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«La signora Sposito lavora per lei?»

Lui annuì. «È un’editor anche lei.»

Già a proposito di montaggio…

«Dunque è rimasto fuori tutta notte e sua moglie non ha sospettato nulla.»

«Mia moglie era fuori città. Viaggia molto per lavoro.»

E intanto il signor Darrell, l’insegnante cortese, era anche lo stallone dell’ufficio. Il che significava che probabilmente era protagonista di molte altre «storie» che avrebbe preferito tenere per sé.

«Dovrà sentire Kelly?» domandò lui.

«Sì. Sa dov’è?»

«Al lavoro. Abbiamo finito?»

«Quasi», rispose Petra. «Mi sa dire dove si procurava la coca Lisa?»

«No», disse. «Non ne ho proprio idea.»

«Non da qualcuno allo studio?»

«Non so in che modo si riforniva, ma sono certo non da nessuno della Empty Nest.»

«Perché?»

«Perché conosco tutti e nessuno spaccia.»

«Va bene», gli concesse Petra, «ma immagino che non dovrebbe essere troppo difficile trovare qualcuno allo studio a cui chiederla, giusto?»

«Andiamo», si ribellò lui. «Lei pensa che siccome questo è il mondo dello spettacolo passiamo tutto il tempo a spassarcela. Si chiama Industria perché è un’industria, detective. Lavoriamo come bestie. Io non ho mai visto nessuno cercare di vendere droga a qualcun altro e Lisa non mi ha mai parlato dei suoi fornitori. Per la precisione, la prima volta che ha sniffato l’ha offerta anche a me e io le ho detto: ‘Non voglio che ti droghi sulla mia macchina’.»

«Ma lei ha continuato lo stesso», disse Petra, «sulla sua macchina.»

«Sì, d’accordo. Era una donna adulta, non è che potessi darle ordini. Ma non volevo averci niente a che fare.» Sollevò la tazza con entrambe le mani. «Vuole una confessione? Gliene do una. Ho avuto la mia razione di guai con l’alcol. Non bevo più da dieci anni e intendo continuare così.»

Un lampo negli occhi ambra. Indignazione che sembrava sincera. Altrimenti invece di tagliare e incollare pellicole, avrebbe fatto meglio a interpretarle. O a calcare di nuovo i palcoscenici, a cantare con il cuore in mano.

«Va bene», concluse Petra. «Grazie del tempo che mi ha dedicato.»

«Non c’è di che. E chiami Kelly, ma eviti mia moglie, siamo d’accordo? Perché se non era in città, non può esserle d’aiuto. Io e Lisa eravamo amici, niente di più. Perché fare del male a lei?»

«Solo amici, eccetto che per quella unica settimana.»

«Non è stato niente», insisté lui. «Senza impegno. Lei si sentiva sola, era giù di corda, e il caso vuole che tra me e mia moglie non stesse andando molto bene. Lavoravamo fino a tardi, una cosa tira l’altra.»

Si strinse le spalle in un gesto di: sa anche lei com’è la vita.

Una cosa che ne aveva tirate sette altre.

Sette cose sfociate in un’altra ancora.

«Ma non avete mai passato la notte insieme», gli ricordò Petra. «A differenza di quello che ha fatto con Kelly Sposito.»

«Questo perché Lisa non voleva. Per lei era una questione di orgoglio. Era una donna indipendente, le decisioni dovevano restare sue.»

«Dove andavate?»

«Da nessuna parte. Noi… oh, Gesù. E sia, eccole il quadro completo: è successo tutto sulla mia macchina. Siamo andati a mangiare un boccone insieme e mentre si tornava al lavoro, Lisa mi ha chiesto di farle fare un giretto, una puntata alla spiaggia. Siamo finiti vicino al vecchio Sand Dune Club. Mi ha chiesto di fermarmi. Io non sapevo dove volesse andare a parare. Poi ha tirato fuori quel tubicino e ha sniffato.»

«Dunque era cocaina in polvere, non crack.»

Breshear sorrise. «Sono solo i neri a usare il crack, no?»

Petra gliela lasciò passare.

«Era polvere», confermò lui.

«Lei ha sniffato e poi?»

«Poi è diventata… ha preso l’iniziativa. Le è venuta voglia.»

