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I cancelli esterni furono aperti per Toller e per il sergente, poi vennero velocemente richiusi appena loro furono entrati nella zona di sicurezza. Toller fermò il suo blucorno, e fu avvicinato da un capitano dell’esercito che portava sotto il braccio l’elmetto dal pennacchio arancione.

— Siete l’astrocapitano Toller Maraquine? — chiese, asciugandosi la fronte imperlata di sudore.

— Sì? Cos’è successo?

— Il principe Leddravohr vi ordina di presentarvi immediatamente a rapporto al Capannone 12.

Toller fece segno di aver capito. — Cos’è successo?

— Cosa vi fa pensare che sia successo qualcosa? — disse aspro il capitano. Si voltò e corse via, lanciando ordini irosi ai soldati più vicini, che avevano un cipiglio apertamente arcigno.

Toller pensò di inseguirlo e di costringerlo a dargli le informazioni che voleva, ma in quel momento notò una figura in uniforme blu che gli veniva incontro dal cancello interno. Era Ilven Zavotle, da poco promosso al grado di tenente. Toller trotterellò verso di lui e smontò, notando nel frattempo che il giovane sembrava pallido e preoccupato.

— Sono felice che tu sia tornato, Toller — disse Zavotle ansiosamente. — Ho sentito che eri uscito per cercare tuo fratello, e sono venuto a dirti di stare attento al principe Leddravohr.

— Leddravohr?— Toller guardò in alto mentre un’astronave nascondeva il sole per un attimo.

— Cosa mi dici di Leddravohr?

— È impazzito — rispose Zavotle, guardandosi intorno per assicurarsi che quel discorso passibile di alto tradimento non arrivasse a orecchie indiscrete. — È al capannone adesso… dirige gli equipaggi di carico e gonfiaggio… spada alla mano… l’ho visto tagliare in due un uomo per essersi fermato a bere…

— Lui…! — La costernazione e lo sconcerto di Toller crebbero.

— Ma come si è arrivati a tutto questo?

Zavotle lo guardò con sorpresa.

— Non lo sai? Tu hai lasciato la Caserma prima che… Tutto è successo in due ore, Toller.

— Che cosa è successo? Parla, Ilven, o ci sarà un altro movimento di spada.

— Il Lord Prelato Balountar ha guidato i cittadini in una marcia contro la base. Pretendeva che tutte le navi fossero distrutte e le scorte distribuite tra la gente. Leddravohr lo ha fatto arrestare e decapitare sul posto.

Toller strinse gli occhi mentre cercava di immaginare la scena. — È stato un errore.

— Un grave errore — convenì Zavotle — ma questo è stato solo l’inizio. Balountar aveva dalla sua la folla infiammata dai discorsi religiosi e dalla promessa di cibo e cristalli. Quando hanno visto la sua testa su una picca hanno cominciato a strappare i nostri schermi. Leddravohr gli ha mandato addosso l’esercito, ma… è stata una cosa incredibile, Toller… la maggior parte dei soldati si sono rifiutati di combattere.

— Hanno sfidato Leddravohr?

— Sono uomini del posto, la maggior parte proprio di Ro-Atabri, e gli era stato ordinato di massacrare la loro stessa gente. — Zavotle fece una pausa mentre un’astronave passava con un rombo tonante. — Anche i soldati hanno fame, hanno l’impressione che Leddravohr stia voltando loro le spalle.

— Anche così… — Toller trovava quasi impossibile immaginare dei comuni soldati ribellarsi contro il principe guerriero.

— E allora Leddravohr è diventato come un invasato. Dicono che abbia ucciso più di una dozzina tra ufficiali e soldati. Non volevano obbedire ai suoi ordini… ma non volevano nemmeno difendersi contro di lui… e lui li ha macellati… — la voce di Zavotle si indebolì. — Come maiali, Toller. Proprio come maiali.

Nonostante l’enormità di quello che stava sentendo, Toller avvertiva confusamente la sensazione di avere un altro e più pressante motivo di preoccupazione. — Com’è andata a finire?

