— Suppongo che questo sia vero, ma avrete guai con la falsa elevazione quando rimuoverete la copertura. Dovrete starci attento.
Toller sorrise. — Non è un po’ tardi per le lezioni di aerodinamica,?
— Dite bene voi; ma sono io quello che dovrà dare tutte le spiegazioni se rimanete ucciso — disse Armduran seccamente. Era un uomo dai capelli dritti, con un naso schiacciato e il mento a forma di spada che gli davano qualcosa dell’aspetto di un soldato a riposo, ma il suo genio pratico nell’ingegneria gli aveva guadagnato la sua nomina personalmente dal principe Chakkel. A Toller piaceva per il suo umorismo caustico e la mancanza di condiscendenza verso i subordinati meno dotati. I membri dell’equipaggio addetto al gonfiaggio stavano affannosamente avviando con una manovella una grande ventola; i meccanismi a lame di legno emettevano un continuo suono scricchiolante mentre pompavano l’aria fredda dentro il pallone dell’astronave, che era stato fatto uscire sottovento dalla navetta. Stavano creando uno strato protettivo contro la superficie interna dell’involucro, in modo che il gas riscaldato dal bruciatore a cristalli potesse essere introdotto dopo, senza urtare direttamente contro la stoffa leggera. La tecnica era stata sviluppata per evitare il rischio da bruciature, specialmente ai pannelli di base intorno alla bocca del pallone. I capisquadra stavano urlando ordini agli uomini che tiravano su i lati del pallone che si gonfiava gradualmente, e che mettevano fuori le cime di attacco.
La navicella quadrata grande quanto una stanza di medie dimensioni giaceva su un fianco, già pronta per il volo. Oltre ai viveri e al carburante conteneva sacchi di sabbia equivalenti al peso di sedici persone che, aggiunti al peso dell’equipaggio, portavano il carico al massimo operativo. I tre uomini che dovevano volare con Toller stavano vicino alla navetta, pronti a salire a bordo al suo comando. Lui sapeva che l’ascensione doveva cominciare di lì a pochi minuti, e il subbuglio emotivo suscitato da Lain e Gesalla e il funerale di Glo si stava gradatamente riducendo a un soffocato mormorio ai livelli più bassi della sua coscienza. Nella sua mente stava già viaggiando nell’ignoto freddo blu, come un’anima migrante, e le sue preoccupazioni non erano più quelle dei comuni mortali confinati su Mondo.
Uno scalpitare di zoccoli risuonò nelle vicinanze e voltandosi Toller si trovò di fronte al principe Leddravohr che entrava cavalcando nel capannone, seguito da un carro aperto in cui sedevano il principe Chakkel, sua moglie Daseene e i loro tre bambini. Leddravohr indossava l’uniforme da cerimonia con la corazza bianca. L’immancabile spada da duello pendeva al suo fianco e un coltello da lancio era inguainato nel suo fodero all’avambraccio sinistro. Smontò dal suo alto blucorno, girando la testa per cogliere tutti i particolari di quella frenetica attività, e si incamminò verso Toller e Armduran.
Toller non lo aveva mai incontrato nel periodo passato nell’esercito e l’aveva visto solo da lontano da quando era tornato a RoAtabri, e notò che i lucidi capelli neri del principe erano ora sfumati di grigio sulle tempie. Era anche un po’ più massiccio, ma il peso sembrava essersi distribuito in uno strato uniforme su tutto il suo corpo, limitandosi a coprire appena i suoi solidi muscoli e a rendere il viso statuario più liscio che mai.Toller e Armduran gli fecero il saluto mentre si avvicinava.
Leddravohr rispose con un cenno del capo. — Bene, Maraquine, sei diventato importante dall’ultima volta che ci siamo incontrati. Spero che questo abbia reso più facile viverti accanto.
— Non mi reputo importante, principe — rispose Toller con voce accuratamente neutra, cercando di valutare l’atteggiamento dell’altro.