«E l’avete fatto in macchina», disse Petra.

«Così è andata», annuì lui. Nuovo tono di voce. Divertito?

«Sette volte», ribadì Petra. «Andavate da qualche parte in macchina, lei sniffava e poi facevate l’amore.»

«Per la verità cinque volte è andata così. Le altre due, le ultime due, l’ho seguita a casa, ho aspettato che fosse pronta, poi siamo usciti a cena. Ma non ci siamo mai dati veri appuntamenti, come capita in una relazione normale. Tutt’e due le volte è andata a casa per qualche ragione.»

«La coca?»

«Non lo so», rispose Breshear.

Ma non era così. Lo sapeva lui, lo sapeva lei. Fino a quel punto il suo racconto corrispondeva in tutto e per tutto a quello di Patsy K.

Breshear inalò tra i denti. «Non so perché lo dico a lei, ma tanto vale raccontarle tutto. Non abbiamo mai avuto un rapporto vero e proprio. Lei voleva solo che venissi io.»

Ora la guardava, seduto eretto, la sfidava a chiedergli i particolari.

Perché il sesso era il suo hobby preferito e una volta superata la vergogna iniziale, parlarne gli dava sicurezza.

«Sesso orale», disse Petra.

«Sì», ammise lui, chiudendo gli occhi per un secondo. «Prima si faceva, poi faceva me. Sette volte, una volta al giorno, stesso sistema. L’ottava volta mi ha detto: ‘Mi piaci, Darrell, ma…’ Non ho protestato, perché a essere sincero tutta quanta quella storia mi sembrava un po’ strampalata. Non è stata antipatica, anzi, molto carina, mi ha fatto capire che era ora di chiudere. Ho avuto la sensazione che l’avesse già fatto in passato.»

«Come mai?»

«Così, un sentore. Mi era sembrata… pratica.»

Petra non parlò e Breshear sgranò di nuovo gli occhi.

«Che cosa c’è?» gli domandò lei.

«Mi è difficile pensarla ridotta in quello stato. Hanno detto che è stato brutale.»

Petra tacque di nuovo e lui aggiunse: «Era una splendida persona. Spero con tutto il cuore che prendiate chi l’ha uccisa».

«Lo spero anch’io. Nient’altro che desidera dirmi, signor Breshear?»

«No, non mi viene in mente altro. Ma la prego di non chiamare mia moglie, va bene? Ora tra noi sta filando alla perfezione. Non voglio guastare tutto.»

24

Dopo che Breshear se ne fu andato, chiamò la Empty Nest e chiese di Kelly Sposito, la fiamma attuale. Quando andava bene con la moglie si limitava a una sola ancella?

La Sposito era il suo posto di lavoro, aveva una spiacevole voce acuta che diventò stridula quando Petra le spiegò chi era e la natura della telefonata.

«Darrell? Dice sul serio?» Ma un momento più tardi confermò l’alibi di Breshear.

«Dunque è stato con lei tutta notte?»

«Così ho detto. Ascolti, è meglio che non faccia finire questa storia sul giornale o che so io, non voglio avere problemi.»

«Io sono un detective, non un reporter, signora Sposito.»

«Se vedo il mio nome sul giornale, le faccio causa.»

Tigre di carta. Che le aveva preso?

«Perché ce l’avete con Darrell? Perché è nero?»

«Parliamo alle persone che conoscevano Lisa, signora Sposito…»

«Tutti sanno chi è stato.»

«Chi?»

«Giusto», rispose la Sposito. «È rimasta lei a non saperlo. E la farà franca perché è ricco.»

Petra la ringraziò, riappese, montò in macchina e si recò agli studios. Usò il distintivo e un cocktail di fermezza e fascino per entrare. Ebbe le indicazioni su come arrivare all’Empty Nest da un uomo con i capelli lunghi che aveva l’aspetto di un attore ma indossava una cintura piena di utensili.

Lo stabilimento era costituito da alcune palazzine bianche con le persiane verdi sparse fra i candidi edifici dei teatri di posa e palazzi di uffici. L’atmosfera generale era quella troppo perfetta dei villaggi di Potemkin. Torri di metallo reggevano cartelloni con i manifesti di film e spettacoli televisivi. Un campo di paraboliche faceva pensare a una gigantesca collezione di piatti.