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C’è stato anche un curioso rapporto, non ancora confermato, dalla mia stessa zona di operazioni.

Due soldati semplici in un’area esterna sostengono di aver visto un ptertha rosa chiaro. Secondo il loro racconto è arrivato a circa quaranta passi da loro, ma non ha mostrato alcuna intenzione di Volersi avvicinare e infine è risalito e si è diretto verso ovest. Cosa si deve fare con resoconti così strani? Potrebbe essere che due soldati stanchi di combattere si siano messi d’accordo per ottenere qualche giorno di interrogatorio nella sicurezza del campo base?

GIORNO 107 — Oggi, sebbene non possa gloriarmi o essere contento dell’accaduto, mi sono meritato il riconoscimento del principe Leddravohr per la mia abilità di stratega.

La splendida impresa, forse il culmine della mia carriera militare, è cominciata con il genere di errore che anche un tenentino appena uscito dall’accademia sarebbe stato capace di evitare. Tutto è cominciato all’ottava ora, quando ho perso la pazienza con il capitano Kadal per la sua lentezza nell’occupare una distesa di terreno aperto nel settore D14. Il motivo per cui lui esitava, al sicuro nella foresta, era che la sua mappa aerea preparata frettolosamente mostrava che il territorio era attraversato da vari torrenti, che lui riteneva profondi fossi di scolo capaci di nascondere un numero consistente di nemici. Kadal è un ufficiale competente e io avrei dovuto lasciargli perlustrare la zona a modo suo, ma temevo che quell’eccessivo temporeggiare lo rendesse poi timoroso, e sono stato sopraffatto dal desiderio folle di dare un esempio a lui e ai miei uomini.

Di conseguenza, ho preso un sergente, ho messo in sella una dozzina di soldati e sono andato avanti con loro. Il terreno era adatto ai blucorni e abbiamo coperto la distanza in fretta. Troppo in fretta! A circa un miglio dalle nostre linee il sergente si è fatto visibilmente preoccupato, ma io ero troppo imbaldanzito del mio successo per farci caso. Abbiamo attraversato due torrenti che erano, come indicato sulla mappa, troppo poco profondi per fornire qualunque tipo di riparo, e già mi vedevo mentre con aria indifferente consegnavo a Kadal, l’intera zona, come un premio vinto al suo posto grazie al mio coraggio.

Prima che me ne accorgessi, eravamo avanzati ancora di due miglia e persino nel mio attacco di megalomania stavo cominciando a sentire la voce rimbrottante del buon senso che mi avvisava che quand’è troppo è troppo, soprattutto dopo aver attraversato uno spartiacque vestigiale, e ormai fuori vista dalle nostre linee.

È a questo punto che sono apparsi i Chamtethani.

Sono balzati su dal terreno da entrambi i lati come per magia, sebbene naturalmente non ci fosse stregoneria alcuna; si erano tenuti nascosti proprio nei fossi di scolo alla cui esistenza io avevo sconsideratamente deciso di non credere. Ce n’erano almeno duecento, con quell’aspetto da rettili neri che gli dà l’armatura di brakka. Se fosse stata solo una forza di fanteria avremmo potuto sfuggirgli, ma un buon quarto di loro montava blucorni e stava già andando a tutta velocità per bloccare la nostra ritirata.

Mi resi conto che i miei uomini mi stavano fissando in attesa, e il fatto che non ci fosse alcun rimprovero nei loro occhi rese la mia posizione ancora peggiore. Io avevo gettato via le loro vite per il mio orgoglio smisurato e la mia stupidità, e tutto quello che mi chiedevano in quel terribile momento era una decisione sul dove e come morire!

Mi guardai intorno e vidi davanti a noi una specie di montagnola coperta di alberi. Ci avrebbe offerto un po’ di protezione e magari avremmo potuto mandare un messaggio con l’eliografo a Kadal dall’alto di uno degli alberi, e chiedere soccorsi.

Diedi l’ordine e corremmo a tutta velocità verso la duna prendendo fortunosamente di sorpresa i Chamtethani che si aspettavano che noi scappassimo in direzione opposta.

Raggiungemmo gli alberi con un considerevole vantaggio sui nostri inseguitori, che in ogni caso non avevano particolarmente fretta. Il tempo era dalla loro parte, ed era fin troppo chiaro che se anche fossimo riusciti a comunicare con Kadal non ci sarebbe stato di nessun aiuto.

