«No. Qui.»
«È qui?»
«Sì.» La donna corrugò la fronte.
«Sta giocando a golf qui?»
«Il golf è dietro.»
«Ha un green», intervenne Petra ricordando quanto le aveva raccontato Susan Rose del programma televisivo.
«Possiamo parlargli, signora Flores?»
La donna lanciò un’occhiata ai due aiutanti dello sceriffo, poi si girò a guardare i battenti spalancati della porta d’ingresso. All’interno Petra scorgeva pareti e pavimenti color bianco latte.
«Volete entrare?» domandò Estrella Flores.
«Solo con il permesso del signor Ramsey, signora.»
Perplessità.
«Perché non va ad avvertire il signor Ramsey che siamo qui, signora Flores?»
Petra le sorrise di nuovo. Questa volta servì. Estrella Flores tornò alla casa dondolando sulle gambe storte.
Non molto più tardi uscì correndo Cart Ramsey, seguito da un uomo biondo.
Il detective dei teleschermi indossava una polo verde mela, jeans e scarpe da corsa. Forma fisica tutt’altro che disprezzabile per un uomo della sua età, che Petra giudicava tra i quarantacinque e i cinquanta. Quasi un metro e novanta di statura, un centinaio di chili addosso, spalle potenti, fianchi stretti, ventre piatto, vita asciutta, niente maniglie dell’amore. Bruno, capelli ricci, teleabbronzatura.
La mascella.
I baffi. Come si chiamava il suo personaggio? Dack Price.
Il suo compagno era più o meno della stessa età, altrettanto prestante, stessa categoria di spalle squadrate, ma fianchi più larghi. Più aderente all’immagine classica della mezza età: significativo rigonfiamento sopra la cintura, allentamento della pelle sotto la mascella, tremolio pettorale nella corsa. I capelli biondi andavano diradando, lunghicci sul collo, qualche spiraglio di cute rosata all’apice. Portava un paio di occhialetti da sole rotondi con le lenti nere. Indossava una sgargiante camicia di seta blu a maniche lunghe, di un paio di numeri troppo grande, e i calzoni neri di cotone con le pince gli stringevano la vita. Ramsey lo precedette senza fatica e raggiunse l’automobile senza affanno.
«Polizia? Che cosa c’è?» Voce profonda da TV.
Stu gli mostrò il distintivo. «Spiacente, signore, ma abbiamo qualche brutta notizia.»
Un lampo di irrequietudine mosse gli occhi celesti di Ramsey. Sbatté due volte le palpebre, s’immobilizzò. Occhi molto chiari, che contrastavano in modo particolare con l’abbronzatura color terra di Siena bruciata, anche se da vicino Petra constatò che i suoi capelli erano di un nero un po’ troppo denso perché il colore fosse naturale e la pelle era granulosa con i pori aperti nelle guance e venuzze che si diramavano intorno al naso. Troppe vodka da camerino? Troppi anni di trucco teatrale?
«Che notizie? Di che cosa si tratta?» la voce di Ramsey aveva cominciato ad appesantirsi di panico.
«La sua ex moglie…»
«Lisa? Cos’è successo?»
«È morta, signore.»
«Cosa?» Occhi sgranati. Le sue mani si chiusero in pugni enormi e i suoi bicipiti si gonfiarono. Con un’espressione debitamente contrita, Petra gli esaminò le braccia a caccia di tagli o lividi. Niente. Lo stesso stavano facendo De la Torre e Banks, senza che l’attore se ne rendesse conto. In quel momento si stava coprendo il volto, chinandosi in avanti.
Arrivò ansimando il biondo in camicia blu, con gli occhiali da sole storti. I suoi capelli erano troppo biondi, un altro lavoro di tintura, con tutta probabilità. «Che c’è, Cart?»
Cart non rispose.
«Cart?»
Ramsey parlò da dietro la mano. «Hanno detto… Lisa…» Con una strozzatura della voce tra le parole.
«Lisa? Che cosa le è successo?»
Ramsey abbassò la mano e si girò verso di lui. «È morta, Greg! Mi stanno dicendo che è morta!»
«Oh mio Dio!… Cosa… Come!…» Greg guardò i poliziotti a bocca spalancata.
«È morta Greg!» urlò Ramsey «Guarda che qui non siamo sul set!» E per un momento parve che intendesse aggredirlo.
