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La invitò a uscire con un gesto della mano.

Un telepoliziotto gli avrebbe consegnato pistola e distintivo.

Il poliziotto vero tenne la bocca chiusa. Il lavoro le piaceva e la struttura del dipartimento era paramilitare e così sarebbe sempre stata, vale a dire allineati e coperti, repressione dell’individuo, gerarchie. In polizia i rospi si ingoiavano, non si sputavano.

Guarda Milo Sturgis. Aveva lavorato con il detective gay, lo aveva visto l’asso che era. Ma prima di allora gli appellativi che accompagnavano il suo nome erano stati solo insulti. La più alta percentuale di casi risolti in West L.A.; per il dipartimento non bastava a perdonargli che andasse a letto con un uomo.

Tornò al suo tavolo, mise da parte i dieci messaggi e telefonò alla Nancy Downey Agency di Beverly Hills. «Deve parlare con il signor Sanchez», le rispose una voce femminile con accento latino. «È al nostro altro ufficio di San Marino.»

San Marino e Beverly Hills. Coprivano le aree delle famiglie più benestanti, a est e a ovest.

Le rispose un uomo, accento simile.

«Signor Sanchez?»

«Sì?»

Si presentò, gli spiegò che cercava Estrella Flores.

«Anch’io.»

«Scusi?»

«Ho appena ricevuto una telefonata da suo figlio dal Salvador. È preoccupato, non ha più notizie di lei da domenica. Riguarda forse l’omicidio della signora Ramsey?»

«Ci piacerebbe solo parlarle. Perché il figlio si preoccupa?»

«Di solito lei lo chiama due o tre volte la settimana. Ha detto di aver telefonato a casa Ramsey ma di aver trovato solo la segreteria. Ho provato anch’io ed è stato lo stesso. Ho lasciato un messaggio, ma non mi ha richiamato nessuno.»

«Guardi che la signora Flores non lavora più per il signor Ramsey.»

«Da quando?»

«Il giorno dopo l’omicidio.»

«Oh.»

«Dunque non vi ha contattati per trovare un altro posto?»

«No.» Sanchez era turbato.

«Ha idea di dove possa essere?»

«No, mi dispiace. Ha lavorato dai Ramsey per… aspetti che do un’occhiata… ecco qui. Due anni. Mai una lamentela.»

«Dove lavorava prima?»

«Prima dei Ramsey… non saprei dirle.» Nella sua voce era affiorata una vena di circospezione.

«Non aveva le carte in regola?»

«Quando si è presentata da noi, la sua situazione era del tutto legalizzata. Almeno in base ai documenti che ci ha mostrato. Noi facciamo del nostro meglio per…»

«Signor Sanchez, l’immigrazione clandestina è un problema che non mi concerne e non m’interessa…»

«Anche se fosse, detective, noi non abbiamo niente da nascondere. Le nostre donne hanno tutte regolare permesso di soggiorno. Noi le piazziamo nelle case migliori e non possiamo permetterci che ci sia nemmeno il minimo…»

«Naturalmente», tagliò corto Petra. «La prego, mi dia il nome e il numero di telefono del figlio della signora Flores.»

«Javier», rispose lui, per poi riferirle un indirizzo di Santa Cristina in San Salvador e un recapito telefonico. «È avvocato.»

«Non sa di altri posti dove ha lavorato?»

«Ci ha detto di aver lavorato per una famiglia di Brentwood, ma solo per tre mesi. Non ho il nome. Non voleva usarli come referenze perché diceva che erano ‘immorali’.»

«Immorali in che senso?»

«Credo che si riferisse al bere. La signora Flores è una donna… molto virtuosa.»

Petra riattaccò, rifletté sulla scomparsa della cameriera. Se la Flores se n’era andata spontaneamente, perché non aveva contattato il figlio? Non bisognava essere molto virtuosi per provare repulsione per un omicidio. Aveva visto qualcosa? O era stata vista?

Come procedere adesso… altre telefonate alle sottostazioni per vedere se la Flores era ricomparsa come vittima di qualche incidente? Improbabile. Se Ramsey l’aveva eliminata perché avrebbe potuto far saltare il suo alibi, ne aveva senza dubbio nascosto il corpo.

Meglio fare una scappata a RanchHaven e rivolgere ai guardiani quelle domande che aveva rimandato troppo a lungo. Già che c’era avrebbe potuto andare a trovare di nuovo Ramsey, buttare là qualche allusione alla Flores, vedere come reagiva.

Entrò Fournier che la chiamò con un dito. Era contrariato. Qualcosa a che vedere con il bambino? Si affrettò a raggiungerlo.

«Che c’è?»

«C’è della gente ansiosissima di conoscerti.» Inclinò la testa in direzione del corridoio. Petra guardò fuori e vide una coppia sulla cinquantina che attendeva a qualche passo dalla sala operativa. Benvestiti, girati dall’altra parte.

«I genitori?»

«In persona» confermò Fournier. «Schoelkopf mi ha intercettato mentre arrivavo, ha detto che vogliono un resoconto di prima mano da tutti e tre. Dov’è Ken?»

«Non lo so.»

Il tono della voce lo lasciò perplesso. «Sai che cosa vogliono?»

«Informazioni. Ne hai?»

«No. E tu?»

«Ho sentito ricoveri e chiese e qualcuno dei nostri che si occupa dei minori. Nessuno conosce il ragazzo. Un paio di assistenti sociali dicono che è possibile che l’abbiano visto in giro, ma che non è stato in nessun centro di accoglienza.»

«Un vagabondo», commentò Petra. Pensando al fegato che doveva avere un undicenne per vivere da solo in un parco.

«Andiamo a fare la nostra buona opera da missionari», disse Fournier. «Un poliziotto in gonnella e uno con la faccia color carbone. Con questi due che sembrano arrivati freschi freschi dal secolo scorso.»

La signora Boehlinger era in tutto e per tutto come Petra l’aveva immaginata: minuta, impeccabile, attraente. Un’attraenza intessuta di antiche malinconie, alla Pat Nixon. Capelli ondulati e vaporosi del colore dello champagne incorniciavano un viso rotondeggiante. Sopracciglia ricalcate. Figurino asciutto in un sobrio St. John’s nero. Scarpe scamosciate senza tacco con borsetta coordinata. Occhi rossi.

Il marito smentì le sue previsioni. Petra si era figurata un uomo imponente, sanguigno, simile in un certo senso a Ramsey. Il dottor John Everett Boehlinger era invece di statura sotto la media, con spalle strette e una fisionomia più brutta che bella: naso grosso, occhi piccoli e scuri, un collare di pelle afflosciata sotto il mento. L’ampia calvizie era contornata da una frangia grigia. Con quella barbetta color acciaio avrebbe potuto impersonare Freud in una festa di Halloween.

Indossava un tre pezzi nero, con camicia bianca e cravatta grigia a minuscoli pallini neri. Fazzoletto bianco di seta nel taschino. Gemelli di onice. Le scarpe nere erano lucide come olio motore.

Due persone piccole vestite a lutto. La signora Boehlinger teneva gli occhi fissi sulla parete davanti a sé, aprendo e chiudendo un pugno. Nell’altra mano stringeva la borsetta. Le unghie erano laccate, ma spuntate. Volgeva ancora la schiena al marito, non si girò quando Petra e Fournier si avvicinarono.