Derek fece una capatina. — Marina vuole incontrare Nia. L’accompagno su per la scogliera.
Feci il gesto dell’intesa. Derek uscì e io andai a fare una passeggiata. Mi sentivo intrappolata, frustrata, scoraggiata. Avevo bisogno di lavorare, ma non con le idee. Mi fermai in cucina. Era piena di persone che preparavano la cena. — Posso essere di aiuto?
— Certamente — disse il biondino. — Porta queste scatole metalliche all’inceneritore e svuotale. Fa’ attenzione. Non rovesciare niente. Stiamo cercando di non contaminare l’ambiente. — Scosse il capo. — Odio distruggere quella roba. Ne verrebbe un mucchio di concime.
— Vuoi dire che non stiamo riciclando?
— Solo i piatti.
Provai qualcosa di simile all’orrore.
— Stiamo cercando di rendere completamente autonomo il campo. Niente che provenga dalla Terra finisce nel biosistema. In particolare niente di organico. O lo distruggiamo, o lo impacchettiamo e lo rimandiamo lassù. — Puntò il dito in direzione del soffitto. — È stato deciso di non impacchettare i fondi di caffè e le bucce d’arancia. È un vero peccato. Detesto assistere allo spreco.
Feci il gesto dell’approvazione, poi dissi: — Non ci siamo veramente presentati.
— Il mio nome è Pace-con-giustizia.
Restai in attesa.
— La mia gente non crede nei cognomi. Noi non apparteniamo a una linea di sangue o a un gruppo di parenti. Apparteniamo a noi stessi e a tutta l’umanità.
— Oh — esclamai e raccolsi una scatola.
Era un buon lavoro, faticoso. Le scatole erano pesanti e il portello dell’inceneritore era collocato male. Dovevo sollevare ogni scatola all’altezza della mia spalla per poterla svuotare.
Alla fine pulii le scatole e lavai il pavimento della stanza dell’inceneritore. Le scatole finirono in uno sterilizzatore. L’inceneritore andò avanti con un gran lampeggiare di spie luminose.
Mi facevano male le spalle e questa era una sensazione piacevole. Il mio rapporto sembrava un problema minore.
Cenai con il personale della cucina: tofu e verdure su un mucchio di riso scuro e colloso. Da una parte vi aggiunsi un po’ di salsa di soia con zenzero e aglio; dall’altra aggiunsi del succo di prugne fermentato. Delizioso!
Quando ebbi finito, Pace-con-giustizia disse: — Metteremo in ordine noi. Tu faresti meglio a prepararti per la riunione. Grazie, Lixia.
Tornai nella mia cupola, mi lavai e indossai dei vestiti puliti, poi mi recai nel salone. Soffiava un vento a raffiche e la maggior parte del cielo era coperta di nuvole. Ero quasi certa che sarebbe piovuto.
Tutt’a un tratto mi venne in mente una poesia. Era Anishinabe.
A volte vado in giro provando pena per me
e all’improvviso
un grande vento mi trasporta per il cielo.
Il salone era affollato. C’erano persone che portavano sedie dalla sala da pranzo. Eddie e Derek erano in piedi presso il bar.
— Com’è andata? — chiesi a Derek.
— Con Nia? Benissimo. Ha identificato l’animale. È raro e solitario. Depone uova.
— Un animale così grosso?
— I dinosauri deponevano uova. Marina è eccitata. Crede che stiamo osservando un biosistema in transizione. Animali che sono originari di questo continente vengono rimpiazzati da animali provenienti dalle isole o dall’altro continente.
— O dalla Terra — disse Eddie.
— No — ribatté Derek. — Il team medico sostiene che i nostri germi se la cavano molto male negli organismi indigeni. I batteri muoiono di fame. I virus non fanno niente. Non riescono a usare il materiale genetico locale. Non possono riprodursi. — Sorrise. — Gli organismi nativi se la stanno cavando un po’ meglio dentro di noi, soprattutto alcune specie di microscopici vermi parassiti. Liberation Minh è molto eccitata da questi. Hanno capacità che non ci aspettavamo affatto.
— La fai sembrare una buona notizia — osservò Eddie.
— Trovo la cosa interessante. E Liberation non pensa che i vermi costituiscano un vero pericolo.
— Uh!
