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— Gliel’ho detto. Ma lui sostiene che potremmo farlo in modo non evidente. Potremmo travisare le parole. Deformarle un po’. Cambiare l’intonazione.

— Non posso credere questo di Eddie. Lavoro con lui da anni.

— Credi che io ti stia mentendo?

Lo guardai, ma non vidi quasi niente. — No — risposi alla fine. — Che cosa gli hai detto?

— Ho detto che il rischio era troppo grande e tutto quello che ci avremmo guadagnato sarebbe stato solo un po’ di tempo. La Ivanova e i suoi non hanno alcuna intenzione di fare i bagagli e tornarsene a casa. Vogliono restare su questo pianeta. Proseguiranno fino al villaggio successivo e chiederanno il permesso di sbarcare. Dovremo mentire di nuovo.

"E che cosa conta di fare, gli ho chiesto, quando verrà giù il resto del team sociologico? Chiedere a tutti quanti di mentire? Quanto tempo passerà prima che qualcuno dica di no e si rivolga al consiglio dell’intera nave?"

— Per te questa non è una questione etica — dissi.

— Sono disposto a mentire. Ma soltanto per ragioni mie e solo se sarò sicuro di non essere scoperto. Non mentirò per Eddie. — Fece una pausa. Quando parlò di nuovo, la sua voce era cambiata. Il tono beffardo era sparito. — Non sono certo che l’intervento sia una cattiva idea. Eddie non viene da una cultura con una tecnologia preindustriale. Quando lui va sul campo, si porta una moderna cassetta di pronto soccorso e una radio. Se si trova in difficoltà, può chiedere aiuto. Non si è mai trovato a fare il genere di esperienze che abbiamo fatto noi, qui su questo pianeta. E non ha mai dovuto passare quello che ho passato io, quando stavo crescendo.

— Gli hai risposto di no.

— Gli ho detto forse. Nel modo più prudente possibile, nel caso ci fosse stato un registratore acceso. Ma lui pensa di avere una possibilità di trascinarmi dentro.

— Perché l’hai fatto?

— Non prendo mai una decisione in modo frettoloso, amor mio. E non limito mai le mie possibilità di scelta finché non sono costretto.

— Non ti capisco.

Lui scoppiò a ridere.

Aspettai.

— Eddie riconosce che il suo piano servirà soltanto a guadagnare tempo. Interessante, vero, come le metafore sul guadagnare e vendere siano rimaste nel linguaggio? Noi guadagnamo tempo. Vendiamo il nostro onore. Lui sostiene di non sapere realmente che cosa ne farà del tempo, ma non vuole lasciare che queste persone facciano la stessa fine del suo popolo nelle Americhe. È disposto a rischiare ogni cosa nella speranza di impedirlo.

— Uh.

— Va’ su da Nia e dall’oracolo. Io penso che andrò in cerca di una bottiglia di vino. È passato parecchio tempo dall’ultima volta che mi sono ubriacato.

Mi inerpicai su per la scogliera, perdendomi di nuovo. Non saprei dire per quanto tempo mi aggirai alla cieca, impigliandomi nei cespugli, inciampando nelle radici e scivolando lungo pendii di pietre e terriccio per poi arrampicarmi di nuovo, imprecando.

Alla fine trovai il bivacco. Entrai nel cerchio di luce del fuoco. L’oracolo alzò lo sguardo. — Hai i capelli pieni di foglie, e hai della terra sulla faccia.

— Non mi sorprende. — Lasciai cadere le coperte. — Eccole. Maledizione! Ho dimenticato qualcosa in cui mettere l’acqua!

Nia fece il gesto che significava "non ha importanza". L’oracolo prese una coperta e la strofinò con la mano. — Mi piace il tessuto, anche se non è soffice come la lana che si ricava dalle schieneargentate. — Si avvolse nella coperta.

Presi anch’io una coperta e mi coricai nella grotta. Restai qualche tempo a osservare la luce del fuoco che guizzava sulla parete e sul soffitto di roccia.

Mi svegliai con la luce del sole. L’oracolo era seduto nella radura accanto al fuoco ed era occupato ad aggiungere rami. I suoi vestiti, i pantaloncini blu e la camicia di cotone giallo, erano già un po’ sporchi.

— Dov’è Nia?

— È scesa a controllare le sue trappole per i pesci.

Mi alzai e presi il coltello dalla mia tasca. — Avrà bisogno di questo. Vado giù al villaggio a mangiare.

