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Una delle signore ai tavoli, però, mi ha visto che guardavo le pannocchie e me ne ha data una intera, color giallo margherita e luccicante di burro, con una coscia di tacchino che ci avrebbe mangiato una famiglia intera. Me ne sono andato sotto un albero ed è stata la più bella festa del Ringraziamento che ho mai avuto.

Ora mi avvicino all’orto e guardo in giro.

Via libera.

Scavalco la corda, vado diritto al mais, stacco tre pannocchie e me le ficco in tasca. Sporgono, così le nascondo sotto la maglietta, riscavalco come se nulla fosse e mi allontano adagio finché trovo un bagno.

Entro in uno dei box, chiudo la porta, mi siedo sul coperchio e tiro fuori le pannocchie, le sbuccio togliendo le foglie e quella barbetta e mi chiedo che sapore avranno i chicchi crudi.

Buoni. Duri, da sgranocchiare, niente di così delicato come il mais bollito con il burro, ma hanno il sapore giusto, dolce. Faccio fuori due pannocchie in fretta, la terza più lentamente, masticando molto e mandando giù tutto mentre leggo le parolacce che ci sono scritte sui muri. Quando ho finito lecco tutto il sapore di mais dai torsoli, li lascio in un angolo del box, faccio pipì e uso il lavandino che c’è fuori per lavarmi faccia e mani. Poi mi arrotolo i jeans e mi lavo un po’ anche le gambe.

Ho mal di pancia, ma diverso dal solito.

Troppo pieno. Ho fatto indigestione.

Ora il tuo pranzo è mio, gorilla.

La vendetta è dolce come il mais!

17

Mentre tornavano in sala operativa, Stu commentò: «L’ha picchiata una volta sola. Che uomo».

«Passarci sopra per rivolgersi direttamente a Schoelkopf», mormorò Petra. «Un intrigante.» Si diede subito della farisea. Avanti, sputa il rospo.

Si fermò e si appoggiò a un armadietto. «Perché hai tirato fuori la storia del libro?»

Si appoggiò anche Stu. «Era qualcosa di tangibile e volevo evitarci una delle sue conferenze sulla vacuità delle congetture e la concretezza dei fatti.»

«Ci siamo buscati una conferenza lo stesso.»

Lui si strinse nelle spalle.

«Lui pensa che quel libro sia una fesseria. Tu sei d’accordo, vero?»

Stu si raddrizzò e si pizzicò il nodo della cravatta. «Penso che sia la leva che solleverà il mondo? No, ma in laboratorio guarderanno se ci sono impronte sul libro e se si tratta di un barbone c’è la possibilità che sia schedato da qualche parte e allora forse riusciamo a rintracciarlo. Se non ne caviamo nulla, la situazione non sarà peggiorata.»

Lei non rispose.

«Che c’è?» chiese lui.

«Mi hai preso in contropiede tirandolo fuori così.»

«Si vede che anch’io sono capace di qualche sorpresa.» I suoi occhi non rivelarono nulla. S’incamminò senza girarsi per vedere se lei lo seguiva.

Petra rimase dov’era, a pugni stretti. Ricordò i modi laconici di Kathy, la sera prima al telefono. Se c’erano problemi coniugali, non poteva aspettarsi che lui glieli confidasse. D’accordo, calmati, concentrati sul lavoro. Ma detestava le sorprese.

Degli altri venticinque detective di Hollywood in servizio quella mattina, sei erano ai loro tavoli a passare in rassegna foto segnaletiche, a digitare sulle tastiere di computer appena donati al dipartimento e ancora misteriosi e incomprensibili, a borbottare al telefono, a leggere gialli. Quando entrarono, tutti alzarono gli occhi e rivolsero loro sguardi di solidarietà.

Qualunque amante di gialli, che trovasse stimolante il mistero, cambiava velocemente idea se entrava nella polizia. Il caso Ramsey era un autentico spauracchio per tutti. La stanza aveva l’odore giusto di ciò che era: uno spaccio senza finestre saturato da senso di frustrazione soprattutto maschile.

Un D-2 nero di nome Wilson Fournier disse: «Sapevo che vi sareste divertiti quando il capo è arrivato così presto masticando gomma senza gomma in bocca».

