Misi il nastro nel proiettore video incorporato nella parete dell’ufficio, abbassai le luci e sedetti di fronte a Shara. La registrazione andò avanti per venti minuti, ininterrottamente, senza sonoro.
Era grandiosa.
«Sgomento» è una parola strana. Per sgomentarvi, una cosa deve colpirvi in un punto non ancora corazzato dal cinismo. Sembra che io sia nato cinico: mi sono sgomentato tre volte, a quanto ricordo. La prima volta fu quando, a tre anni, scoprii che c’era gente capace di far volutamente del male ai gattini. La seconda fu quando, a diciassette anni, scoprii che c’era gente capace di prendere l’LSD e di far del male ad altri per divertimento. La terza volta fu quando finì Massa è un verbo e Carrington disse, in normalissimo tono decisivo: — Molto piacevole; molto elegante. Mi piace, — e io scoprii, a quarantacinque anni, che c’erano uomini, uomini intelligenti, non cretini, che erano capaci di veder danzare Shara Drummond senza capire. Tutti noi, anche i più cinici, abbiamo sempre qualche illusione che ci è cara.
Shara, non so come, lasciò che quel commento le rimbalzasse addosso; ma vidi che il maggiore era sgomento quanto me, e si dominava con un visibile sforzo.
Approfittando di quell’occasione per distrarmi dall’orrore e dallo sbigottimento, lo studiai con più attenzione, e per la prima volta mi domandai cosa ci faceva lì. Aveva la mia età, era magro e più solido di me, con i capellli cortissimi e argentei e un paio di baffetti ben curati. L’avevo preso per un amico di Carrington, ma tre cose mi fecero cambiare idea. Qualcosa di indefinibile, nei suoi occhi, mi diceva che era un militare con una lunga esperienza in combattimento. Qualcosa di altrettanto indefinibile nel portamento mi diceva che era in servizio. E qualcosa di molto definibile nella piega della sua bocca mi diceva che era disgustato del dovere che doveva compiere.
Quando Carrington continuò — Che ne pensa, maggiore? — in toni educati, il maggiore indugiò un momento, raccogliendo i pensieri e scegliendo le parole. Parlò, ma non si rivolse a Carrington.
— Miss Drummond — disse, — io sono il maggiore William Cox, comandante della S.C. Champion, e sono onorato di conoscerla. È la cosa più commovente ed esaltante che abbia mai visto.
Shara lo ringraziò, seria. — Questo è Charles Armstead, maggiore Cox. Ha effettuato la registrazione.
Cox mi guardò con un rispetto nuovo. — Un lavoro magnifico, Mr. Armstead. — Mi tese la mano e gliela strinsi.
Carrington incominciò a rendersi conto che noi tre avevamo in comune qualcosa che lo escludeva. — Sono contento che le sia piaciuto, maggiore — disse senza la minima traccia di sincerità. — Potrà rivederlo sul suo televisore domani sera, se sarà fuori servizio. E naturalmente, a tempo debito saranno disponibili le cassette. Adesso, forse, possiamo tornare al nostro problema.
La faccia di Cox si chiuse di colpo, divenne rigida e formale. — Come vuole, signore.
Ero perplesso, e cominciai a parlare di quello che pensavo fosse il problema. — Vorrei che questa volta alla trasmissione provvedesse il suo capo delle comunicazioni, Mr. Carrington. Io e Shara saremo troppo occupati per…
— Il mio capo delle comunicazioni provvederà alla trasmissione Armstead — m’interruppe Carrington. — Ma non credo che sarete particolarmente occupati.
Io ero intontito per il sonno perduto: ci misi un po’ di tempo a capire.
Carrington toccò la scrivania: — McGillicuddy, venga subito qui — disse ritirando la mano. — Vede, Armstead, lei tornerà immediatamente sulla Terra con Shara. Immediatamente.
— Cosa?
— Bryce, non puoi — gridò Shara. — Hai promesso.
— Ho promesso che ci avrei pensato, mia cara — la corresse lui.
— Un accidente. È stato varie settimane fa. Ieri notte hai promesso.
— Davvero? Mia cara, non c’erano testimoni presenti stanotte. Ed era meglio così, non sei d’accordo?
Io ero ammutolito per la rabbia.
Entrò McGillicuddy. — Salve, Tom — disse gentilmente Carrington. — Lei è licenziato. Tornerà immediatamente sulla Terra con Miss Drummond e Mr. Armstead, a bordo della nave del maggiore Cox. La partenza avverrà tra un’ora, e non dimentichi niente cui è affezionato. — Girò gli occhi da McGillicuddy a me. — Dalla scrivania di Tom si può controllare tutti i videotelefoni di Skyfac. Dalla mia scrivania si può controllare quella di Tom.
