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Di nuovo i suoi occhi cambiarono e Petra fu certa che la stesse valutando. I suoi compagni si erano accorti di qualcosa? Non che lo dessero a vedere: De la Torre si stava di nuovo lustrando gli occhi con le automobili, mentre Stu e Banks sedevano al loro posto, indecifrabili.

Petra si toccò i capelli e accavallò le gambe. Ramsey non abbassò lo sguardo, ma le sue pupille si dilatarono per una frazione di secondo al frusciare del crèpe nero. Petra lasciò dondolare la caviglia.

«Non c’è niente da raccontare», affermò lui.

«È stata davvero una cosa da niente», ribadì Greg Balch. Anche lui aveva gii occhi azzurri, ma di una tinta opaca e insipida, che soccombeva nel confronto con quella di Ramsey. «Lisa aveva un piccolo problema di coca, nient’altro.»

Ramsey gli lanciò un’occhiataccia. «Dannazione, Greg!»

«Tanto vale che lo sappiano, Cart.»

Mantenendo lo sguardo torvo, Ramsey trasse un respiro. «E va bene, va bene. Fondamentalmente è stata la coca a mettere la parola fine al nostro matrimonio. Anche se, a essere sinceri, la differenza di età ha pesato non poco. Io appartengo a un’altra generazione, quella di gente che quando andava a un party, ci andava per chiacchierare e ballare. Mi piace bere in compagnia, ma non di più. A Lisa piaceva sniffare… Gesù, non posso credere che non ci sia più!»

Stava per nascondersi di nuovo il volto tra le mani e Petra parlò a voce un pochino più alta per impedirglielo.

«Quanti anni aveva Lisa, signor Ramsey?»

Lui alzò gli occhi, li abbassò sulle ginocchia di lei, poi li levò di nuovo a guardare nei suoi. «Aveva», ripeté. «Aveva… Non posso pensare che da questo momento in avanti dovrà essere era, aveva… Aveva ventisette anni, detective…»

«Connor.»

«Ventisette, detective Connor. L’avevo conosciuta quattro anni fa a un concorso di Miss Simpatia. Io ero nella giuria e lei era Miss Ohio. Suonava il sax e aveva una gran voce. Ci siamo frequentati per un po’, abbiamo vissuto insieme per un anno, ci siamo sposati. Poi divorziati. Prima volta per tutti e due… Si vede che avevamo bisogno di fare pratica… C’è nient’altro? Perché tutto questo è…» Si toccò il collo. «Mi sento a pezzi. Ho veramente bisogno di restare solo.»

«Ragazzi», intervenne Balch. «Possiamo concedere al signor Ramsey un po’ di privacy?»

Ramsey continuò ad accarezzarsi il collo. Il suo volto si era scolorito e la sua espressione stava diventando quella di una persona stordita da un’esplosione ravvicinata.

Petra addolcì il tono della voce. «Scusi, signore, so com’è difficile per lei. Ma alle volte i fatti che emergono sotto stress sono i più preziosi e io so che lei desidera che troviamo l’assassino di sua moglie.»

Aveva scelto volutamente di riferirsi alla moglie e non alla ex moglie per vedere se Ramsey l’avrebbe corretta.

Non lo fece, si limitò ad annuire debolmente.

Balch fece per parlare, ma Petra lo precedette: «Sa chi le procurava la droga, signor Ramsey?»

«No. Non voglio che sembri che era una consumatrice abituale. Sniffava per divertimento, era solo un gioco. Per quel che ne so non la comperava mai. Gliela regalavano.»

«Chi?»

«Non ne ho idea. Non era il mio mondo.» Ramsey si raddrizzò. «Procurarsi stupefacenti nel giro dell’Industria non è difficile. Sono sicuro di non essere io a dovervelo spiegare. C’è forse qualche particolare in quello… quello che è successo… che vi fa sospettare che c’entri la droga?»

«No, signore. Partiamo letteralmente da zero.»

Ramsey aggrottò le sopracciglia e si alzò all’improvviso. Balch lo imitò, piazzandoglisi al fianco.

«Chiedo scusa, ma devo veramente riposare. Sono appena tornato da una trasferta di lavoro a Tahoe, dove non ho avuto occasione di tirare il fiato per due giorni. Ho letto i copioni in aereo, poi Greg mi ha fatto firmare delle carte e ieri siamo crollati di buon’ora tutti e due. Adesso questa storia. Gesù.»

