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— È una reazione più naturale di quanto tu possa pensare. E non dimenticare che il volo di migrazione è solo una congettura, finora; potrebbe non avvenire mai.

— La guerra con Chamteth sta per avvenire.

Questa è responsabilità del Re — disse Lain, con voce improvvisamente brusca. — Non può essere attribuita a me. Devo continuare con il mio lavoro adesso.

— Io dovrei vedere come sta Sua Grazia. — Mentre Toller camminava per il corridoio verso la scala principale si chiese di nuovo perché Leddravohr avesse deciso di andare alla Casa Quadrata invece di far visita a Glo nel molto più grande Greenmount Peel. Il messaggio dell’eliografo dal palazzo aveva trasmesso semplicemente che i principi Leddravohr e Chakkel sarebbero arrivati lì prima della piccola notte per istruzioni tecniche preliminari, e Glo, benché infermo, era stato obbligato a uscire per incontrarli. Ora era dopogiorno inoltrato e Glo si sarebbe stancato, indebolito ulteriormente dallo sforzo di cercare di nascondere la sua infermità.

Toller scese sino all’ingresso e voltò a sinistra nella sala comune dove aveva lasciato Glo alle temporanee cure di Fera. I rapporti tra i due erano molto buoni, e proprio, sospettava Toller, grazie alle umili origini e alle maniere non troppo educate di lei. Era un altro dei vezzi di Glo, un modo di ricordare a chi gli stava intorno che lui non era soltanto un appartato filosofo. Era seduto a un tavolo e leggeva un piccolo libro, e Fera stava in piedi vicino a una finestra a fissare il mosaico del cielo quadrettato dalle reti. Indossava un semplice abito intero di batista grigio chiaro che metteva in evidenza la sua figura statuaria.

Si voltò sentendo Toller entrare nella stanza e disse: — Che noia. Voglio andare a casa.

— Pensavo che volessi vedere un principe in carne ed ossa da vicino.

— Ho cambiato idea.

— Saranno qui presto — disse Toller. — Perché non fai come Sua Grazia e passi il tempo leggendo?

Fera mosse le labbra silenziosamente, formando con cura le parole di un’imprecazione così che non ci fosse nessun dubbio su cosa ne pensava di quel suggerimento. — Non sarebbe così male se ci fosse almeno qualcosa da mangiare.

— Ma hai mangiato meno di un’ora fa! — Toller fece scorrere uno sguardo scherzosamente critico sulla figura della sua mediamoglie. — Non c’è da stupirsi che tu stia ingrassando.

Non è vero! — Fera si diede un colpo sul ventre e contrasse lo stomaco, il che causò un voluttuoso gonfiarsi dei seni. Toller guardò lo spettacolo con apprezzamento affettuoso. Era una cosa inspiegabile per lui che Fera, nonostante il suo appetito e l’abitudine a trascorrere intere giornate a letto, avesse quasi lo stesso aspetto di due anni prima. Il solo cambiamento visibile era che il suo dente sbocconcellato aveva cominciato a diventare grigio. Lei passava molto tempo a strofinarlo con polveri bianche prese al mercato Samlue, che avrebbero dovuto contenere perle schiacciate. Lord Glo alzò gli occhi dal suo libro, il viso maliziosamente animato. — Portala di sopra — disse a Toller. — Questo è quello che farei io se avessi cinque anni di meno.

Fera ci pensò solo un attimo, poi uscì con la sua prevedibile volgarità. — Io vorrei che voi aveste cinque anni di meno, Vostra Grazia; il solo salire le scale sarebbe abbastanza per finire mio marito.

Glo fece un nitrito di gratitudine.

— In questo caso, lo faremo proprio qui — disse Toller. Si fece avanti, mise le braccia intorno a Fera e la strinse a sé, simulando un amplesso con apparente serietà. C’era una chiara intenzione di stuzzicare Glo in quello che lui e Fera stavano facendo, ma il genere di rapporto costruito dai tre era improntato a uno schietto cameratismo fitto di amichevoli buffonate. Dopo alcuni secondi di sfregamenti, comunque, Toller sentì Fera muoversi contro di lui con segni d’intenzioni meno scherzose.

