Incapace di concentrarsi più di quanto lo fosse stata durante le tante, nebulose lezioni di igiene al collegio, aveva recitato la parte della finta tonta.
Che cosa mi sta dicendo? Sono sterile?
Franklin non era riuscito a continuare a guardarla negli occhi, aveva abbassato lo sguardo. Proprio come gli indiziati quando stanno per mentire.
Nessuno può dirlo con certezza, Petra. Oggi esistono molte procedure alternative.
Aveva buttato nel cesso la vita, aveva buttato nel cesso il suo matrimonio.
E aveva imboccato una carriera piena di morte. Usare il cordoglio altrui come monito costante sulla relativa pochezza delle proprie disgrazie le sarebbe stato di sostegno, giusto? In quel senso c’era da compiacersi dei più alti gradi di efferatezza, tanto peggio tanto meglio.
Allora perché diavolo stava piangendo? Erano anni che non piangeva.
Il caso in corso? Era appena iniziato, lei non aveva alcun rapporto con la vittima.
Poi aveva udito il nome di Lisa e i suoi occhi doloranti erano tornati allo schermo dove scorrevano le sequenze della vecchia registrazione. Si era sentita stupida per essersi sorpresa: come avrebbe potuto essere altrimenti? Ora milioni di persone guardavano quei sessanta secondi di registrazione che a lei e a Stu erano stati preclusi.
Aveva visto il telegiornale anche Stu? Sapeva che si coricava sempre di buon’ora, specialmente quando doveva recuperare qualche notte in bianco. In tal caso avrebbe voluto essere informato. Così pensava.
Telefonò alla sua abitazione di La Crescenta. Rispose Kathy Bishop, mogia.
«Ti ho svegliata? Scusa…»
«No, siamo in piedi, Petra. L’abbiamo visto anche noi. Ti passo Stu.»
Nemmeno un tentativo di scambio, eppure a Kathy piaceva chiacchierare. Diversa anche lei. Problemi coniugali? No, non era possibile, i Bishop erano il manifesto stesso della Solidità Matrimoniale, non mi deludere, Signore.
«Mi ha appena chiamato Schoelkopf», annunciò Stu. «Cito a memoria: ‘Evitiamo un altro letamaio alla O.J. Nel mio ufficio alle otto’.»
«Giusto per farti dormire sonni tranquilli.»
«Infatti. Com’è andata l’ambasciata?»
«Ho parlato al padre. Detesta Ramsey, da non poterlo vedere. È sicuro che sia stato lui.»
«Sulla base di qualche fatto?»
«Le botte. Dice che Lisa aveva paura di Ramsey.»
«Paura di che cosa da parte sua?»
«Non è stato esplicito.»
«Va bene. Ci vediamo alle otto.»
«Che cosa pensi della trasmissione in TV?»
Silenzio. «Immagino che possa tornarci utile. Ramsey diventa un indiziato di fatto e i pezzi grossi non vorranno fare la figura degli stupidi per averlo trascurato.»
«Non hai tutti i torti», commentò lei.
Silenzio.
«Va bene, non ti trattengo, ma c’è ancora una cosa. Boehlinger è direttore di un pronto soccorso, dev’essere uno abituato ad agire di testa propria. Sono sicuro che lui e sua moglie verranno giù al più presto. Lui odia Ramsey. Potrebbe decidere di passare alle vie di fatto.»
«Mmm», fece lui, come manifestando modesto interesse. Aveva reagito così anche al libro della biblioteca. Era lei a essere giù di forma? «Girala al capitano. Lui ha il cuore grande.»
Martedì, ore 07.57.
Edmund Schoelkopf sembrava più latino che teutonico, un cinquantenne basso che teneva alle apparenze, con labbra delicate, liquidi occhi neri, folti capelli di un corvino che poteva essere artificiale e che portava pettinati all’indietro a scoprire una fronte sfuggente e non molto alta. La sua pelle aveva il colore del pane integrale. Indossava copie di completi in doppiopetto di Armani e cravatte aggressive, che gli davano l’aria di un ex poliziotto passato ai servizi privati di guardie del corpo. Ma aveva trascorso ogni momento della sua vita lavorativa al dipartimento di Los Angeles e probabilmente non se ne sarebbe distaccato fino al giorno di andare in pensione.
