Выбрать главу

Contrassegnò le droghe e le ripose in due buste, quindi richiamò gli agenti dal balcone, mostrò loro la cocaina e chiese loro di portarla al deposito di Hollywood.

Posato sopra il comò c’era un portagioie. Perlopiù bigiotteria, a parte due fili di perle coltivate. Dunque Lisa per quell’ultima sera aveva indossato i pezzi migliori della sua collezione. Un appuntamento importante? Petra passò agli altri cassetti.

Trovò lingerie maliziosa, ma mai volgare, un paio di camicie da notte molto pratiche di flanella, biancheria intima di cotone e seta, T-shirt e calzoncini, pullover e maglie e tre paia di blue jeans di produzione francese, freschi freschi di lavanderia e acquistati da Fred Segai in Melrose. Gli indumenti contenuti nella cabina-armadio, completi di giacca e pantaloni, vestiti, sottane e camicette, erano firmati da Krizia, Versus, Emporio Armani, taglie quarantaquattro e quarantasei.

Molto nero, un po’ di bianco e rosso, un pizzico di beige, una sola sottana a portafoglio in jacquard di un verde così brillante che spiccava come un pappagallo su un albero morto. Per terra, punte all’infuori, erano allineate su tre file precise trenta paia di scarpe. Quelle importanti erano tutte Ferragamo, quelle per tutti i giorni erano Kenneth Cole. Due paia di scarpe da corsa bianche, uno quasi nuovo.

Nel cassetto del comodino Petra trovò un libretto di assegni della Citibank, un libretto di risparmio della filiale della Home Savings situata in Beverly Hills e, infilato tra le matrici del libretto degli assegni, il biglietto da visita di un broker della Merrill-Lynch a Westwood, un certo Morad Ghadoomian, di cui trascrisse nome e numero.

Tremila dollari su un conto corrente, ventitremila e rotti su un libretto di risparmio, con due rilevanti depositi mensili: i settemila dollari degli alimenti e altri tremilaottocento che dovevano essere quelli del suo stipendio di editor.

Spiccavano anche due prelievi mensili, altrettanto regolari, per l’importo di duemiladuecento il primo, presumibilmente per l’affitto, e milleduecento il secondo, probabilmente il salario di Patsy K. Le spese correnti variavano dai due ai quattromila dollari mensili.

Più di diecimila di entrate al mese, cinque o sei di uscite, per un saldo che le metteva a disposizione una bella sommetta con cui una ragazza single aveva di che divertirsi. Lo stipendio le veniva versato al netto delle tasse. Quelle sugli alimenti le avrebbero sottratto parte del reddito e una fetta ancora maggiore della torta se la sarebbero mangiata la coca e gli abiti firmati, ma visto che Lisa era riuscita a mettere via ventitremila dollari, c’era da ritenere che il suo vizio non era stato di dimensioni mostruose.

Qualche sniffata a casa. Forse anche sul lavoro, con gli omaggi dei colleghi dell’Industria.

In cambio di che cosa?

Ramsey era il primo indiziato, ma c’erano un sacco di lacune da colmare.

Finì verso le tre e mezzo, trascrisse il nome dell’amica presso la quale Patsy K. avrebbe alloggiato ad Alhambra e ordinò agli agenti di sorvegliare la cameriera mentre faceva i bagagli.

Trascorse le due ore successive bussando alle porte del piano su cui abitava Lisa e dei due immediatamente contigui, sopra e sotto, per finire con le vie secondarie che fiancheggiavano il caseggiato. Nessuna delle poche persone che trovò in casa aveva visto Lisa uscire domenica sera o nella notte tra domenica e lunedì, nessuno aveva scorto la Porsche nera.

Le cinque e mezzo; ora avrebbe dovuto riprovare i Boehlinger.

Perché non l’aveva lasciato fare a Stu? La buona samaritana! Non che lui avesse mostrato molta gratitudine.

A rigor di logica avrebbe dovuto tornare alla stazione di Hollywood e usare un telefono del dipartimento per una chiamata di servizio, ma proprio non se la sentiva di rivedere l’ufficio e si recò direttamente alla sua abitazione in Detroit Avenue, appena a est di Park La Brea.