Derek mi rivolse un’occhiata. — Il team medico dice che possiamo risalire il fiume.
— Bene.
Entrò la Ivanova, accompagnata da una dozzina circa di membri dell’equipaggio. Era uno spettacolo inquietante. Si muovevano come un solo elemento, sedendosi tutti insieme in poltroncine che erano state messe da parte da altri membri dell’equipaggio.
— È ora di incominciare — disse Derek. Si issò sul banco del bar.
Mi arrampicai al suo fianco, anche se in modo meno elegante.
Derek alzò una mano nel gesto nativo che chiedeva attenzione. Le persone tacquero. — Okay. Chi farà da moderatore?
— Qualcuno che sia neutrale — disse la Ivanova.
Un uomo domandò: — È qui il signor Fang?
Mi guardai attorno. C’era, seduto nella terza fila dal fondo. Era esile e asciutto, con un portamento eretto e un’espressione vigile. I capelli bianchi striati di grigio erano legati in una crocchia. Portava la sua solita divisa: camicia di cotone blu scolorito su pantaloni di cotone blu scolorito.
Sussurrò qualcosa alla giovane donna al suo fianco. Lei si alzò. — Il signor Fang non si sente in grado di fare da moderatore. La sua voce non è abbastanza forte.
— Allora fallo tu — ribatté l’uomo.
La giovane donna arrossì. — Io sono l’apprendista del signor Fang. Non so niente di come si parla in pubblico.
A quel punto smisi di ascoltare. Con ogni probabilità i cinesi avevano scelto qualcuno per presiedere, ma non volevano proporre la persona. Sarebbe stato presuntuoso e antidemocratico. Invece ci sarebbe stata una discussione. Mi guardai in giro per la stanza cercando di valutare il numero complessivo di persone presenti. Oltre un centinaio. Un terzo circa era costituito da membri dell’equipaggio. Dovevano aver fatto venire tutti dagli aerei a razzo. Sorrisi alle persone che conoscevo. Harrison Yee se ne stava in piedi sul fondo, appoggiato alla parete, a braccia conserte. Alzò una mano in un cenno di saluto. Strano, avrei dovuto vederlo prima di questa occasione.
Fu scelta la persona che doveva presiedere: una donna cinese di mezza età. Aveva una voce forte e ferma, con poco accento.
— Si sta facendo tardi. Queste persone dovranno alzarsi presto. Propongo un ordine del giorno molto limitato. Credo che due quesiti siano di particolare interesse per tutti i presenti.
"Anzitutto, che cosa è successo a Lixia e a Derek? Perché abbiamo perso i contatti con loro?
"E in secondo luogo, che cosa pensano che accadrà domani? Che cosa faranno i nativi?"
L’ordine del giorno venne approvato per alzata di mano. Derek fece un resoconto del nostro incidente. Fu conciso e chiaro. Io me ne stavo al suo fianco e mi sentivo a disagio. Non amavo particolarmente le riunioni e non mi andava di essere al centro dell’attenzione. Ero un’osservatrice e volevo trovarmi in mezzo al pubblico. Quando Derek ebbe concluso, la moderatrice mi chiese se avevo qualcosa da aggiungere.
— No.
— Vuoi rispondere tu alla domanda successiva?
— Che cosa faranno i nativi? Non ne ho la minima idea.
Derek aggiunse: — Sono abituati ai viaggiatori, e non hanno paura degli stranieri. Ma gli stranieri si limitano a passare. Per quanto siamo in grado di giudicare, le loro culture sono distinte le une dalle altre. Non si mescolano. Forse perché non hanno una tradizione di guerre. Non conquistano i loro vicini. Non si portano via a vicenda come schiavi. Non saccheggiano né stuprano. Non si rubano mogli.
— Questa è una tangente? — chiese la moderatrice.
— No. Se noi fossimo viaggiatori, ci farebbero una buona accoglienza. Ma noi intendiamo chiedere il permesso di restare. Non ho idea di come reagiranno.
Harrison Yee alzò la mano. La moderatrice puntò il dito verso di lui.
— Questa situazione non può essere del tutto nuova. Questo pianeta ha malattie e vulcani. Devono esserci stati villaggi che sono rimasti talmente danneggiati da qualche disastro naturale da non poter sopravvivere per proprio conto.