Si girò invece all’improvviso dall’altra parte. «Siete sicuri che sia lei?» domandò a Petra.
«Temo di sì, signor Ramsey.»
«Come potete?… Io non… lei… come? È pazzesco… dove? Cos’è successo? Che cosa diavolo è successo? Un incidente d’auto?»
«È stata assassinata, signor Ramsey», rispose Petra. «È stata ritrovata stamattina al Griffith Park.»
«Assassinata?» Ramsey tornò a piegarsi sulle ginocchia e si coprì la bocca, questa volta con entrambe le mani. «Gesù, Dio mio», farfugliò. «Griffith Park… cosa diavolo ci faceva?»
«Non lo sappiamo, signore.»
Sarebbe stato un buon attacco per Ramsey, ma l’attore si limitò a ripetere: «Stamattina? Oh Dio, non posso crederci!»
«Nelle prime ore del mattino, signore.»
Ramsey prese a scuotere la testa. «Griffith Park? Non capisco. Perché sarebbe andata al parco nelle prime ore del mattino? È stata… come è stata…»
Greg il biondo si avvicinò per accarezzargli una spalla. Ramsey lo scacciò, ma l’altro non reagì. Ci era abituato?
«Entriamo, Cart», gli consigliò. «Possono raccontarci i particolari in casa.»
«No, no, devo sapere», protestò Ramsey. «Le hanno sparato?»
«No, signore», rispose Stu. «Accoltellata.»
«Oh, Cristo.» Ramsey si abbassò di qualche altro centimetro. «Sapete chi è stato?»
«Non ancora, signore.»
Ramsey si passò una mano sui capelli. Macchie sul dorso, notò Petra. Ma una mano grande, forte, con dita grosse e potenti, solide unghie squadrate.
«Oh, merda! Lisa! Non ci credo! Oh, Lisa, che cosa hai fatto mai?» Rivolse la schiena ai detective, compì qualche passo, si piegò di scatto come in procinto di vomitare, poi rimase così. Petra vide un fremito che gli percorreva la schiena ampia.
Il biondo si lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. «Io sono Greg Balch, mi occupo degli affari del Signor Ramsey.»
Ramsey ruotò all’improvviso su se stesso. «Qualcosa a che fare con gli stupefacenti?»
Un secondo di silenzio. «Perché», chiese allora Stu, «la signora aveva qualche problema di droga?»
«No, no, solo che qualche tempo fa… per la verità non è… non era più la signora Ramsey. Abbiamo divorziato sei mesi fa e lei aveva ripreso il suo nome da nubile. È stata una separazione amichevole, ma… non ci frequentavamo.» Si coprì di nuovo la faccia e cominciò a piangere. Grandi, straziati singhiozzi baritonali. Petra non poté vedere se c’erano lacrime.
Balch gli passò un braccio intorno alle spalle e l’attore si lasciò riaccompagnare in casa. I poliziotti li seguirono. Qualche istante dopo Petra riuscì a intercettare lo sguardo di Ramsey e vide che i suoi occhi erano asciutti, presenti, nessun arrossamento del bianco, limpide iridi cerulee.
In casa c’era odore di bacon. La prima cosa che Petra notò, dopo che ebbe assimilato il soffitto a cinque metri d’altezza e gli oggetti pseudoartistici e gli innumerevoli elementi di arredamento tutti color latte come se fossero passati in una tinozza di yogurt, fu la rimessa.
Perché una parete era costituita da una vetrata dalla quale si dominava il box attiguo. Che definire box sarebbe stato come dire che Leonardo da Vinci era un vignettista.
Un hangar, piuttosto, con le pareti bianco calce e i pavimenti di granito nero, faretti neri a rotaia montati sul soffitto. Cinque posti macchina, dei quali solo quattro occupati. E nessuna limousine, tutte vetture da collezione: decappottabile Ferrari rossa con muso aggressivo, Porsche grigio antracite sportiva con il numero di gara sulla portiera, Rolls-Royce berlina nera, con finiture bordeaux, sinuosi parafanghi da togliere il fiato e gigantesco, abbacinante radiatore cromato e, a fare da mascotte, con il cofano di cristallo, probabilmente Lalique, una Corvette decappottabile, forse anni Cinquanta, dello stesso blu della camicia di seta del manager Greg Balch.