Abbandonò la giacca su una sedia e in quel momento si accorse di avere una gran voglia di bere qualcosa di fresco. Tentò invece subito il numero di casa dei Boehlinger. A quell’ora a Cleveland era sera. Segnale di linea occupata. Sperò di non essere stata preceduta da qualcun altro.

Prese dal frigorifero una lattina di analcolico gassato, si sbarazzò delle scarpe e si sedette a bere al tavolo dell’angolo-pranzo. Quando si mise a pensare alla cena, scoprì di non avere appetito. Le echeggiò nella mente la voce di suo padre che la esortava con dolcezza: Nutrimento, piccola. Bisogna mantenere quegli aminoacidi belli sazi e vigorosi.

L’aveva cresciuta lui, aveva il diritto di comportarsi da madre. Quando pensava alla sua morte sporca e crudele, provava un dolore lancinante. Scacciò in fretta l’immagine del padre dalla mente e il vuoto che ne risultò non era meno orribile.

Nutrizione… cacciar giù un sandwich. Salame rinsecchito su mezza ciabatta rafferma, senape e maionese, qualcosa di verde, sottaceti kosher, per andare sul sicuro, con il benestare dell’Antisofisticazioni.

Preparatosi un piatto, lo abbandonò al suo destino e provò a telefonare per la terza volta. Ancora occupato. Possibile che la notizia avesse raggiunto gli organi d’informazione così in fretta?

Accese il televisore e saltò da un canale all’altro. Niente. La radio, preselezionata sulla KKGO, le propose una sinfonia mentre sbocconcellava il sandwich raffermo.

Anche lei aveva la sua piccola abitazione che teneva in ordine. Per metà dell’affitto che pagava Lisa. All’inizio, con Nick, era vissuta in un appartamento di West L.A., ma dopo l’impulsivo matrimonio a Las Vegas, si erano trasferiti in un’abitazione molto più grande, uno studio su due piani in Fountain, vicino a La Cienega, finestre artistiche, pavimenti in parquet, cortile con fontana, squisita architettura spagnolesca. C’era spazio più che sufficiente per due persone che lavoravano in casa. Nick sosteneva di aver bisogno di spazio per sgranchirsi e aveva rivendicato la camera da letto padronale come posto di lavoro.

Non l’avevano mai arredato, erano vissuti in mezzo a scatoloni e casse, avevano dormito su un materasso nella stanza più piccola. Il cavalletto e i colori di Petra erano finiti da basso, nel tinello per la prima colazione. Esposizione a est. Chiudeva le tende per arginare la luce eccessiva del mattino. Ora il cavalletto era in soggiorno e ancora era quasi totalmente priva di mobili. Perché farsene un problema, quando era a casa raramente se non per dormire e non riceveva visite?

L’appartamento in cui viveva era appena a sud della Sesta Strada, una simpatica vecchia costruzione con i muri spessi, i soffitti alti, modanature, pavimenti in quercia incerata, moderato tasso di criminalità nel quartiere. A ottocento dollari al mese era un affare accordatole dalla proprietaria, un’immigrata taiwanese di nome Mary Sun felice di avere per inquilino un poliziotto. Le aveva confidato: «Questa città, tutti questi neri, brutta storia».

Museum Row era a pochi minuti a piedi e altrettanto facilmente raggiungibili erano le gallerie di La Brea, anche se Petra ancora non ne aveva visitata una.

Quando aveva la domenica libera, cercava sul giornale aste, mercatini delle pulci, mostre d’antiquariato. Anche svendite nei box di casa, quando erano in quartieri dignitosi.

Era raro che trovasse qualcosa. La gente in generale è propensa a credere che le sue immondizie siano tesori e comunque lei era più una spigolatrice che un’acquirente. Ma i pochi oggetti che aveva comperato erano di valore.

Un’elegante testiera in ferro, probabilmente francese, con una patina che non poteva essere falsa. Due comodini di betulla con stampinature floreali e ripiani in marmo giallo. L’anziana signora con cui aveva mercanteggiato aveva sostenuto che fossero inglesi, ma Petra sapeva che erano svedesi.

Vecchie bottiglie che conservava sul davanzale della finestra in cucina, la statua di bronzo di un bambino con un piccolo cane, anch’essa di origine francese.