— In Nordamerica l’avremmo chiamata una camicia da ferroviere.
Lui sorrise. — L’ho comprata a Detroit, nel negozio di articoli per regalo presso il Museo dela Cultura della Classe Lavoratrice.
Ci incamminammo verso il lago.
— La cintura viene dal negozio di articoli per regalo sulla Stazione di Trasferimento Numero Uno. L’ho presa quando mi sono aggregato alla Kollontai. Sono… ero… un gran collezionista di souvenir.
— Non lo sei più?
— Non proprio. Anche se non mi dispiacerebbe portarmi a casa qualcosa da qui. Se torneremo.
— Se?
— È un lungo viaggio, e non abbiamo idea di come sarà la Terra quando ci torneremo. Qui, forse, abbiamo un futuro. Laggiù saremo solo curiosi resti di un lontano passato, come i mammut che abbiamo ricostruito.
— Credevo che sarebbero diventati le nuove bestie da soma in Siberia.
— Sono più stupidi degli elefanti, e il loro carattere non è affidabile. Non è facile addomesticare una nuova specie. O, in questo caso, una specie molto antica.
Ci fermammo sul bordo dell’acqua. C’erano i soliti minuscoli uccelli bruni che correvano sui ciottoli, cacciando e beccando.
— Come diavolo ti sei ritrovato con una laurea in navigazione spaziale?
Lui rise. — Ti stai chiedendo se Derek non abbia ragione e io non sia… com’è quella parola?… un vegetale.
— Penso che tu ti riferisca a una pianta.
Annuì. — O a un topo campagnolo.
— Tutt’a un tratto il tuo inglese sta peggiorando.
— Ho qualche problema con il linguaggio della paranoia. Non mi viene naturale.
— Oh.
— Ho preso la laurea perché ero un fallimento come funzionario politico.
— Davvero?
Annuì di nuovo. — Devi capire, fin da quando ero un ragazzo avevo due sogni. Due passioni. Lo spazio e la teoria politica.
Una ben strana combinazione, pensai. Ma non c’erano spiegazioni per i gusti e le passioni.
— Sapevo dall’inizio di voler diventare un funzionario politico nella flotta sovietica. Ci sono riuscito, e ho scoperto che era inutile. — Spinse una pietra con la punta dello stivale. La pietra si capovolse, rivelando un insetto di un giallo vivace. L’insetto fuggì.
— La Kollontai era una nave da carico. Credo di avertelo detto. L’equipaggio era costituito dal genere di individui che si trovano nei magazzini e sulle navi. Ne hai mai incontrato qualcuno?
Feci il gesto dell’affermazione.
— C’è qualcosa nelle persone che trasportano merci. Sono uguali, in tutto il mondo e perfino nello spazio. Come potrei descriverle? Robuste? Coi piedi per terra? Sebbene sembri strano quando parlo di gente che viaggia nello spazio.
"Sono indubbiamente colletti blu. Il genere di individui che hanno fatto tutte e tre le nostre rivoluzioni. Non avevo la minima idea di come andare d’accordo con loro."
Tacque un momento, guardando il lago. — Io sono un intellettuale. Credo che sarebbe giusto dire così. Studio le idee. È questo che mi interessa. La teoria politica. La teoria della storia. La filosofia della scienza. Il rapporto fra persone e macchine.
"In realtà non mi importa molto delle comuni attività umane. Non gioco. Non ho nessun hobby. Non mi piace nessuno sport. Non guardo quasi mai Polovisione. Non mi sono mai sposato. Non ho figli. Bevo vino e birra, di solito con moderazione. Non bevo mai acquavite né vodka."
— Che cosa fai per divertirti?
— Leggo fantascienza, e penso.
— Sembra proprio uno spasso.
— Vedi? Riesci a immaginarmi circondato da lavoratori manuali?
Sorrisi. — No. Proprio no.
Lui annuì. — È stato terribile. Organizzavo corsi di teoria marxista. Non veniva nessuno. Cercavo di celebrare importanti eventi nella storia della lotta di classe. O mi ignoravano o usavano l’avvenimento come scusa per ubriacarsi. Passavo il tempo nelle aree di ricreazione, cercando di arrivare a conoscere l’equipaggio.
"Non riuscivo a comunicare con loro. Mi sembrava che parlassimo lingue diverse. Non avevo idea di cosa avvenisse nel loro intimo.