Petra gli sorrise e lui riprese a esaminare foto delle gang. Stu era alla sua scrivania disposta di fronte a quella di lei, in fondo allo stanzone. Petra si sedette e attese.

«Che cosa vuoi fare sulla ricerca dei casi analoghi?» domandò Stu.

«Non molto.»

Lui s’infilò i pollici sotto le bretelle. La sua 9 mm era in una fondina da ascella agganciata molto in alto. La portava così anche Petra. Le faceva male al braccio e se la tolse.

«Da come la vedo io abbiamo due possibilità», cominciò Stu. «Andiamo a Parker e visioniamo microfilm per tutta la settimana. Poi dovremmo comunque metterci al telefono per controllare Burbank, Altwater, Glendale e tutti i distretti di contea. Oppure facciamo tutto per telefono, sentendo tutti i detective delle squadre Omicidi che riusciamo a trovare. Schoelkopf ha detto due o tre anni. Facciamo due. Può darsi che ci vada bene e che chiudiamo entro la settimana. Personalmente preferirei parlare con gente in carne e ossa invece che sfogliare schedari alla Centrale, ma dipende da te.»

«Puntiamo sul massimo di realismo», convenne Petra. «Che scaletta rispettiamo? Comincio a chiamare alla cieca o cerco di mettermi in contatto con questo Darrell?»

«Dedichiamo la mattina alle rogne e facciamo il lavoro vero nel pomeriggio.» Consultò l’orologio. «Tu senti questo Darrell e io comincio a ficcare il naso agli studi.»

Petra allungò lo sguardo nella sala. «A proposito di gente in carne e ossa, potremmo iniziare dai nostri colleghi qui presenti. È uno spreco di tempo, ma lo è anche tutto il resto.»

«La carità comincia in casa propria. Buttati.»

Petra si alzò, si spinse i capelli all’indietro, si schiarì stentoreamente la gola. Tre dei sei detective alzarono lo sguardo.

«Signori», annunciò e gli altri tre interruppero il loro lavoro.

«Come sapete, a me e al detective Bishop è stato assegnato un caso affascinante, ma così affascinante che dalle alte sfere è giunta parola di essere più meticolosi che mai. Allo scopo di stabilire il contesto giusto.» Risolini. «Perché saremo, aperte virgolette, giudicati, chiuse virgolette.»

Facce torve.

«Io e il detective Bishop vorremmo prendere un bel voto e per questo vi invitiamo ad aiutarci a individuare lo sconosciuto responsabile di questo crimine nefando, il quale responsabile, naturalmente, è del tutto sconosciuto e va ricercato con il massimo scrupolo per non pregiudicare l’immagine.»

Sorrisi sornioni. Descrisse loro la scena del delitto, le ferite di Lisa. «Allora», concluse, «c’è stato in questi ultimi due anni qualche 187 che presentava analogie con il nostro caso?»

Cenni di diniego.

«Qualcuno ha controllato l’alibi di O.J.?» chiese un investigatore di nome Markus.

Risa.

«Grazie, signori.» Petra si sedette accompagnata da un applauso sommesso.

Stava battendo le mani anche Stu. Ora sembrava normale, i suoi occhi azzurri erano di nuovo vivaci. Forse era solo colpa delle notti in bianco.

«Sei li abbiamo fatti fuori», commentò. «Ne restano solo qualche centinaio ancora. Perché non ci dividiamo i distretti? Io prendo quelli a est e tu quelli a ovest.»

I reati erano molto più numerosi a est di Hollywood, c’erano più poliziotti, più scartoffie. Si stava accollando la parte più faticosa del lavoro. Senso di colpa?

«Tu hai già gli studi cinematografici», gli ricordò Petra. «Io ho solo Darrell. Prendo io le zone a est.»

«No, sul serio», insisté lui. «Ho detto a Kathy di non aspettarmi troppo presto.» Sbatté rapidamente le palpebre, come per un dolore agli occhi, e sollevò il ricevitore.

Un divorzio dopo tanti anni? Petra avrebbe voluto parlargliene. «Un intervallo all’ora di colazione prima che ciascuno vada per la sua strada?» gli propose. «Da Musso and Frank