— Stai attento a non cadere nel buco — grugnì di nuovo Rillomyner che non aveva gradito il riferimento alle sue debolezze intestinali. — Non è stato progettato per i nani.
Toller non fece nessun commento a quello scambio di battute. Sapeva che lo stavano saggiando per vedere che tipo di clima avrebbe imposto durante il viaggio. Se avesse interpretato il regolamento alla lettera, avrebbe dovuto proibire categoricamente qualunque tipo di scherzo tra l’equipaggio, per non parlare della volgarità, ma lui era interessato unicamente a cose come l’efficienza, la lealtà e il coraggio. In. due ore la nave sarebbe arrivata più in alto di qualunque altra mai, a parte quella del mitico Usader di cinque secoli prima, entrando in una regione di cose strane e sconosciute, e lui non dimenticava che il suo piccolo gruppo di avventurosi avrebbe potuto aver bisogno di tutta la solidarietà umana possibile.
Inoltre, quello stesso argomento aveva dato il via a una dozzina di battute ugualmente pesanti nei quartieri degli ufficiali, sin da quando la pianta della navicella era stata resa pubblica. Lui stesso aveva tratto un certo divertimento dalla frequenza con cui la bassa forza gli aveva ricordato che la toletta non doveva essere usata fino a quando le correnti occidentali non avessero portato la nave abbastanza lontana dalla base.
E lo scoppio del ptertha lo colse di sorpresa.
Stava fissando la sua immagine ingrandita, quando il globo semplicemente, cessò di esistere, e in assenza di uno sfondo contrastante neanche uno sbuffo di polvere ne ricordò la posizione. Nonostante la sua fiducia nella loro capacità di fronteggiare la minaccia, ne fu sollevato. Dormire lassù la prima notte, sarebbe stato già abbastanza difficile, senza doversi anche preoccupare delle capricciose correnti d’aria che potevano portare il silenzioso nemico a distanza mortale.
— Prendi nota che il ptertha è appena scoppiato — disse a Zavotle, e messo di buon umore, aggiunse un commento personale: segna che questo è successo dopo circa quattro ore di volo… proprio quando Flenn stava usando la toletta… ma probabilmente non c’è nessuna connessione tra i due avvenimenti.
Toller si svegliò poco dopo l’alba al suono di una discussione animata che veniva dal centro della navicella. Si mise in ginocchio sui sacchi di sabbia e si massaggiò le braccia, cercando di capire se il freddo che sentiva era freddo vero o solo la conseguenza di un sonno disturbato. Il boato intermittente del bruciatore gli aveva permesso solo brevi sonnellini, e ora non si sentiva molto più fresco che se fosse stato di guardia tutta la notte. Sempre in ginocchio andò all’apertura del tramezzo dello scompartimento passeggeri e guardò fuori il resto dell’equipaggio.
— Dovreste dare un’occhiata a questo, capitano — disse Zavotle, alzando la sua testa a pera. — L’indicatore di quota funziona davvero!
Toller infilò le gambe nell’angusto passaggio e andò alla postazione del pilota, dove Flenn e Rillomyner stavano in piedi vicino a Zavotle. L’altimetro era attaccato a una tavoletta e consisteva in una scala graduata verticale. Aveva in cima un piccolo peso sospeso a una delicata molla a spirale, fatta con un truciolo di brakka sottile come un capello. La mattina precedente, all’inizio del volo, il peso era in fondo, vicino al segno più basso della scala, ma ora era molte tacche più alto.
Toller fissò intensamente l’indicatore. — Qualcuno l’ha manomesso?
— Nessuno lo ha toccato — lo rassicurò Zavotle. — Significa che tutto quello che ci hanno detto deve essere vero. Tutto perde peso mentre saliamo! Stiamo diventando più leggeri!
— Dovevamo aspettarcelo — disse Toller, non volendo ammettere che in cuor suo non aveva mai del tutto digerito quella nozione, nemmeno quando Lain aveva perso ore di tempo per fargliela entrare in testa.
— Sì, ma significa anche che fra tre o quattro giorni non peseremo più niente. Potremo fluttuare nell’aria come… come… ptertha! È tutto vero, capitano!