"Alcune cose venivano in superficie. Sapevo che amavano il sesso, l’alcol e il calcio. Conoscevo il nome dei loro spettacoli preferiti, e in buona parte li avevo visti almeno una volta. Guerra e pace. Attraversando gli Urali. Avventura in fondo all’oceano. I cosmonauti delle patate.
"Ma non comprendevo il loro modo di pensare. La struttura intellettuale. L’ideologia basilare. Per me non avevano alcun senso logico.
"Avrei dovuto piantare tutto e tornare sulla Terra. Mi sarei potuto trovare un lavoro nell’insegnamento. Mi sarei trovato bene in un’università o in un politecnico.
"Ma sono rimasto, anche dopo che avevo smesso di fare il funzionario politico." Mi rivolse un’occhiata e sorrise. "Ho rinunciato. Ho solo fatto finta."
Agopian mi ricordava qualcuno; era un po’ che cercavo di capire chi. Ora mi venne in mente. Eddie. Vivevano entrambi nella propria mente. Erano entrambi spinti alla passione dalla teoria.
E io che cosa amavo? mi chiesi. La luce del sole. Il cibo. Qualche corpo umano. Un paesaggio come quello che avevo davanti, abbastanza vasto da dare significato all’attività umana, e vivo.
— Diventava noioso — continuò Agopian. — Dovevo fare qualcosa. Così ho deciso di imparare un nuovo mestiere. Ho scelto navigazione spaziale.
— È così che hai preso la tua laurea?
Lui accennò di sì col capo. — Ed è stato così che finalmente sono arrivato a conoscere qualcuna delle persone sulla nave. Avevamo due navigatori spaziali. Facevo loro domande quando mi trovavo in difficoltà con il programma di apprendimento.
"Una di loro leggeva fantascienza. Mi ha detto che il cuoco aveva una notevole collezione personale. Veniva dalla Siberia. Un uomo enorme. Parlava a grugniti e non ero certo che fosse del tutto umano. Quando si è reso conto che leggevo anch’io fantascienza, ha incominciato a usare frasi complete.
"Mi prestava i suoi libri. Parlavamo di questi e della Siberia. Uno dei suoi fratelli è, o era, un addestratore di mammut. È per questo motivo che so qualcosa dei mammut."
Rigirò un’altra pietra col piede. Sotto non c’era niente all’infuori di ciottoli bagnati. — Questa è la fine della storia. Ho preso la mia laurea e non ho mai veramente imparato ad andare d’accordo con quelle persone. È andata meglio, ma c’era sempre qualcosa nel loro modo di pensare… — Scosse il capo. — O nel mio modo di pensare. Dopo tutto, loro sono la maggioranza.
Credevo davvero che quell’ometto sveglio fosse stato un fallimento? — Non hai lo stesso problema qui?
— No. Per prima cosa, non sono più un funzionario politico. Un navigatore spaziale non deve preoccuparsi di cose come l’agitazione e la propaganda. Tutto ciò che devo fare è stabilire dei numeri.
"In secondo luogo, ci vuole un genere di persona speciale per andare sulle stelle. Noi non siamo migliori del resto dell’umanità, ma siamo diversi. Riesco a capire la maggior parte delle persone qui."
— Chi altri risalirà il fiume? — chiesi.
— Tatiana. La Ivanova. Eddie. Tu e Derek. I nativi. Il signor Fang.
— È qui?
— Sì. È il rappresentante della posizione di maggioranza. È qui per osservare e assicurarsi che i nativi capiscano che la decisione spetta a loro.
Riflettei un momento. — Sembra proprio che saremo in tanti.
— Dovremo usare entrambe le imbarcazioni. Questo lascerà il campo in una situazione difficile. Credo che la Ivanova stia progettando di mandare su uno degli aeroplani a prendere altri rifornimenti, compresa un’altra imbarcazione.
— Non c’è dubbio che ci stiamo insediando.
— Solo provvisoriamente — disse Agopian.
Parlammo della riunione fissata per quella sera, poi ci separammo. Tornai nella mia stanza e mi misi qualcosa di più leggero, accesi il sistema di ventilazione e aprii il mio taccuino.
Fu un pomeriggio sgradevole. L’aria che entrava era calda e umida. Il mio lavoro andava male. Alla fine rinunciai. Non avevo alcuna disposizione per l’analisi, solo per l’osservazione. La realtà che vedevo era troppo complessa, mutevole e ambigua per adattarsi precisamente a una teoria.