Feci il gesto dell’incertezza.
— Voi parlate troppo — s’intromise Ulzai. — E troppe delle parole che usate sono incomprensibili. Muoviamoci.
— A Ulzai piace certamente dire alla gente che cosa fare — intervenne Nia. Sbadigliò. — Aiya! È piacevole stare al sole. Credo che mi metterò a dormire.
Guardai il fiume. Nia incominciò a russare. Le nuvole continuavano a muoversi verso est finché il cielo non fu quasi del tutto sereno.
I due uomini tornarono. Derek aveva il suo ramo e un rotolo di lenza.
— Come sta l’oracolo? — m’informai.
— È stanco. Gli fa male il braccio. Ha mangiato tutta la frutta.
— Uh!
— Già. — Derek legò la lenza alla canna, poi vi legò un amo. Staccò con i denti il pezzo di polipropilene in eccesso, lo piegò e lo raccolse. — Non possiamo lasciare ricordi di una cultura superiore. — Si ficcò il polipropilene in una tasca della camicia, poi rovistò in un’altra tasca, dalla quale tirò fuori un bruco. Era grasso e giallo. Infilò l’amo nell’animale. Questo si contorse. Distolsi lo sguardo.
Notai che Ulzai osservava tutto con interesse. Nia continuava a russare.
Derek si mise di nuovo la mano in tasca e tirò fuori un piombino, che sistemò e schiacciò sulla lenza. — Per fortuna questo è un pianeta ricco di metallo. Se perdessi il piombino, non è probabile che influenzi il corso della storia. Ma è meglio che non perda la lenza. L’Unità sa che cosa succederebbe se questi selvaggi scoprissero il polipropilene.
Ulzai si accigliò. — Capisco solo metà di quello che state dicendo.
— Parlano sempre così — disse Nia. Si drizzò a sedere. La sua pelliccia era asciutta. Riluceva bruna con riflessi rame e rossicci. — Questo mi fa infuriare. Gliel’ho detto. Ma continuano nello stesso modo di prima.
— Vado giù alla spiaggia — dichiarò Derek. — C’è un vortice che sembra interessante in prossimità della riva. Alla portata di questo dannato attrezzo, credo. Vorrei aver portato con me una canna da pesca pieghevole e un buon mulinello. Avrei potuto escogitare un modo di portarlo giù di nascosto. — Guardò Ulzai. — Forse dovrò entrare con i piedi nell’acqua. Sarà pericoloso?
— No. Le lucertole non vengono su questo lato dell’isola. Non spesso, comunque. Amano l’acqua lenta. Il fondo del fiume scende troppo ripidamente in questo punto e la corrente è rapida. Sii prudente. Se catturi qualcosa con il tuo palo da tenda, seppellisci a terra le interiora. Mai mettere qualcosa di sanguinolento nell’acqua. Le lucertole sentiranno il gusto del sangue e arriveranno.
— Okay — disse Derek.
— E la mia lucertola allora? — chiesi. — Quella che ho visto? Era su questo lato dell’isola.
— Era sulla terra — rispose Ulzai. — Quando tornerà nell’acqua, si troverà un posto dove il fondo è basso e la corrente si muove appena. Conosco questi animali. Non hanno il coraggio degli umazi.
Derek ci lasciò e si allontanò lungo la riva. Si fermò a guardare il fiume, inclinando il capo e meditando su qualcosa che io non potevo vedere: il vortice. Poi entrò nell’acqua, facendo roteare la lunga canna. La lenza cadde in acqua. Lui sollevò un poco la canna, poi rimase immobile. Noi restammo a guardarlo. Non successe niente.
— Sa come restare fermo — osservò alla fine Ulzai. — Come tutti i buoni cacciatori.
Nia fece il gesto dell’approvazione, poi si alzò e si infilò la tunica, quella che era appartenuta a Inahooli. Era spiegazzata e piena di macchie. Avevamo tutti un aspetto piuttosto trasandato.
— Atcba - esclamò Ulzai.
La canna si stava piegando. Derek aveva cambiato presa. Ora teneva strettamente la canna, che si piegò di più. Derek fece qualche passo più al largo.
— Sta’ attento — gli disse Ulzai.
Il pesce scendeva in profondità.
