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Toller tenne alzata la leva di controllo per circa un secondo. L’aria si riempì di un boato sibilante quando i cristalli si combinarono fra loro, provocando un’eruzione di gas migligno nella bocca del pallone. Soddisfatto del funzionamento del bruciatore, Toller aprì i vari getti d’aria per scongiurare i possibili danni del calore, e il grande involucro cominciò a espandersi e si staccò da terra. Mentre il pallone si metteva pian piano in posizione verticale, l’equipaggio che reggeva le funi le ritirò e le attaccò all’intelaiatura della navicella, che intanto veniva fatta ruotare per farle prendere il suo assetto normale. A quel punto l’astronave era pronta a spiccare il volo, trattenuta solo dall’ancora centrale.

Memore degli avvertimenti di Armduran circa il sollevamento, Toller continuò a dare gas per un altro buon minuto, e man mano che l’aria fredda veniva sostituita, il pallone cominciò ad alzarsi. Troppo preso dal suo lavoro per badare alla solennità del momento, Toller liberò il giunto dell’ancora e l’astronave si staccò da terra.

All’inizio salì in fretta, poi la corona curva del pallone prese il vento al di sopra dei capannoni, con un’impennata così violenta che Rillomyner ansimò forte, mentre la nave accelerava verso il cielo aperto. Toller, indifferente al fenomeno, fece uscire dal bruciatore una lunga fiammata. In pochi secondi il pallone era entrato del tutto nella corrente d’aria, e ormai viaggiava con lei, e quando il flusso d’aria superiore venne compensato, scomparvero anche gli effetti dell’impennata.

Nello stesso tempo, una leggera inclinazione dovuta all’impeto iniziale del vento provocò l’espulsione di un po’ di gas dalla bocca del pallone, così che la nave perdeva quota e veniva trascinata a est a circa dieci miglia l’ora.

La velocità non era elevata in confronto a quella di altri mezzi di trasporto, ma l’astronave era progettata solo per l’ascensione verticale, e qualunque contatto con il suolo, in quella fase, poteva essere disastroso.

Toller contrastò l’indesiderata picchiata con vampate prolungate del bruciatore. Per un interminabile minuto la navicella sembrò decisa a schiantarsi contro la fila di alberi di elvart sul bordo orientale del campo di volo, come attaccata a un’invisibile rotaia, poi la spinta ascensionale del pallone riprese il sopravvento. Il terreno si allontanò lentamente e Toller poté far riposare il bruciatore. Guardando giù verso la fila di capannoni, di cui molti ancora in costruzione, riuscì a cogliere il candido bagliore della corazza di Leddravohr tra le centinaia di spettatori, ma già il principe faceva parte del passato, e la sua importanza diminuiva con la distanza.

— Ti spiacerebbe fare un’annotazione? — disse Toller a Ilvan Zavotle. — Sembra che la massima velocità del vento per decollare a pieno carico sia di circa dieci miglia l’ora, E scrivi anche che quegli alberi dovrebbero essere eliminati.

Zavotle alzò brevemente gli occhi dal suo tavolo di vimini. — Lo sto già facendo, capitano. — Era un ragazzotto dalla testa allungata con orecchie piccolissime e un cipiglio permanente, meticoloso ed esigente come un vecchio, ma già un veterano di vari voli di prova.

Toller diede un’occhiata alla navicella quadrata, controllando che tutto fosse a posto. Il meccanico, Rillomyner, si era lasciato cadere sui sacchi di sabbia nel reparto passeggeri, con la faccia pallida e l’aria infelice. Ree Flenn, il montatore, era appollaiato come un animale arboreo sulla ringhiera della navetta, intento ad accorciare la catena di uno dei montanti di accelerazione che penzolava nel vuoto. Toller sentì uno spasmo ghiacciato allo stomaco quando vide che Flenn non aveva agganciato al parapetto la cintura di sicurezza.

— Cosa credi di fare, Flenn? — disse, — Attacca quella cima.

— Lavoro meglio senza, capitano. — Un sorriso divise a metà il viso del montatore, con i suoi occhi tondi e il naso a patata. — Non ho paura dell’altitudine.