— Ma lo sei! Il primo uomo a portare una nave su Sopramondo! È un grande onore, Maraquine, e hai lavorato duramente per meritarlo. Sai, c’era chi diceva che eri troppo giovane e privo di esperienza per questa missione, che avremmo dovuto affidarla a un ufficiale con una lunga carriera alle spalle nel Servizio Aereo, ma io mi sono imposto. Tu hai ottenuto i migliori risultati nei corsi di formazione, non sei intralciato dalle qualifiche e dalla mentalità spesso obsoleta dei capitani delle aeronavi, e sei un uomo di indubbio coraggio; così ho deciso che il comando del volo di prova dovesse essere tuo. Cosa ne pensi?
— Vi sono profondamente grato, principe — disse Toller.
La gratitudine non c’entra. — II vecchio sorriso di Leddravohr, il sorriso che non aveva niente a che fare con l’amicizia, tremolò sul suo viso per un istante e subito scomparve. — È semplicemente giusto che tu colga il frutto delle tue fatiche.
Toller capì immediatamente che nulla era cambiato, che Leddravohr era ancora il mortale nemico che mai dimenticava né perdonava. Restava il mistero dell’apparente indulgenza del principe in quell’ultimo anno, ma nessun dubbio, assolutamente, che fosse ancora affamato della sua vita. “Spera che il volo sia un fallimento! Spera di mandarmi a morire!”.
L’intuizione gli aprì un improvviso squarcio sulla mente di Leddravohr. Analizzando i propri sentimenti nei riguardi del principe non trovò niente di nuovo se non una glaciale indifferenza, e forse una traccia di pena per quella creatura prigioniera di emozioni negative, sommersa e annaspante nel suo stesso veleno.
— Sono ugualmente grato — disse Toller gustando il doppio senso delle proprie parole. Fino allora aveva sempre temuto il momento in cui si sarebbe trovato faccia a faccia con Leddravohr, ma l’attuale incontro dimostrava che aveva superato il suo vecchio modo di essere, una volta per tutte. Finalmente era sicuro che il suo spirito si sarebbe elevato al di sopra di Leddravohr e di quelli come lui, come l’astronave sui continenti e gli oceani di Mondo, e sapeva che questo era un buon motivo per rallegrarsi.
Leddravohr studiò il suo viso per un momento, con uno sguardo penetrante, poi trasferì la sua attenzione sull’astronave. Gli uomini addetti al gonfiaggio continuarono a darsi da fare finché il pallone non si alzò sui quattro montanti di accelerazione, che costituivano la principale differenza con un normale velivolo atmosferico.Il pallone, gonfio per tre quarti, si assestò come un grottesco mostro marino privato del suo normale supporto naturale.L’involucro di lino verniciato ondeggiò debolmente nelle leggere correnti d’aria che entravano dalle feritoie nelle pareti del capannone.
— Se non sbaglio — disse Leddravohr — è ora che tu raggiunga la tua nave, Maraquine.
Toller gli fece il saluto, strinse la spalla di Armduran e corse verso la navicella. Diede il segnale a Zavotle, copilota e addetto al giornale di bordo; fu immediatamente seguito da Rillomyner, il meccanico, e dalla piccola figura di Flenn, montatore e cuoco di bordo. Toller salì sulla navetta dopo di loro, e prese il suo posto al bruciatore. La navicella era ancora inclinata su un fianco, e lui fu costretto a rimanere disteso, con la schiena su uno dei tramezzi di canna intrecciata, per azionare la propulsione. Per costruire la struttura portante del bruciatore era stato usato il tronco di un albero di brakka molto giovane. A sinistra, nella base bulbosa, c’era un piccolo serbatoio di pikonio,. con una valvola che immetteva i cristalli nella camera di combustione a pressione pneumatica. Dalla parte opposta un congegno simile regolava il flusso di alvelio, ed entrambe le valvole erano controllate da una singola leva. I canali nella valvola di destra erano leggermente più larghi, per fornire automaticamente quel tanto in più di alvelio, in una proporzione che si riteneva migliore per una spinta sostenuta.
Toller pompò il pikonio nel serbatoio pneumatico, poi segnalò al sovrintendente al gonfiaggio che era pronto per dare il via alla combustione. Nel capannone il rumore diminuì quando gli addetti alla ventola smisero di farla girare, e tirarono finalmente da parte la loro ingombrante macchina e il relativo effusore.