Mentre uno degli uomini stava cominciando ad arrampicarsi su un albero con l’eliografo attaccato alla cintura, io usai il mio binocolo da campo per cercare di individuare il comandante nemico, e vedere se mi riusciva di capire le sue intenzioni. Se lui era a conoscenza del mio grado avrebbe forse cercato di prendermi vivo, e questa era una cosa che non avrei potuto permettere. Fu mentre stavo scorrendo con il binocolo la fila di soldati Chamtethani che vidi qualcosa che, persino in quella situazione disperata, produsse in me uno spasmo di terrore.

Ptertha!

Quattro globi sfumati di viola si stavano avvicinando da sud, portati dalla brezza leggera, sfiorando l’erba. Erano pienamente visibili ai Chamtethani. Ho visto qualcuno che li segnava con il dito, ma con mia sorpresa nessuno faceva il minimo gesto di difesa. Ho visto i globi arrivargli sempre più vicino e, tale è la forza dell’abitudine, ho dovuto soffocare l’impulso di gridare un avvertimento. I primi globi hanno raggiunto la fila di soldati e improvvisamente hanno cessato di esistere, esplodendo tra di loro.

Nemmeno allora è stata presa alcuna iniziativa, né di difesa né di fuga. Ho persino visto un soldato tagliare casualmente un ptertha con la sua spada. Nel giro di pochi secondi i quattro globi si erano disintegrati, spargendo le loro cariche di polvere mortale sui nemici, che sembravano del tutto indifferenti.

Se quello che era succèsso fino a quel punto era sorprendente, le conseguenze lo sono state anche di più.

I Chamtethani si stavano distanziando per formare un cerchio intorno alla nostra inadeguata piccola fortezza quando ho visto che comindava fra loro un certo trambusto. Il mio binocolo mostrava che alcuni dei soldati dall’armatura nera erano caduti. Già! I loro compagni gli si stavano inginocchiando vicino per soccorrerli, ma nello spazio di pochi attimi, anche loro erano caduti e si contorcevano per terra!

Il sergente è venuto al mio fianco e ha detto: — Signore, il caporale dice che riesce a vedere le nostre linee. Quale messaggio volete mandare?

— Aspetta! — Ho alzato leggermente il binocolo per prendere la distanza media e un momento dopo ho visto altri ptertha intrecciarsi e vacillare al di sopra del terreno erboso. — Dagli istruzioni di informare il capitano Kadal che abbiamo incontrato un grande distaccamento nemico, ma che lui deve rimanere dov’è. Non deve muoversi finché gli farò avere nuove istruzioni.

Il sergente era troppo disciplinato per azzardare una protesta, ma la sua perplessità era evidente mentre si allontanava in fretta per trasmettere i miei ordini. Ho ricominciato a sorvegliare i Chamtethani. In quel momento ci siamo tutti resi conto che c’era qualcosa che non andava, e lo sottolineava la maniera in cui i soldati stavano correndo qua e là in preda al panico e alla confusione. Gli uomini che avevano cominciato ad avanzare verso di noi si sono voltati e, non comprendendo che la loro unica speranza di salvezza stava nell’andarsene al più presto, si sono ricongiunti al gruppo. Ho guardato con un freddo vischioso nelle budella quando anche loro hanno cominciato a barcollare e a cadere.

Ho sentito bisbigli di meraviglia dietro di me quando i miei uomini, anche senza l’aiuto del binocolo, hanno capito che i Chamtethani sta vano venendo lentamente distrutti da qualche terrificante e invisibile forza. In un arco di tempo spaventosamente breve i nemici erano caduti fino all’ultimo, e nulla si muoveva nella pianura tranne i blucorni che avevano cominciato a brucare indifferenti tra i corpi dei loro padroni. (Come mai tutti i membri del regno animale, tranne qualche tipo di scimmia, sono immuni al veleno dei ptertha?).

Quando ne ho avuto abbastanza della terribile scena mi sono voltato e quasi ho riso a voce alta vedendo che i miei uomini mi stavano fissando con un misto di sollievo, rispetto e adorazione. Avevano creduto di essere condannati, e ora, questi sono i processi mentali di un comune soldato, la loro gratitudine per essere scampati alla morte si stava focalizzando su di me, come se la loro salvezza fosse dipesa da una mia qualche magistrale azione strategica. Sembravano non pensare affatto alle più vaste implicazioni di quello che era accaduto.