— Vorresti qualcosa di cui aver paura? — Toller parlò cortesemente, dolcemente addirittura, ma il sorriso di Flenn sparì immediatamente e lui si affrettò ad attaccare il moschettone alla ringhiera di brakka. Toller si voltò dall’altra parte per nascondere il suo divertimento. Puntando sulla piccola statura e sul suo buffo aspetto generale, Flenn contravveniva abitualmente alle regole della disciplina in modi che per altri avrebbero comportato la fustigazione ma era estremamente capace nel suo lavoro e Toller era stato felice di prenderlo con sé. Il suo stesso passato, in fin dei conti, lo portava a simpatizzare con i ribelli e i disadattati.

In quel momento la nave stava salendo e sorvolava la periferia occidentale di Ro-Atabri. La configurazione della città era confusa e appannata dal manto di schermi anti-ptertha che la coprivano come una calotta, ma le vedute del Golfo e della Baia di Arle erano come Toller le ricordava dalle escursioni aeree della sua adolescenza. Il loro nostalgico blu svanì in una foschia purpurea vicino all’orizzonte, sul quale brillavano, mitigate dalla luce del sole, le nove stelle dell’Albero.

Guardando in basso, Toller riuscì a vedere il Gran Palazzo sulla riva meridionale del Borann, e si chiese se in quel momento Re Prad fosse alla finestrata guardare il fragile insieme di stoffa e legno che costituiva la sua scommessa con la posterità. Da quando aveva conferito a suo figlio i poteri assoluti, il Re era diventato praticamente un recluso. Qualcuno diceva che era malato, altri che non aveva cuore di andare come un animale furtivo per le strade schiacciate della sua stessa città.

— Osservando il complesso e variegato panorama sotto di lui, Toller fu sorpreso della scarsa emozione che provava. Gli sembrava, dopo aver mosso il primo passo su quella strada di cinquemila miglia verso Sopramondo, di avere staccato le sue ossa dal passato.

Raggiungere il pianeta gemello in un viaggiò successivo e iniziare lì una nuova vita era una cosa che aveva a che fare con il futuro, e al momento il suo presente si esauriva nel minuscolo universo dell’astronave. Il microcosmo della navicella, quattro passi per lato, sarebbe stato il suo unico mondo per più di venti giorni, e lui non poteva prendersi nessun altro pensiero…

Le sue meditazioni furono bruscamente interrotte quando notò un movimento rossastro spostarsi nel cielo piumato di bianco, leggermente a nord-ovest.

— In piedi, Rillomyner — gridò. — È ora che cominci “a guadagnarti la paga.

Il meccanico si alzò e uscì dallo scompartimento passeggeri. — Mi dispiace, capitano, il modo in cui siamo decollati ha fatto qualcosa al mio intestino.

— Vai al cannone se non vuoi star male davvero — disse Toller. — Potremmo presto avere visite.

Rillomyner imprecò e si diresse barcollando verso il cannone più vicino. Zavotle e Flenn seguirono a ruota senza bisogno di aspettare gli ordini. C’erano due armi antiptertha montate su ciascun lato della navicella, con le canne fatte di leggere strisce di brakka unite a tubo da solide corde di vetro e resina. Ognuna disponeva di un deposito di munizioni, capsule di energia di vetro e proiettili di nuovo tipo, fasci di bastoncini di legno incernierati che si aprivano a raggio durante il volo. Richiedevano una maggiore accuratezza di tiro rispetto alle più vecchie armi a dispersione, ma avevano il vantaggio di una maggiore portata.

Toller si rimise al posto di pilotaggio e scaricò vampate intermittenti nel pallone per mantenere la velocità di ascensione.Non era eccessivamente preoccupato del ptertha solitario e aveva dato l’allarme più che altro per svegliare Rillomyner. Per quanto si sapeva, i globi erano in balia delle correnti d’aria nei percorsi a lunga distanza, e si muovevano forse per atto di volontà solo quando erano vicini alla loro preda. Come si attivasse l’impulso che li guidava nelle iarde finali era ancora un mistero, ma c’era una teoria che voleva che il ptertha avesse già cominciato il processo di autodistruzione, creando un piccolo orifizio sulla sua superficie, nel punto opposto rispetto alla vittima. L’espulsione dei gas interni avrebbe spinto il globo in avanti prima che l’intera struttura si disintegrasse e liberasse la sua carica di polvere tossica. Ma la teoria rimaneva a livello di congettura, data l’impossibilità di studiare i ptertha a distanza ravvicinata.