Shara parlò a voce bassa. — Bryce, due giorni. Maledizione, di qualcosa è il tuo prezzo.
Carrington sorrise lievemente. — Mi dispiace, tesoro. Quando è stato informato del tuo svenimento, il dottor Panzarella si è espresso in termini molto precisi. Neppure un giorno. Viva, rappresenti un notevole vantaggio per l’immagine dello Skyfac… sei il mio dono al mondo. Morta, saresti un peso pericoloso. Non posso permetterti di morire nella mia proprietà. Prevedevo che ti saresti opposta all’idea di partire, e quindi… — Lanciò un’occhiata a Cox. — Quindi ho parlato con un amico nelle alte sfere del Comando Spaziale, che mi ha fatto la cortesia di mandare qui il maggiore per accompagnarti a casa. Non sei in arresto nel senso legale del termine… ma ti assicuro che non hai scelta. Vale qualcosa di simile al principio della custodia protettiva. Addio, Shara. — Fece per prendere dalla scrivania un fascio di rapporti, e io feci qualcosa che mi meravigliò moltissimo.
Scavalcai d’un balzo la scrivania e abbassai la testa per centrarlo in pieno allo sterno. La sua poltroncina era imbullonata al pavimento, e si spezzò di netto. Io mi ripresi così magnificamente che ebbi il tempo di sferrargli uno splendido destro. Sapete che, quando colpite secco un pallone da basket, rimbalza sul pavimento? È quello che fece la testa di Carrington, al rallentatore per via della bassa gravità.
Poi Cox mi rimise in piedi di peso e mi spinse nell’angolo più lontano della stanza. — No — mi disse, e la sua voce doveva essere satura di quell’«abitudine al comando» di cui parlano tanto perché mi bloccò di colpo. Rimasi lì ad ansimare mentre Cox aiutava Carrington a rialzarsi.
Il milionario si tastò il naso fracassato, si guardò le dita sporche di sangue e mi fissò con occhi pieni d’odio. — Lei non lavorerà mai più in televisione, Armstead. È finito. Finito. Di-soc-cu-pa-to, ha capito?
Cox gli batté la mano sulla spalla, e Carrington si voltò di scatto. — Cosa diavolo vuole? — latrò.
Cox sorrise. — Carrington, una volta il mio povero padre disse: Bill, fatti i nemici per scelta, non per caso. In tutti questi anni, ho avuto modo di scoprire che è un ottimo consiglio. Lei mi fa schifo.
— Ed è ancora poco — confermò Shara.
Carrington sbatté le palpebre. Poi gonfiò quelle spalle assurdamente larghe e ruggì: — Fuori, tutti quanti! Fuori subito dalla mia proprietà!
Per tacito consenso, attendemmo che parlasse anche McGillicuddy. — Mr. Carrington, è un privilegio e un onore essere stato licenziato da lei. La considererò sempre una vittoria di Pirro da parte sua. — Gli rivolse un mezzo inchino, e uscimmo, tutti euforici per una sensazione adolescenziale di trionfo che durò circa dieci secondi.
L’impressione di precipitare che si ha in gravità zero è vera, letteralmente, ma l’organismo impara presto a trattarla come un’illusione. Adesso, a gravità zero per l’ultima volta, per quell’ultima mezz’ora prima di ritornare nel campo gravitazionale della Terra, sentivo di cadere. Precipitavo in un pozzo di gravità senza fondo, trascinato giù da un’incudine che era il mio cuore, mentre sopra di me fluttuavano i brandelli di un sogno che avrebbe dovuto sostenermi.
La Champion era tre volte più grande dello yacht di Carrington, e questo mi diede una soddisfazione puerile fino a che ricordai che Carrington l’aveva fatta venire lì senza dover pagare il combustibile e l’equipaggio. Una sentinella, nella camera di compensazione, ci salutò militarmente quando entrammo. Cox ci portò in uno scompartimento a poppa e ci disse di allacciarci le cinture. Notò il modo in cui usavo soltanto la mano sinistra per aggrapparmi e darmi la spinta, e quando ci fermammo disse: — Mr. Armstead, il mio povero padre mi disse anche questo: «Colpisci le parti molli con la mano. Le parti dure colpiscile con un corpo contundente.» A parte questo, non trovo nulla da criticare nella sua tecnica. Mi dispiace di non poterle stringere la mano.