— Sei fortunata! Vorrei avere un posto dove mangiare. Mi sto stancando del pesce.

— Forse posso rimediare qualcosa.

Questa volta il tragitto fu agevole. Il sentiero per scendere era ben visibile. Mi chiesi chi l’avesse tracciato. Era venuto qui qualcuno?

Andai nella mia cupola e mi feci una doccia, poi indossai nuovi vestiti: una tuta di un rosso borgogna, una cintura bianca, calzini bianchi e sandali giapponesi. Mi fissai i capelli alla base del collo e guardai con espressione corrucciata la mia immagine riflessa. Decisamente avevo bisogno di tagliarmi i capelli, ma in quale stile? Forse avrei dovuto aspettare finché non fossi tornata sulla nave. Meiling sapeva sempre che cosa andava di moda. Andai in sala da pranzo.

Eddie e Derek erano seduti insieme. Oggi se ne stavano all’ombra, ed Eddie non portava occhiali. Presi del caffè e una focaccina e mi avvicinai.

— È un bene che ti sia fatta vedere — disse Derek. — Eddie ha deciso che dobbiamo tenere una riunione.

Mi sedetti e mi versai il caffè. Che aroma! Come avevo fatto a sopravvivere senza?

— Stavo dicendo a Derek — cominciò Eddie — che dovresti iniziare a lavorare sui tuoi rapporti. Sei in un nuovo ambiente adesso. Ricevi un nuovo genere di informazioni che incominceranno a interferire.

— La Legge della Memoria di Gresham — osservò Derek.

— Che cosa?

— Le nuove informazioni scacciano quelle vecchie. Le informazioni sbagliate scacciano quelle giuste.

Imburrai la focaccina, che era di crusca, noce e banana. — Non credo che quella formulazione sia esatta.

— È superficiale e inutile — disse Eddie. — Tale quale l’umore di Derek stamattina, a quanto sembra. — Lanciò un’occhiata al taccuino che aveva di fronte. Era aperto e c’erano dei caratteri sullo schermo. — Incomincerai a lavorare sul tuo rapporto, Lixia?

— Sì.

— Oggi?

— Sì.

Eddie premette un tasto del taccuino. Una fila di caratteri sparì. — Il team medico dice di volervi tenere sotto osservazione ancora per un giorno.

— Non noi personalmente — precisò Derek. — Stanno tenendo sotto osservazione le nostre colture. Se entro domani sera non accadrà niente di strano o di terribile, potremo tornare a lavorare.

Eddie sembrava impaziente, ma lasciò che Derek finisse di parlare. Poi si protese in avanti. — La Ivanova e io vogliamo che tu venga con noi quando risaliremo il fiume.

Feci il gesto che significava "lo so".

— Ci verrai?

— Sì.

Premette di nuovo il tasto. Un’altra riga di caratteri sparì. — Derek ha suggerito di chiedere a Nia e all’oracolo di venire con noi.

— Non so se sia una buona idea. Nia viene da quel villaggio. Loro l’hanno mandata in esilio. Non le faranno del male se tornerà, ma è probabile che non le riservino un’accoglienza particolarmente calorosa.

— Chiediglielo — fece Derek.

— Perché vuoi che venga?

— Lei e l’oracolo ne sanno di più sugli umani di chiunque altro su questo pianeta. Potrebbero avere qualcosa di utile da dire sul problema che abbiamo per le mani. E non voglio lasciare loro due da soli in mezzo a un posto estraneo. Non possiamo dare loro viveri, e non so come la penseranno le persone riguardo al problema di fornire loro utensili e armi. Dio solo sa che cosa accadrà se questi selvaggi si procureranno ami da pesca o coltelli con la lama di acciaio inossidabile. E… — Sorrise. — Mi preoccupa l’idea di lasciarli qui indifesi. Quelli del team medico vogliono esaminarli. E così i biologi e gli psicologi e…

— Che cosa ne pensi? — domandò Eddie.

Finii la focaccina, mandandola giù con il caffè. — Tanto vale chiederglielo. Derek ha ragione. Nia ha una certa esperienza dell’umanità. Non possiamo lasciarla sola sulla pianura. E non vorrei proprio tornare e scoprire che se ne è andata a causa di quelli del team medico. Non mi stupirei se lo facesse. Non è del tutto a suo agio con noi, e un esame medico può essere abbastanza disumanizzante, perfino quando si sa che cosa sta succedendo.