchi del blucorno.

Tirò i puntelli di legno levigato con uno strattone talmente violento che l’animale, costretto a un passo laterale, gli finì quasi addosso.

— Cosa ti prende? — ringhiò, lanciando a Toller uno sguardo velenoso. — Non sai tenere a bada questa pulce?

“Sono una persona nuova” si disse calmo il filosofo “e non posso farmi coinvolgere in una rissa”.

Sorrise e rispose: — Potete accusarla perché vuole avvicinarsi a voi?

Le labbra dell’alabardiere si mossero silenziosamente mentre si avvicinava a Toller, ma in quel momento il comandante della guardia diede il via libera a tutto il gruppo. Toller incitò la cavalcatura e tornò al suo posto dietro il carro di Lain. Lo stupido alterco con la guardia lo aveva lasciato leggermente nervoso ma non aveva avuto conseguenze, e lui si sentiva compiaciuto del proprio comportamento. Era stato un valido esercizio sul come evitare guai inutili, un’arte che intendeva praticare per il resto della sua vita. Seduto comodamente in sella, godendosi il ritmo dell’andatura solenne del blucorno, rivolse i suoi pensieri a ciò che lo aspettava.

Toller era stato al Gran Palazzo un’unica volta, da piccolo, e aveva solo un vago ricordo della Sala dell’Arcobaleno nella quale stava per tenersi la riunione del consiglio. Dubitava che fosse così vasta e solenne come ricordava, ma era la stanza delle grandi cerimonie e il suo uso in quell’occasione era significativo. Re Prad evidentemente considerava la riunione importante, cosa che Toller trovava in qualche modo sconcertante. Per tutta la vita era stato ad ascoltare quel tipo di discorsi, con suo fratello che dava cupi avvertimenti sull’imminente esaurimento delle risorse di brakka, ma l’esistenza quotidiana a Kolcorron era continuata esattamente come prima. Vero che negli ultimi anni c’erano stati periodi in cui i cristalli di energia e il legno nero scarseggiavano e il loro costo continuava a salire, ma erano sempre state trovate nuove riserve. Pur provandoci, Toller non riusciva a immaginare che le riserve naturali di un intero mondo potessero essere insufficienti ai bisogni dei suoi abitanti.

Quando i filosofi raggiunsero la zona elevata sulla quale sorgeva il palazzo vero e proprio, Toller vide molte carrozze nel cortile esterno principale. Tra queste spiccava il fiammeggiante cocchio rosso e arancione di Lord Glo. Tre uomini nella tenuta grigia dei filosofi erano in piedi lì vicino, e quando scorsero la carrozza di Lain gli si fecero incontro. Toller identificò per prima la figura rachitica di Vorndal Sisstt; poi Duthon, capo della sezione alvelio; infine il profilo angoloso di Borreat Hargeth, direttore del gruppo di ricerca sugli armamenti. Tutti e tre sembravano nervosi e infelici, e si chiusero attorno a Lain non appena fu sceso dalla sua carrozza.

— Siamo nei guai, Lain — disse Hargeth, facendo un cenno con la testa in direzione del cocchio di Glo. — Sarebbe meglio che dessi un’occhiata al nostro stimato capo.

Lain aggrottò la fronte. — È malato?

— No, non è malato. Direi che non è mai stato meglio in vita sua.

— Non dirmi che è stato…— Lain andò verso il cocchio e aprì la portiera con uno strattone. Lord Glo, che era crollato con la testa sul petto, si mise dritto e si guardò intorno con espressione beata. Riuscì a focalizzare su Lain i suoi occhi celesti, poi sorrise mettendo in mostra i paletti dei denti inferiori.

— Piacere di vederti, ragazzo mio — disse. — Ti dico che questo sarà il nostro… hmm… giorno. Giocheremo tutte le nostre carte.

Toller scese dal suo blucorno e lo legò dietro la carrozza, dando le spalle agli altri per nascondere il suo divertimento. Molte altre volte aveva visto Glo ridotto anche peggio, ma mai così evidentemente, così comicamente incapace. Il contrasto tra il rosso delle sue guance rubizze e le facce cineree e scandalizzate dei suoi aiutanti rendeva la situazione ancora più buffa. Qualunque fosse stato il piano per far bella figura alla riunione, ora doveva essere rapidamente e dolorosamente rivisto. Toller non poteva fare a meno di gioire per il fatto che qualcun altro si attirasse il biasimo che così spesso era riservato a lui, soprattutto quando questo qualcun altro era il Lord Filosofo in persona.

— Vostra Grazia, la riunione sta per cominciare — disse Lain.

— Ma se siete indisposto forse potremmo…

— Indisposto! Che modo di parlare è questo? — Glo abbassò la testa e venne fuori dal suo veicolo tenendosi in piedi con innaturale fermezza. — Cosa stiamo aspettando? Prendiamo i nostri posti.

— Molto bene, Vostra Grazia.

Lain andò verso Toller con un’espressione tormentata. — Quale e Locranan prenderanno le tabelle e il cavalletto. Voglio che tu rimanga qui vicino alla carrozza e prenda un… Che cosa c’è di tanto divertente?

— Niente — disse Toller in fretta. — Assolutamente niente.

— Tu non hai assolutamente idea di cosa ci sia in gioco oggi, vero?

— La conservazione è importante anche per me — rispose Toller, con un tono più sincero possibile. — Stavo solo…

— Toller Maraquine! — Lord Glo andò verso Toller con le braccia spalancate, gli occhi gonfi di piacevole eccitazione. — Non sapevo che fossi qui! Come stai, ragazzo mio?