— Basta così, Leddravohr. — Il Re colpì i braccioli del suo trono. — Voglio sentire quello che il grande matematico ha da dire. Andate avanti, Maraquine.
— Maestà, io… — Lain stava ormai tremando così violentemente che la sua tunica ondeggiava.
— Cercate di mettervi a vostro agio, Maraquine. Non voglio un lungo discorso; sarà sufficiente che mi diciate quanti anni passeranno, secondo la vostra esperta opinione, prima che possiamo produrre pikonio e alvelio puri.
Lain respirò profondamente, lottando per controllarsi. — È impossibile fare previsioni in questioni di questo genere.
— Ditemi la vostra previsione personale. Direste cinque anni?
— No, Maestà. — Lain lanciò uno sguardo in tralice a Lord Glo e cercò di rendere la sua voce più decisa. — Anche aumentando la vostra spesa di ricerca di dieci volte… e saremmo fortunati… potremmo produrre qualche cristallo utilizzabile tra vent’anni. Ma non c’è nessuna garanzia di successo. C’è un’unica via sensata e logica per risolvere la situazione del Paese, ed è proibire del tutto l’abbattimento di brakka per i prossimi venti o trent’anni. In questo modo…
— Mi rifiuto di ascoltare ancora cose del genere! — Leddravohr era in piedi e stava scendendo dal palco. — Ho detto fanciulla? Mi sbagliavo. Questa è una vecchietta! Alza le gonne e scompari da questo posto, vecchia, e porta con te le tue bacchette e le tue cartacce! Leddravohr andò a gran passi verso il cavalletto e lo spinse con il palmo della mano, mandandolo a ruzzolare sul pavimento.
Nel subbuglio che seguì, Toller lasciò il suo posto e avanzò rigidamente fino a raggiungere suo fratello. Sul palco, il Re stava ordinando a Leddravohr di tornare al suo posto, ma la sua voce quasi si perse in mezzo alle grida irose di Chakkel e nel trambusto generale della sala. Un ufficiale di corte stava picchiando a terra con il suo bastone ma il solo effetto che ottenne fu di aumentare il rumore. Leddravohr guardò dalla parte di Toller con gli occhi sfolgoranti, ma sembrò non vederlo, poi si girò a fissare suo padre. — Agisco per il vostro bene, Maestà — gridò con una voce così squillante che risuonò nella sala riportandola al silenzio. — Le vostre orecchie non devono essere offese più a lungo con il tipo di litanie che abbiamo appena sentito dai cosiddetti pensatori.
— Sono del tutto in grado di prendere da solo decisioni del genere — rispose secco Prad. — Varrei ricordarti che questa è una riunione dell’alto consiglio, non qualche ritrovo schiamazzante per i tuoi fangosi soldati.
Leddravohr non si fece intimidire e gettò a Lain uno sguardo sdegnoso. — Stimo il più infimo soldato al servizio di Kolcorron molto più di questa vecchia esangue. — La sua ostinata insubordinazione al sovrano rese quasi palpabile il silenzio sotto la volta, e fu in quella calma pietrificata che Toller sentì se stesso lanciare la sua sfida. Sarebbe stato un crimine che rasentava il tradimento prendere l’iniziativa di sfidare un membro della famiglia reale, ma il codice gli permetteva di agire indirettamente, entro certi limiti, e di cercare di provocare una reazione.
— Vecchia sembra uno degli epiteti favoriti del principe Leddravohr — disse a Vorndal Sisstt che era seduto vicino a lui. — Significa che è sempre molto prudente nella scelta dei suoi oppositori?
Sisstt restò a bocca aperta e si fece da parte, ansioso di dissociarsi, mentre Leddravohr si voltava per vedere chi avesse parlato. Vedendo il principe da vicino per la prima volta, Toller notò che la sua forte mascella non era segnata da alcuna ruga e aveva una strana levigatezza statuaria, come immobile, senza muscoli, senza nervi. Era una faccia inumana, non turbata dalla normale gamma di espressioni, e solo gli occhi davano segno di quello che succedeva dietro le larghe sopracciglia. Al momento quegli occhi dicevano che Leddravohr era più incredulo che adirato, mentre studiava l’uomo più giovane assimilando ogni dettaglio della sua persona. — Chi sei? — chiese. — O dovrei dire, cosa sei?
— Il mio nome è Toller Maraquine, principe, e sono fiero di essere un filosofo.
Leddravohr diede un’occhiata a suo padre e sorrise, come per dimostrare che quando entravano in ballo i doveri filiali lui poteva sopportare anche la più grave provocazione. A Toller non piacque quel sorriso che durò un istante, meccanico come il rizzarsi di una tenda, che non contagiò nessun’altra parte del suo viso.
— Bene, Toller Maraquine — riprese Leddravohr. — È una vera fortuna che le armi personali non vengano mai indossate nella dimora di mio padre.
“Fermati”, si disse Toller. “Hai raggiunto il tuo obiettivo, contro tutte le previsioni, non andare troppo in là”.
— Una fortuna? — disse invece amabilmente. — Per chi?
Il sorriso di Leddravohr non vacillò, ma i suoi occhi divennero opachi, simili a levigati ciottoli marrone. Fece un passo avanti e Toller si preparò a un attacco fisico, ma il fragile equilibrio di quel momento fu spezzato dalla pressione inaspettata di una mano.
— Maestà — gridò Lord Glo, alzandosi barcollante, con un aspetto spettrale ma la voce ricca di toni sorprendentemente fluenti e risonanti. — Vi prego, per la salvezza della nostra amata Kolcorron, di prestare orecchio alla proposta di cui ho parlato in precedenza. Per favore non lasciate che la mia breve indisposizione vi induca a non ascoltare un progetto le cui implicazioni vanno ben al di là del presente e del futuro prossimo, e a ignorare una strada dalla quale dipenderà l’esistenza stessa della nostra grande nazione.
— State calmo, Glo. — Anche Re Prad si alzò e puntò su Leddravohr gli indici di entrambe le mani, squadrandolo con tutta la forza della sua autorità. — Leddravohr, ora torna al tuo posto.
Il principe lo fissò per alcuni secondi, con il viso impassibile, poi si allontanò da Toller e tornò lentamente verso il palco. Toller rimase scosso quando sentì suo fratello stringergli il braccio. — Cosa stai cercando di fare? — sussurrò Lain, lo sguardo spaventato che scrutava il viso di Toller. — Leddravohr ha ucciso per molto meno — credimi.
Toller si strinse nelle spalle liberando il braccio. — Sono ancora vivo.
— E non hai nessun diritto di intrometterti in questo modo.
— Chiedo scusa per l’insulto — rispose Toller. — Non pensavo che uno in più avrebbe fatto differenza.
— Tu sai cosa penso del tuo infantile… — Lain si interruppe appena Lord Glo venne a fermarsi vicino a lui.
— II ragazzo non può evitare di essere impetuoso. Io ero lo stesso alla sua età — disse il Lord Filosofo. La luce che pioveva dall’alto mostrava che ogni poro della sua fronte era coperto da una bolla di sudore.
Sotto le ampie pieghe della tunica il petto gli si gonfiava e si contraeva con preoccupante rapidità, emanando a ogni respiro zaffate di vino..
— Mylord, penso che dovreste sedervi e ricomporvi — disse Lain con calma. — Non c’è nessun bisogno che vi sottoponiate a nessun altro…