— Senti l’esperto che ha appena messo le penne — lo canzonò Lain.
— Ho avuto i migliori maestri — rispose Toller senza offendersi, riportando l’attenzione su Gesalla. — Lord Glo diceva che il volo sarebbe stato come salire sino alla cima di un’invisibile montagna e scendere dall’altra parte.
— Non gli avrei mai dato credito come poeta — disse Gesalla.
— Ci sono molte cose per le quali non avrà mai credito.
Sì, come prendersi cura di quella tua media moglie quando te ne sei andato a giocare al soldato — dichiarò Lain. — Cosa ne è stato di lei, comunque?
Toller fissò suo fratello per un momento, sbalordito e rattristato per la punta di malizia del suo tono. Lain gli aveva fatto la stessa domanda qualche tempo prima, ma ora gli sembrava che tirasse fuori l’argomento Fera solo perché era sempre stato un punto dolente per Gesalla. Possibile che Lain fosse geloso del suo fratellino che si era conquistato un posto nel volo sperimentale, il più grande esperimento scientifico del secolo?
— Fera si è stufata in fretta della vita al Peel ed è tornata a vivere nella sua città — disse Toller. — Presumo che stia bene, spero che così sia, ma non ho cercato di scoprirlo. Perché me lo chiedi?
— Ummm… semplice curiosità. Bene, se la tua curiosità si estende anche al mio periodo nell’esercito, posso assicurarti che la parola gioco è assolutamente inappropriata. Io….
— Zitti, voi due — intervenne Gesalla posando una mano sul braccio di ognuno. — La cerimonia comincia.
Toller smise di parlare in una nuova confusione di emozioni mentre il corteo funebre usciva dalla casa. Nel testamento Glo aveva dichiarato di desiderare la cerimonia più breve e semplice che potesse essere accordata a un aristocratico di Kolcorron. Il suo corteo era formato soltanto dal Lord Prelato Balountar, seguito da quatto assistenti vestiti di nero che portavano il cilindro di gesso nel quale il corpo di Lord Glo era già stato racchiuso. Balountar, con la testa in avanti e gli abiti neri drappeggiati sulla figura ossuta, somigliava a un corvo, e marciava a passo lento, verso la fossa circolare scavata nel letto di roccia del cimitero.
Intonò una breve preghiera, in cui riconsegnava la povera conchiglia di Lord Glo al corpo materno del pianeta, e chiedeva che al suo spirito fosse concesso un passaggio sicuro su Sopramondo, seguito da una felice rinascita e da una lunga e prosperosa vita sul pianeta gemello.
Toller era oppresso da un vago senso di colpa mentre guardava il cilindro calare nella fossa, subito sigillata con il cemento sparso da un’urna decorata. Avrebbe voluto sentirsi macerato dalla tristezza e dal dolore per l’eterna dipartita di Glo, ma la sua coscienza capricciosa era dominata dal fatto che Gesalla, che non lo aveva mai toccato in vita sua, aveva permes so alla sua mano di rimanere appoggiata sul suo braccio. Era segno di un nuovo atteggiamento nei suoi confronti, o la conseguenza di qualche screzio con Lain, che a sua volta si era comportato stranamente? E a mettere tutto in secondo piano, nella mente di Toller, c’era anche la consapevolezza pulsante che presto sarebbe salito in alto nella volta del cielo, così in alto da superare anche la portata di telescopi più potenti.
Fu sollevato, perciò, quando la breve cerimonia arrivò alla fine e i capannelli dei presenti, per la maggior parte parenti di sangue, cominciarono a disperdersi.
— Devo tornare alla base adesso — disse. — Ci sono ancora molte cose da… — Lasciò la frase in sospeso quando notò che il Lord Prelato si era staccato dal suo seguito e si stava avvicinando a loro. Pensando che Balountar avesse qualcosa da discutere con Lain, Toller fece un discreto passo all’indietro. Rimase sorpreso quando l’ecclesiastico andò dritto verso di lui, gli occhi socchiusi attenti e furiosi, e lo colpì sul petto con le dita agitate.
