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Lui esitò. «Sì, direi che ce lo meritiamo.» Cominciò a comporre un numero. Si arrestò. «Qualcuno dovrebbe chiamare anche quei due dello sceriffo, De la Torre e Banks. Forse hanno raccolto qualche informazione su quella denuncia di violenza domestica.»

«Secondo la trasmissione televisiva Lisa non aveva mai presentato una denuncia.»

«Allora siamo a posto», concluse Stu. «La televisione dice sempre la verità.»

Petra chiamò la squadra Omicidi alle dipendenze degli sceriffi di contea e chiese di Hector De la Torre o del detective Banks, non ricordando, o non conoscendo, il nome di battesimo del più giovane dei due. Le passarono Banks, che la salutò con sorprendente calore. «Pensavo che vi avrei sentiti.»

«Perché?»

«Il telegiornale di ieri sera. Purtroppo per adesso non ho ancora niente per voi. Alla sottostazione di Agoura non sono state registrate precedenti querele, non ce ne è nemmeno una per le botte che pure aveva denunciato in pubblico. Dunque sembra che non si sia mai rivolta alla polizia.»

«Va bene, grazie.»

«Non c’è di che», rispose lui. Sembrava nervoso. «Niente bastoni fra le ruote qui, niente rivalità tra dipartimenti. Il mese scorso i nostri ragazzi hanno battuto i vostri a boxe, perciò possiamo sentirci abbastanza tranquilli… comunque avete tutta la mia comprensione. Hanno mandato di nuovo in onda il servizio questa mattina presto. In TV la villa sembra ancora più bella di com’è in realtà. Però non hanno detto niente di quel piccolo museo di automobili.»

Un tipo ciarliero.

«Solo bollicine Jacuzzi, cavalli e golf.»

«Interessante, no?» ribatté Banks. «Gente a cui il destino offre tutto su un piatto d’argento e riesce lo stesso a incasinarsi la vita da buttarla via… Serve nient’altro?»

«Per la verità», rispose lei, improvvisamente ispirata, «se vi avanza del tempo, c’è stato ordinato di controllare se ci sono stati omicidi simili nell’arco degli ultimi due anni. Avete facile accesso agli archivi delle contee?»

Banks rise. «Siamo a L.A., qui non c’è niente di facile. Però abbiamo imparato a camminare senza sbucciarci le nocche sui marciapiedi. Omicidi simili? Come nell’ennesimo colpo del solito ignoto? Perché?»

«Nei campi di papaveri tira vento.»

«Ah, capisco. Va bene, controllerò.»

«Gliene saremo molto grati, detective Banks.»

«Ron.»

«Questo è lavoro rognoso, Ron. Non guastarti la vita.»

«Hai un numero diretto?»

Petra glielo diede e lui disse: «Per simile intendo situazione ambientale, tipo e quantità di ferite, idiosincrasie, caratteristiche della vittima. Niente di insolito sulla scena del delitto di cui dovrei essere messo al corrente?»

«No», rispose lei, spinta da un atteggiamento protettivo nei confronti delle informazioni di cui era in possesso. «Niente più della macelleria che già sai.»

«D’accordo, allora. Mi faccio vivo se trovo qualcosa. E anche se faccio un buco nell’acqua.»

«Grazie, Ron.»

«Di niente… ehm… Senti, so che con un caso come questo non è che avrai molto tempo per te, ma se ti dovesse capitare… cioè, se ti va che ci vediamo, magari per un caffè… Se sto parlando a sproposito, dimmelo pure.»

Tentennando come un liceale.

Ora comprendeva il perché dell’entusiasmo con cui l’aveva salutata.

Non era nemmeno lontanamente il suo tipo, qualunque esso fosse. Ricordava vagamente che faccia aveva, era stata concentrata su Ramsey. Portava la fede nuziale? Aveva accennato a dei bambini, però, quelli che aveva accompagnato allo zoo.

Be’, almeno lui aveva dei bambini. Non odiava i bambini.

Doveva aver lasciato passare troppo tempo, perché lo sentì dire: «Senti, ti chiedo scusa, non avevo intenzione di…»

«No, no, non è successo niente di male», rispose di riflesso. «Senz’altro, quando il peggio sarà passato. Volentieri.»