No! Uscì dall’acqua di fronte a Derek: un corpo lungo e scuro che si dimenò a mezz’aria e ricadde del fiume. Splash! La canna si piegò di nuovo.
— Un pesce piuttosto grosso — commentò Ulzai. — Ma non vale la pena catturarlo. Quella specie è piena di lische. E il sapore… — Fece il gesto che significava "potrebbe essere peggiore".
Derek sollevò la canna. Il pesce stava probabilmente risalendo. Sì! Saltò di nuovo, guizzando alla luce del sole, e ricadde. Derek abbassò la canna. Il pesce correva verso il centro del fiume. La lenza balenò, visibile per un istante. Notai che era tesa. Derek si voltò, costringendo il pesce a muoversi in tondo e guidandolo di nuovo verso riva.
— È interessante — disse Ulzai. — Ma non credo che sia un buon modo di catturare pesci. Ci vuole un sacco di tempo, questo è evidente. E il pesce potrebbe fuggire… anche ora, dopo tutti gli sforzi che ha fatto per prenderlo.
Dissi: — Mmm.
Ora il pesce era nell’acqua bassa. Derek sorrise. Un istante dopo esclamò: — Maledizione!
La lenza era invisibile al momento, e così il pesce. Ma scorgevo delle increspature zigzaganti sulla superficie dell’acqua, fatte dalla lenza dove entrava nell’acqua. Le increspature si allontanavano dalla riva. Il pesce aveva cambiato di nuovo direzione.
Derek lo lasciò correre finché non arrivò alla fine della lenza, poi incominciò a tirarlo una seconda volta. Sudava. Il suo viso luccicava e c’erano chiazze scure sulla sua camicia.
— L’ho già visto su alcuni animali — osservò Ulzai. — Dalla loro pelle esce acqua quando il tempo è molto caldo o quando hanno fatto qualche grosso sforzo.
— Sì — dissi.
— Non c’è dubbio che siate degli individui singolari. Che cosa significa? Che sta faticando?
— Sì.
— Quando un uomo usa una lancia, sa immediatamente se ha il pesce oppure no. Può darsi che debba aspettare molto prima di avere una possibilità di colpire, ma non deve faticare tanto quanto quest’uomo.
Stavo ascoltando un tipico pescatore dei ghiacci. Che cosa potevo dire a una persona così? Non avrebbe mai compreso il piacere che Derek traeva dalla lotta con il pesce. Sebbene in quel momento non sembrasse affatto un piacere.
Il pesce risalì in superficie. La schiena scura luccicò. Intravidi una pinna dorsale frastagliata. Si tuffò e riemerse di nuovo.
— Avanti, piccolo — disse Derek. Sollevò la canna e fece un passo indietro. — Ci siamo! Te lo prometto, ti sarò grato. Canterò le tue lodi. Non rimpiangerai di essere venuto da me.
Il pesce si dimenò. Derek fece un altro passo verso la riva. — Ci siamo — ripeté.
Il pesce si lasciava portare dalla corrente appena sotto la superficie dell’acqua. Riuscivo a vederlo: una forma lunga e affusolata, simile a un sigaro o a un siluro. Era quasi immobile.
Derek cambiò la presa, muovendo una mano dopo l’altra lungo la canna finché non arrivò alla punta. L’estremità posteriore cadde nella sabbia dietro di lui. Ora afferrò la lenza. Il pesce si dibatteva debolmente. Derek lo tirò su e l’afferrò, serrando le dita dietro le branchie. Lo sollevò. L’animale si contorse. Era lungo mezzo metro con il ventre marrone chiaro e il dorso di un bruno scuro. Le pinne erano spinose e la bocca piena di denti. Derek estrasse l’amo. Stava sorridendo.
— Un altro capitolo per il libro che sto progettando di scrivere. Pesca sportiva della Galassia. Credo che mentirò riguardo al peso della lenza.
— Ulzai sostiene che quella specie non è molto gustosa. E ha un sacco di lische.
— Dannazione. — Sollevò più in alto il pesce. — Prometto che ti coprirò di lodi.
— Potresti gettarlo di nuovo in acqua — dissi.
— È sfinito. Gli ho appena causato un grosso danno alle branchie. Se lo lasciassi andare, morirebbe. Avrò accresciuto il mio fardello karmico e resterò senza cena. — Scosse il capo. — Se proprio non è velenoso, lo mangerò.