Il suo ufficio rientrava nell’ordinaria amministrazione, il solito miscuglio di dotazioni municipali e donazioni di enti pubblici e privati. Fece accomodare Stu e Petra.
«Caffè?» La sua voce da basso aveva la sonorità arrochita del primo mattino, quasi inclassificabile in un registro umano. Sulla parete alle sue spalle c’erano i soliti grafici e le topografie con gli spilli. Ondate di criminalità che si riuscivano ad arginare ma mai a domare.
Il caffè sapeva di bruciato. Era previsto che rifiutassero e così fecero. Schoelkopf spinse la poltrona all’indietro e accavallò le gambe nei calzoni dalla piega perfetta.
«Sentiamo», esordì, tenendo per il momento a freno il tono di basso.
Stu gli riferì della visita a casa di Ramsey e Petra lo aggiornò sul suo colloquio con Patsy K., la perquisizione dell’appartamento e la verifica presso i vicini, la notifica della morte di Lisa al dottor Boehlinger. Messa così, sembrava che avesse lavorato molto più lei che Stu. Era vero. A lui sembrava non importasse niente, continuava a guardarsi intorno. Anche Schoelkopf appariva distratto, non reagì nemmeno quando Petra gli raccontò della droga trovata da Lisa.
«Il padre getta tutta la colpa su Ramsey, signore», concluse. «È chiaro che lo detesta.»
«Anche tu, se fossi al suo posto. Dunque… comincerete controllando quel nero allo studio, quel Darrell.»
«Senz’altro. E se Boehlinger decidesse di intromettersi?»
Gli occhi neri di Schoelkopf si fissarono sul centro della fronte di Petra. «Ce ne occuperemo se accadrà. Per ora dedichiamoci alla raccolta di dati. So che la Scientifica ha preso tutto quello che c’era da prendere, ma abbiamo per le mani niente che assomigli anche alla lontana a una prova concreta?»
Petra stava per scuotere la testa, ma fu preceduta da Stu. «Petra ha trovato qualcosa di interessante», disse il detective. «Un libro di biblioteca, in un posto elevato di qualche decina di metri sul luogo dove c’era il corpo. E ci sono altri elementi che indicano che lì c’era qualcuno almeno fino a poco tempo prima. C’è una formazione di rocce…»
«Ho visto le foto», lo interruppe Schoelkopf. «Quali altri elementi?»
Petra aveva chiuso i pugni. Cercava gli occhi di Stu, ma lui guardava il capitano. Qualcosa di interessante?
«Spiegami questi altri elementi, Barbie», la esortò Schoelkopf.
«Confezioni per generi alimentari», rispose. «Come quelle di un fast food. Briciole di carne trita, forse un taco. Orina su una delle rocce…»
«Qualcuno che mangia e piscia e legge?» sbottò Schoelkopf. «Che tipo di libro da biblioteca?»
«Presidenti degli Stati Uniti.»
Lui parve esserne irritato. «Prelevato di recente?»
«No, signore. Il timbro è vecchio di nove mesi.»
«Oh, andiamo, mi sembrano tutte stronzate.» Si versò caffè in gola. Il bicchierino fumava. Non poteva non essersi scottato. «Che cosa ti fa pensare che la persona che si trovava lassù c’era stata da poco?»
«La carne non era secca.»
«Una briciola di carne?»
«Qualche briciola. Carne trita.»
«Quanto impiega la carne trita a diventare secca?»
«Non lo so.»
«Non lo so nemmeno io, ma scommetto che varia a seconda della quantità di grasso che c’è nella carne, della temperatura e dell’umidità del luogo in cui si trova, Dio solo sa che cosa cazzo d’altro. E l’orina?»
«Secondo i tecnici era…»
«Siamo in un parco», tagliò corto Schoelkopf. «La gente ci va per mangiare e prendere una boccata d’aria, magari farsi una pisciatina quando non c’è nessuno in giro a guardare. Ci sono tavoli da picnic non lontano dal luogo del ritrovamento, giusto?»
«Sì, ma non in quel posto, capitano. Quelle rocce…»
«C’è gente che non ha voglia di fare la fatica di trovare un gabinetto. Ce n’è uno nei paraggi?»