L’aiutasse Iddio.

18

I Paragon Studios occupavano tre isolati del lato nord di Melrose, a est di Bronson, un coacervo di torri scolorite e capannoni di lamiera ondulata, circondato da mura di cinque metri, uno degli ultimi grandi centri di produzione cinematografica ancora situati veramente a Hollywood.

I cancelli d’ingresso in stile rococò erano aperti e Stu Bishop, con la mente inquinata dall’ansia, cercò di assumere l’atteggiamento più professionale di cui era capace mentre avanzava a passo d’uomo verso la guardiola a bordo della Ford senza contrassegni.

Davanti a lui c’erano due furgoni, uno dei quali se la prendeva comoda.

Petra aveva lasciato la stazione prima di lui, prendendo la sua automobile privata.

Petra si fidava di lui un po’ meno di ieri.

Non poteva biasimarla, dopo che aveva buttato sulla scrivania di Schoelkopf la storia del libro della biblioteca senza avvertirla. Un gesto impulsivo. Forse il rumore di fondo della sua vita stava cominciando a debordare?

La verità era che non dava alcun valore a quel libro, si era servito di Petra per rintuzzare il capitano. Schoelkopf aveva tenuto lo stesso la sua predica.

Quante prediche nella sua esistenza? Insegnanti, adulti. Papà. Easton Bishop, di professione medico, non era mai stato tanto a suo agio come quando declamava verità assolute a un pubblico ammutolito di otto bambini. Stu aveva rinnegato quelle esibizioni di autoritarismo con i propri figli, confidando che apprendessero con l’esempio, sapendo che l’influenza principale era quella di Kathy. Kathy… Dio del cielo.

Stu credeva in un Dio indulgente, ma conduceva la propria vita come se il Signore fosse un rigoroso, inflessibile perfezionista. Aveva fatto di lui un uomo prudente, uno schivatore di peccati. Allora perché, giunto a quel punto della sua vita, tutto stava andando a rotoli?

Stupido interrogativo.

Passò anche il secondo furgone e toccò a lui. Aveva conosciuto la guardia, Ernie Robles, quando aveva lavorato per quattro settimane partecipando come figurante in Poliziotti a Los Angeles («muto abitatore di una stazione di polizia, sempre a battere a macchina e telefonare»). Brav’uomo, socievole, nessuna esperienza al dipartimento, guardia giurata da sempre.

Finì di registrare il veicolo precedente mentre Stu si fermava con il motore acceso.

«Ehi, come va, detective Bishop! Splendida giornata, vero?»

Lo era, clima gradevole, cielo terso e azzurro come quegli sfondi che si usavano sui set per dare a Los Angeles un’atmosfera paradisiaca. Stu non se ne era accorto.

«Fantastica, Ernie», rispose.

«Le hanno dato una parte? In che cosa?»

«Tu dove mi metteresti?»

«Con quelli del Poliziotti? Ma non stanno girando.»

«No, per quest’anno hanno finito, ma c’è una persona che devo vedere… Oh, a proposito, ti ho portato qualcosa dalla stazione.»

Consegnò a Robles quella che sembrava una rivista di poche pagine patinate. In copertina, in lettere gialle bordate di rosso, spiccava la scritta THE SENTINEL. Sotto c’era una riproduzione fotografica ad alta definizione di una nera e minacciosa semiautomatica con silenziatore e alcuni proiettili d’ottone con la punta scura. Una pubblicità della Heckler Koch. Ce n’erano in grande quantità presso tutte le stazioni di polizia. Stu l’aveva sfogliata a un semaforo rosso. Descrizioni di fucili Benelli, HK Training, il PSGclass="underline" «Un fucile da 10.000 dollari che li vale tutti!» Stu non aveva niente contro le armi, ma le trovava noiose.

Robles stava già ammirando le fotografie.

«Fresco di stampa, Ernie.»

«Che gioielli! Ehi, non so come ringraziarla.»

Stu ripartì.

Stu lasciò la macchina e raggiunse a piedi il complesso della Element Productions, dove trovò senza difficoltà Scott Wembley. Il vicedirettore stava uscendo da una palazzina bassa e anonima, con le braccia ciondoloni, mentre si passava la lingua sulle labbra.