— Puoi ancora usare la tua vecchia stanza da letto? — sussurrò premendogli le labbra all’orecchio. — Sto cominciando a sentirmi come… — Smise di parlare, e anche se rimase tra le sua braccia Toller intuì che qualcuno era entrato nella stanza.

Si voltò e vide Gesalla Maraquine che lo guardava con freddo disdegno, la familiare espressione che sua cognata sembrava riservare solo a lui. Il suo vestito scuro, leggero, accentuava la sua magrezza. Era la prima volta che si incontravano dopo quasi due anni e lui fu colpito dal fatto che, come Fera, anche lei non era cambiata in modo significativo. I disturbi della sua seconda gravidanza, che le avevano impedito di prender parte al pasto della piccola notte, avevano soffuso i suoi delicati lineamenti di una dignità quasi divina, che in qualche modo lo fece sentire estraneo a tutto quello che era importante nella vita.

— Buon dopogiorno, Gesalla — le disse. — Vedo che non hai perso la tua abilità di materializzarti esattamente nel momento sbagliato. — Fera scivolò via da lui. Toller sorrise e guardò Glo, aspettandosi il suo appoggio morale, ma il vecchio indulgeva nel suo tradimento scherzoso fissando con insistenza il suo libro, facendo finta di essere così concentrato da non essersi nemmeno accorto di quello che Toller e Fera stavano facendo.

Gli occhi grigi di Gesalla considerarono brevemente Toller mentre decideva se fosse o meno degno di una risposta, poi rivolse la sua attenzione a Lord Glo. — Vostra Grazia, lo scudiero del principe Chakkel è arrivato. Comunica che i principi Chakkel e Leddravohr stanno salendo la collina.

— Grazie, mia cara. — Glo chiuse il libro e aspettò che Gesalla avesse lasciato la stanza prima di rivelare le rovine dei suoi denti inferiori. — Ho pensato che non foste… hmm.. spaventati da lei.

Toller era indignato. — Spaventato? Perché dovrei essere spaventato?

— Huh! — Fera era tornata al suo posto vicino alla finestra. — Cosa c’era di sbagliato?

— Di cosa stai parlando?

— Hai detto che lei è entrata nel momento sbagliato. Cosa c’era di sbagliato?

Toller la stava fissando, esasperato e muto, quando Glo gli tirò la manica per indicare che voleva alzarsi in piedi. Dall’ingresso venivano rumori di passi e il suono di una voce maschile. Toller aiutò Glo ad alzarsi e allacciò le stecche del suo busto di canna. Entrarono insieme in sala, con Toller che reggeva molto del peso del Lord senza darlo a vedere. Lo scudiero aveva circa quarant’anni, la pelle grassa e labbra rossastre prominenti, e stava arringando Lain e Gesalla. Aveva i calzoni e la tunica grigio scuro frivolmente decorati con file di minuscole perline di cristallo e portava la stretta spada da duellante.

— Sono Canrell Zotiern, e rappresento il principe Chakkel — annunciò con un’imperiosità che si sarebbe meglio adattata al suo padrone. — Lord Glo e i membri della famiglia Maraquine, nessun altro, staranno qui in fila di fronte alla porta e aspetteranno l’arrivo del principe.

Toller, stupito dall’arroganza di Zotiern, aiutò Glo a raggiungere il punto indicato vicino a Lain e Gesalla. Lo fissò aspettando che reagisse con un’adeguata reprimenda, ma il vecchio sembrava troppo preoccupato dei faticosi meccanismi del camminare per aver notato qualunque altra cosa. Molti servi della casa guardavano silenziosamente dalla porta che dava sulle cucine. Oltre l’arcata dell’ingresso principale i soldati a cavallo della guardia personale di Chakkel ostruivano il flusso di luce che entrava nella sala. Toller si accorse che lo scudiero lo stava guardando.

— Tu! Il servo personale! — gridò Zotiern. — Sei sordo? Torna ai tuoi alloggi.

Il mio attendente personale è un Maraquine, e rimane con me — disse Glo fermamente.

Toller sentì lo scambio di parole come attraverso una tumultuosa distanza. Quel martellare nella testa era qualcosa che non provava da lungo tempo, e fu sbigottito di scoprire che la sua presunta immunità alle provocazioni si dimostrava illusoria. “Sono una persona diversa”, si disse, mentre un fremito nervoso percorreva le sue sopracciglia. “Io sono una persona diversa”.