— Quanto dice che siamo alti?
— Circa trecentocinquanta miglia, e questo concorda con i nostri calcoli.
— Non mi sento affatto diverso — dichiarò Rillomyner. — Io dico che la molla si è allungata.
Flenn annuì. — Anch’io.
Toller voleva un momento per riordinare i suoi pensieri. Andò sul fianco della navicella e fu preso da un attimo di vertigine quando vide Mondo come non l’aveva mai visto prima, un’immensa convessità circolare, una metà quasi buia, l’altra uno sfavillare brillante di oceano blu e di continenti e isole vagamente sfumate.
“Sarebbe tutto diverso se stessi salendo nello spazio aperto dal centro di Chamteth”, echeggiò la voce di Lain nella sua mente. “Ma viaggiando tra i due pianeti raggiungerai presto una zona media, leggermente più vicina a Sopramondo che a Mondo, in effetti, dove l’attrazione gravitazionale di ciascun pianeta cancella l’altra. In condizioni normali, con il carico più pesante del pallone, la nave avrebbe la regolarità di un pendolo, ma in questo caso, completamente priva di peso, non avrà alcuna stabilità e dovrai usare i reattori laterali per controllare la sua posizione”.
Lain aveva già fatto tutto il viaggio nella sua mente, si rese conto Toller, e tutto quello che lui aveva predetto sarebbe accaduto. Davvero, stavano entrando in una regione straordinaria, ma l’intelletto di Lain Maraquine e di altri uomini come lui avevano già percorso quella strada, e si doveva aver fiducia in loro.
— Non ti eccitare tanto da trascurare il regime di propulsione — disse Toller con calma, rivolgendosi a Zavotle. — E ricordati di controllare l’altimetro misurando il diametro apparente di Mondo quattro volte al giorno.
Guardò Flenn e Rillomyner. — E quanto a voi due, perché lo Squadrone si è preso il disturbo di farvi dei corsi speciali? La molla non si è allungata. Stiamo diventando più leggeri man mano che saliamo, e riterrò qualunque discussione su questo punto come un atto d’insubordinazione. È chiaro?
— Sì, capitano.
I due risposero all’unisono, ma Toller lesse uno sguardo preoccupato negli occhi di Rillomyner, e si chiese se il meccanico avrebbe avuto difficoltà ad abituarsi alla graduale perdita di peso. “E a questo che serve il volo sperimentale”, ricordò a se stesso. “Stiamo provando non solo la nave ma anche noi stessi”.
Al calare della notte il peso dell’indicatore di quota era quasi a metà della scala, e gli effetti della gravità ridotta, ormai visibili, non erano più materia di discussione.
Quando si lasciava cadere un piccolo oggetto, questo scendeva verso il pavimento con evidente lentezza, e tutti i membri dell’equipaggio accusavano curiose sensazioni di vuoto allo stomaco. Per due volte Rillomyner si svegliò con un grido di panico, spiegando poi che aveva avuto l’impressione di precipitare.
Toller notò la facilità quasi da sogno con la quale poteva muoversi, e gli venne in mente che sarebbe stato meglio per tutti restare sempre legati.Non gli piaceva l’idea che un qualsiasi movimento, e neanche tanto brusco, facesse volare qualcuno fuori dalla nave.
Osservò anche che nonostante il peso sempre più ridotto la nave tendeva a salire più lentamente. Anche questo era stato previsto, come risultato della differenza di peso tra il gas caldo dell’involucro e l’atmosfera circostante. Per mantenere la velocità modificò il ritmo di scoppio a quattro-diciotto, e poi a quattro-sedici. I serbatoi di pikonio e alvelio nel bruciatore dovevano essere riempiti con frequenza sempre maggiore, e pur sapendo di avere ampie riserve, Toller cominciò a non vedere l’ora di raggiungere la quota di milletrecento miglia. A quel punto il peso della nave, diminuendo in proporzione geometrica, sarebbe stato un quarto del normale, e il reattore, per tutto il percorso nella zona a gravità zero, avrebbe richiesto meno energia.