Non ti ho dimenticato, Maraquine! — disse — Sei quello che ha alzato le mani su di me nella Sala dell’Arcobaleno, davanti al Re.— Colpi Toller di nuovo, con un gesto palesemente offensivo.
— Bene, ora che avete pareggiato il conto — disse Toller senza scomporsi, — posso esservi utile in qualcosa, Vostra Grazia?
— Sì, puoi sbarazzarti di quell’uniforme! È un’offesa alla Chiese in generale e a me in particolare.
— In che modo è offensiva?
— In tutti i modi! Il colore simbolizza i cieli, non è vero? Sbandiera la vostra intenzione di contaminare l’Alto Sentiero, non è vero? Anche se le vostre diaboliche ambizioni falliranno miseramente, Maraquine, quegli stracci blu sono un affronto ad ogni cittadino di retta coscienza di questo Paese.
— Io indosso questa uniforme al servizio di Kolcorron, Vostra Grazia. Qualunque obiezione abbiate a questo proposito dovrebbe essere presentata direttamente al Re. O al principe Leddravohr.
— Huh! — Balountar lo fissò velenosamente per un momento, con il suo viso stravolto di rabbia frustrata. — Non sfuggirai al castigo, sai! Anche se tu e tuo fratello non avete rispetto per la Chiesa, con tutto il vostro sofismo e la vostra arroganza, imparerete a vostre spese che il popolo sopporterà solo fino a un certo punto. Vedrete! La grande empietà, il grande male, non resterà impunito! — Si girò e si diresse a gran passi verso il cancello del cimitero, dove i quattro assistenti stavano aspettando.
Toller lo guardò andarsene e si rivolse agli altri con le sopracciglia corrugate. — Il Lord Prelato sembra di cattivo umore.
— Un tempo gli avresti spaccato la mano per aver fatto questo. — Lain imitò il gesto di Balountar, battendo le dita fiacche contro il petto di Toller. — Non vedi più rosso così facilmente?
— Forse ho visto troppo rosso.
— Oh, sì. Come posso aver dimenticato? — Lo scherno nella voce di Lain era ora evidente. — Questo è il tuo nuovo ruolo, no? L’uomo che ha troppo bevuto alla coppa dell’esperienza.
— Lain, non ho la più vaga idea di cosa posso aver fatto per meritare la tua disapprovazione, e anche se questo mi rattrista non ho tempo per parlarne adesso. — Toller fece un cenno del capo al fratello e un inchino a Gesalla, il cui sguardo preoccupato si spostava dall’uno all’altro. Stava quasi per andarsene quando Lain, con gli occhi pieni di lacrime, improvvisamente allargò le braccia in una stretta che avvolse suo fratello e sua moglie insieme.
Non correre rischi inutili lassù nel cielo, fratellino — sussurrò Lain. — E tuo dovere verso la famiglia tornare sano e salvo, così quando il tempo della migrazione arriverà potremo volare per Sopramondo tutti insieme. Non voglio affidare Gesalla a altri che al miglior pilota. Capisci?
Toller annuì, senza neanche tentare di parlare. La sensazione del fragile corpo di Gesalla contro il suo era asessuata, com’era giusto, ma ne emanava tanta rettitudine, e con suo fratello che completava il circuito fisico, un tale senso di conforto e di guarigione, che lui avvertì un chiaro flusso di energie vitali che venivano aumentate piuttosto che dissipate.
Quando si liberò dall’abbraccio si sentì leggero e forte, più che capace di alzarsi in volo verso un altro pianeta.
15
Abbiamo rapporti eliografici fino a cinquanta miglia sopravvento — disse Vato Armduran, il capo ingegnere della SAS. — Le previsioni dicono che l’attività dei ptertha è molto bassa, quindi dovreste essere a posto da questo punto di vista, ma la velocità del vento è un po’ più alta di quanto avrei voluto.
— Se aspettiamo le condizioni perfette non partiremo mai. — Toller si riparò gli occhi dal sole e scrutò la volta blu e bianca del cielo. Ciuffi di nuvole alte avevano coperto le stelle più luminose senza tuttavia schermarle del tutto, e la lucentezza del disco di Sopramondo diceva che il dopogiorno era a metà.