— I fuochi in città. Quando Leddravohr ha visto il fumo… si è accorto che gli schermi anti-ptertha stavano bruciando, ed è tornato in sé. Ha riunito in Caserma tutti gli uomini che gli erano rimasti fedeli, e ora sta cercando di far partire l’intera flotta prima che i ribelli si organizzino e invadano la base. — Zavotle studiò i soldati lì vicino da sotto le ciglia abbassate. — Questo gruppo dovrebbe difendere il cancello occidentale, ma, se lo chiedi a me, non sono troppo sicuro di sapere da che parte stanno. Le uniformi blu non sono più popolari qui attorno. Dovremmo tornare nei capannoni prima…

Toller smise di ascoltare quando la sua mente fece una rapida serie di collegamenti, ognuno dei quali lo portava più vicino alla fonte del suo allarme inconscio. “I fuochi in città… gli schermi anti-ptertha che bruciano… non c’è stata pioggia per molti giorni… quando gli schermi saranno saltati Ro-Atabri sarà indifendibile… la migrazione deve aver luogo subito… e questo significa…”

— Gesalla! — Toller si lasciò sfuggire il nome di bocca in un improvviso accesso di panico e di vergogna. Come poteva averla dimenticata? Lei aspettava nella Casa Quadrata… ancora senza conferma della morte di Lain… e il volo per Sopramondo era già iniziato…

— Mi hai sentito? — disse Zavotle.— Noi dovremmo essere…

— Lascia perdere — tagliò corto Toller. — Cosa è stato fatto per avvisare gli emigranti e portarli dentro? .

— Il Re e il principe, Leddravohr sono già nei capannoni. Tutti gli altri reali e nobili devono arrivare qui sotto la protezione delle loro guardie personali. È un macello, Toller. I comuni emigranti dovranno cavarsela da soli, e per come stanno le cose fuori, dubito che…

— Ti sono molto grato per essermi venuto incontro, Ilven — disse Toller, risalendo sul blucorno. — Mi sembra di ricordare che mi hai detto, quando eravamo lassù, a congelarci a morte e con niente da fare se non contare le stelle cadenti, che tu non hai famiglia. È giusto?

— Sì.

— In questo caso dovresti tornare ai capannoni e prendere la prima nave che si rende disponibile. Io non sono ancora pronto a partire.

Zavotle si fece avanti mentre Toller si issava in sella. — Leddravohr ci vuole entrambi come piloti reali, Toller. Tu soprattutto, perché nessun altro ha fatto capovolgere una nave.

— Dimentica di avermi visto — disse Toller. — Tornerò più presto che posso.

Attraversò la base prendendo una strada che passava ben lontano dai capannoni dei palloni. Le reti che la proteggevano gettavano quadrati d’ombra su una scena di attività frenetica e confusa. Era stato previsto che la flotta di migrazione partisse in modo ordinato, in un arco di tempo compreso tra dieci e venti giorni, in relazione alle condizioni del tempo. Ora si faceva a gara per far partire più navi possibile prima che la Caserma fosse occupata dai rivoltosi, e la situazione era resa ancora più drammatica dal fatto che gli schermi anti-ptertha erano stati compromessi. Era una fortuna che non ci fosse neanche un po’ di vento; questo aiutava gli equipaggi e manteneva al minimo l’attività dei ptertha, ma con l’arrivo della notte i lividi globi sarebbero arrivati in forze.

Nella loro fretta di caricare le scorte gli addetti ai carri stavano scaricando le casse a mano. Soldati del nuovo Reggimento di Sopramondo, di lealtà garantita perché destinati a volare con Leddravohr, giravano fra gli operai esortandoli rumorosamente a moltiplicare gli sforzi e in qualche caso aiutandoli personalmente. Qua e là, nel caos, vagabondavano piccoli gruppi di uomini, donne e bambini, emigranti delle province arrivati alla Caserma piuttosto in anticipo. Sopra e attraverso ogni cosa incombeva il rumore delle pompe di gonfiaggio, il boato snervante e spasmodico dei bruciatori e l’odore di marcio del gas migligno.