Keith guardò Rissa, sempre con la fronte aggrottata. Lei non fece obiezioni. «Va bene» disse il direttore. «Questa sembra senz’altro una scoperta importante, degna di maggiori…»
«Perdonami per l’interruzione» interloquì Rombo «ma ho registrato un impulso tachionico.» Rombo fece ruotare l’ologramma del campo stellare che circondava il ponte fino a portare la scorciatoia nella posizione centrale. Quell’operazione fece tornare in mente a Keith la nausea che aveva provato in un planetario, quando l’operatore aveva voluto dimostrare quanto può essere divertente l’astronomia. Jag si portò rapidamente alla sua postazione, alla sinistra di Keith. La scorciatoia era una spruzzata di puntini verdi, il colore di ciò che la stava attraversando, circondata dal solito anello violetto di radiazione Soderstrom.
«È una nave del Commonwealth?» domandò Keith.
«No» rispose Rombo. «Non capto nessun segnale di radiofaro.» La chiazza verde continuò a crescere.
“Incredulo: questa sì è luce” fu la traballante traduzione di Phantom delle parole che lampeggiavano sul mantello di Rombo. Ma l’ib aveva ragione: la scorciatoia era l’oggetto più luminoso del cielo, superava perfino la stella di classe A che Jag aveva scelto per l’analisi.
«Qualunque cosa sia, diamole lo spazio che le serve» disse Keith. «Thor, facci arretrare.»
«Agli ordini.»
Keith guardò alla sua sinistra. «Jag, analisi spettroscopica.»
Il waldahud lesse i dati su un monitor. «Analisi completata: idrogeno, elio, carbonio, azoto, ossigeno, neon, magnesio, silicio, ferro…»
«Il colore pare verde purissimo» lo interruppe Keith. «Che sia un laser?»
Jag rivolse gli occhi di destra al direttore, tenendo gli altri due fissi sugli strumenti. «No, in quella luce non c’è niente di coerente.»
L’intenso bagliore verde stava ancora crescendo, era ormai un luminosissimo cerchio del diametro di parecchi metri.
«Forse lo scarico di un reattore a fusione?» suggerì Lianne. «Potrebbe essere una nave che emerge dalla scorciatoia con la parte posteriore, come se stesse decelerando.»
Jag consultò altri dati. «Di sicuro quella è la firma di una fusione» disse. «Ma se a generarla fosse un motore, dovrebbe essere “molto” potente.»
Keith si alzò dalla sua postazione e raggiunse Rombo. «C’è la possibilità di contattare quella nave?»
Una delle corde manipolatrici di Rombo sferzò un comando. «Chiedo scusa, ma non con segnali radio convenzionali. Quell’oggetto emette una quantità incredibile di impulsi elettromagnetici. Un collegamento iperspaziale potrebbe funzionare, ma non abbiamo modo di sapere quale livello quantistico usino per le comunicazioni.»
«Comincia dal più basso e sali» ordinò Keith. «Segui la normale sequenza dei numeri primi.»
Un’altra corda schioccò. «Trasmissione iniziata. Per provare ogni livello possibile, però, ci vorrebbe davvero l’eternità.»
Keith si girò verso Rissa. «Sembra che avrai l’opportunità di un primo contatto, dopo tutto.» Tornò a guardare la scorciatoia. «Accidenti quanto brilla.» Ormai ogni cosa sul ponte che non fosse celata dall’ologramma era immersa in quella luce verde. Anche se sull’invisibile pavimento non se ne notavano le ombre, gli altri membri dell’equipaggio erano tutti ammassati nella “galleria” dietro le postazioni computerizzate.
«È anche più luminoso di quello che sembra» osservò Jag. «La telecamera filtra la maggior parte della luce.»
«Che diavolo può essere?» domandò Keith, guardando Jag.
«Qualunque cosa sia» rispose l’altro «emette un fiume di particelle cariche.» Potrebbe essere un’arma a raggio particellare. «Il cerchio verde continuava a espandersi.» Il diametro attuale è di 110 metri «disse Jag.» Adesso 150. «I suoi latrati divennero sempre più sommessi, per l’incredulità.» Siamo a 250, no a 500. Un chilometro tondo tondo. Due chilometri!
Keith rivolse lo sguardo all’abbacinante immagine dell’ologramma. «Cristo» esclamò, schermandosi gli occhi con un braccio.
Schiocchi di corde dalla parte di Rombo… uno strillo in lingua ibese. «Sono contrito» disse dopo un attimo, mentre il suo display si oscurava leggermente. «La luminosità dell’oggetto ha ecceduto la compensazione automatica. Da adesso in poi controllerò il display direttamente.»
Il cerchio verde continuava a espandersi a tutta velocità. I suoi bordi erano corruschi di violette scariche Soderstrom, un alone pirotecnico che contornava il grande centro verde. L’area di mezzo aveva ancora l’apparenza di un cerchio piatto.
«La temperatura è di circa duemila gradi Kelvin» annunciò Jag.
«Accidenti com’è caldo» commentò Rissa. «Che cos e, in nome di Dio?»
Risuonò un allarme, che alternava toni alti e bassi. «Pericolo radiazioni!» gridò Lianne. Ruotò la sedia per guardare Keith negli occhi. «Contromisura raccomandata: spostare la Starplex.»
«D’accordo» disse Keith, tornando di corsa alla postazione di comando. «Thor, registra la posizione e allontanaci di altri 50 mila chilometri dalla scorciatoia.» Diede un’occhiata ai dati di navigazione. Rotta 210 gradi per 45 gradi. Usa solo i razzi, non voglio entrare nell’iperspazio finché non so che cos’è uscito dalla scorciatoia.
«Agli ordini, capo» disse Thor, con le mani che volavano sugli strumenti.
La crescita del cerchio verde rallentò ma non si fermò. Il suo ritmo di espansione superava la velocità di manovra della Starplex.
«Non immaginavo che una scorciatoia potesse aprirsi così tanto» disse Rombo. «Jag, hai idea di che cosa stia sbucando da lì?»
Le due coppie di spalle di Jag salirono e scesero. «Oggetto sconosciuto. L’analisi spettrale è insolita… troppe righe di assorbimento di Fraunhofer per elementi pesanti. Nessun riscontro nei nostri database.» Fece una pausa. «Se davvero si tratta dello scarico di un motore a fusione, deve essere immenso.»
«Sembra sempre perfettamente piatto» intervenne Rissa. «Come fa a continuare a espandersi restando un cerchio?»
«L’apparente espansione è causata dalla dilatazione dell’apertura della scorciatoia» rispose Jag. «La velocità di apertura non è istantanea, e quando una scorciatoia viene toccata da una superficie piatta si mantiene circolare fino a quando non raggiunge gli orli dell’oggetto.» Con gli occhi di sinistra diede un’occhiata agli strumenti. «Il ritmo di apertura sta crescendo, anche se non in maniera costante.»
L’alone viola che rappresentava i confini del portale era una linea impercettibile intorno al cerchio immenso, simile alla riga opaca che circondava un’astronave di un vecchio film di fantascienza.
«Quanto è grande adesso?» domandò Keith.
Evidentemente Jag si era stancato di rispondere a questa domanda. Premette alcuni tasti sulla sua consolle e intorno al cerchio verde comparvero tre righelli con differenti unità di misura, che si disposero sui tre lati come una cornice. Adesso il diametro era di 450 chilometri.