Un alibi dettagliato servito su un piatto d’argento senza che fosse stato sollecitato, pensò Petra. Affaticato, ma sveglio ed efficiente l’indomani mattina, fuori a giocare a golf.

Tutti e quattro i poliziotti ascoltavano con attenzione. Nessuno parlava. A nessuno era consentito sondare troppo a fondo.

Balch riempì il silenzio. «Sono stati due giorni molto lunghi. Siamo schiantati tutti e due come se ci avessero tramortito con una legnata.»

«Lei ha passato la notte qui, signor Balch?» chiese Petra, sapendo di spingersi sul ciglio di un terreno pericoloso. Lanciò un’occhiata a Stu. Lui le rivolse un cenno impercettibile.

«Sì. Del resto non è la prima volta. Vivo alle Rolling Hills Estates e preferisco evitare di fare tutta quella strada quando sono molto stanco.»

Gli occhi di Ramsey stavano diventando vitrei. Erano puntati al pavimento.

Stu lanciò un altro segnale a Petra con un movimento della testa e tutti e quattro si alzarono. Stu porse il suo biglietto da visita a Ramsey, che lo intascò senza guardarlo. Tutti si diressero alla porta. Petra si ritrovò a camminare accanto all’attore. «Dunque chiamerà lei i genitori di Lisa, detective?»

«Sì, signore.» Anche se era stato Stu a offrirsi di farlo.

«Dottor John Everett Boehlinger. Sua madre si chiama Vivian.» Le riferì l’indirizzo e si fermò con lei in attesa che lo trascrivesse. Balch e gli altri li sopravanzavano di qualche metro, già vicini alla vetrata della rimessa.

«Chagrin Falls, Ohio», rilesse Petra.

«Strano nome, vero? Come se gli abitanti si dispiacessero di viverci. Era certamente così per Lisa. Lei amava L.A.»

Petra sorrise. Ramsey contraccambiò.

La giudicava. Ma non come poliziotto. Come donna. L’ex marito devastato dal dolore la stava valutando con gli occhi del maschio che esamina la femmina.

Non era un’analisi di cui era spesso vittima. Petra non si considerava una Venere, ma sapeva quando la stavano vagliando.

«L.A. era il posto giusto per Lisa», riprese Ramsey, mentre s’incamminavano di nuovo. «L’energia che la pervade era in sintonia con il suo carattere.»

Arrivarono alla vetrata. Petra gli tese la mano. «Grazie, signore. Sono rammaricata dal motivo della nostra visita.»

Ramsey le prese la mano, gliela trattenne, gliela strinse. Asciutta e tiepida. «Ancora non riesco a credere che sia successo. È irreale… come un copione.» Si morsicò il labbro inferiore, scosse la testa, le liberò la mano. «Probabilmente non potrò dormire, ma sarà meglio che ci provi prima che mi piombino addosso gli avvoltoi.»

«I giornalisti?»

«È solo questione di tempo. Voi non divulgherete il mio indirizzo o il mio numero di telefono, vero?»

Prima che Petra potesse rispondere, si rivolse a Balch. «Chiama il cancello e di’ alla guardia di non lasciare passare nessuno. Chiama subito.»

«Senz’altro.» Balch scomparve.

Petra toccò il vetro, inarcò le sopracciglia, fece mostra di contemplare le automobili.

Ramsey alzò le spalle. Per un uomo di mezza età, era abile negli atteggiamenti infantili. «Fai collezione di giocattoli e un giorno ti accorgi che non hanno nessun significato.»

«Ma non c’è niente di male nel possedere oggetti preziosi», commentò Petra.

Un guizzo negli occhi celesti di Ramsey. «Suppongo di no.»

«Di che hanno è la Ferrari?»

«Del ’73», rispose Ramsey. «Daytona Spider. Apparteneva a uno sceicco petroliere. L’ho presa a un’asta. Ha bisogno di essere messa a punto tutte le settimane e un’ora al suo volante ti spacca la schiena, ma è un’opera d’arte.»

Nella sua voce era affiorata una vena di entusiasmo. Quasi per essersene reso conto, fece subito una smorfia scuotendo di nuovo la testa.