Teshima guardò la donna e, rivolgendole un impercettibile inchino, cominciò ad allontanarsi. Gart, che per natura era altrettanto deferente nei confronti delle femmine, fece un secco cenno col capo e si incamminò in direzione opposta. Cheryl sbadigliò e tornò dentro, chiudendosi la porta dietro le spalle.
Keith rimase lì impalato, a guardare il waldahud che indietreggiava nel corridoio, arrabbiato con se stesso per non essere stato capace di affrontare la situazione. Si massaggiò le tempie. Siamo tutti prigionieri della biologia, pensò. Teshima che non può trascurare le richieste di una donna graziosa e Gart che non è capace di disubbidire agli ordini di una femmina.
Quando Gart fu fuori vista, Keith lo seguì lungo il passaggio freddo e umido. A volte, pensò, sarebbe una soddisfazione essere un maschio dominante.
Rissa sedeva alla sua scrivania, intenta a svolgere il lavoro che più detestava: le formalità burocratiche. Quello che ancora veniva chiamato “riempire i moduli”, anche se ormai non esisteva più nessun modulo stampato.
Suonò il cicalino e Phantom disse: “Carro Merci è alla parta”.
Rissa ripose lo stilo-input e si ravviò i capelli. Buffo preoccuparsi di avere i capelli in disordine, si disse, quando l’unico che può vederli non è neppure umano. «Falla entrare.»
L’ib avanzò sulle sue rotelle. Phantom fece scivolare la multisedia in un angolo per farle posto. «Ti prego di perdonarmi per il disturbo, cara Rissa» disse con il suo ricco accento britannico.
Rissa scoppiò a ridere. «Non mi disturbi affatto, credimi. In questo momento qualunque interruzione è benvenuta.»
La rete di sensori di Carro Merci s’inarcò come la vela di una nave, per consentirle di vedere la scrivania di Rissa. «Moduli» commentò. «Un lavoro noioso.»
Rissa le sorrise. «L’hai detto. Che cosa posso fare per te?»
Vi fu una lunga pausa di silenzio, insolita per un ib. Poi, alla fine: «Sono venuta per la disdetta.»
Rissa la guardò, perplessa. «Disdetta?»
Sulla rete le luci danzarono. «Le mie scuse più profonde se questa espressione non è corretta. Intendevo dire che, con rimpianto, non potrò più lavorare qui. Con decorrenza a partire dal quinto giorno da adesso.»
Rissa sentì la propria fronte sollevarsi. «Te ne vai? Dai le dimissioni?»
Altre luci saltellarono sulla rete. «Sì.»
«Perché? Credevo che le ricerche sulla senescenza ti interessassero. Se desideri essere assegnata a qualche altro compito…»
«Non si tratta di questo, cara Rissa. La ricerca è affascinante e inestimabile, e tu mi hai onorato permettendomi di prendervi parte. Ma fra cinque giorni altre priorità avranno la precedenza.»
«Quali priorità?»
«Ripagare un debito.»
«Nei confronti di chi?»
«Di altre bioentità integrate. Entro cinque giorni dovrò andarmene.»
«Dove?»
«No, non andare via. “Andarmene.”»
Rissa fece un sospiro e guardò il soffitto. «Phantom, sei sicuro di aver tradotto correttamente le parole di Carro Merci?»
“Credo di sì, signora” replicò Phantom nell’auricolare di lei.
«Carro Merci, non comprendo la distinzione che fai tra “andare via” e “andartene”» disse Rissa.
«Non andrò in nessun posto, in senso fisico» rispose Carro Merci. «Me ne andrò nel senso di andarmene. Morire.»
«Di mio!» esclamò Rissa. «Sei malata?»
«No.»
«Ma non sei abbastanza vecchia per morire. Mi hai detto più volte che gli ib vivono esattamente 641 anni. E tu hai appena passato i 600.»
La rete di sensori di Carro Merci prese un color salmone, ma l’emozione correlata non doveva avere un equivalente terrestre perché Phantom decise di non premettere alla sua replica alcun commento parentetico. «Ho 600 anni, secondo i termini terrestri. Il mio tempo ha raggiunto i suoi quindici sedicesimi.»
Rissa la guardò a bocca aperta. «Che cosa significa?»
«Per le trasgressioni commesse in gioventù. Mi è stata assegnata una pena pari a un sedicesimo di vita, per cui sarò terminato la settimana prossima.»
Rissa non sapeva che cosa dire. Alla fine optò per la semplice ripetizione della parola “terminata”, come se forse almeno quella potesse essere stata fraintesa.
«Esatto, cara Rissa.»
Vi fu un altro momento di silenzio. «Quali crimini hai commesso?»
«Mi imbarazza parlarne» disse Carro Merci.
Rissa tacque, in attesa che la ib continuasse comunque. Non lo fece.
«Ti ho riferito molte informazioni estremamente private riguardo a me stessa e al mio matrimonio» osservò Rissa con serenità. «Siamo amiche, Carro Merci.»
Ancora silenzio. Forse la ib stava lottando con i suoi sentimenti. Alla fine disse: «Quando ero una novizia terziaria, una posizione che da voi corrisponde a quella di una studentessa universitaria, ho riportato in modo non corretto i risultati di un mio esperimento.»
Rissa aggrottò la fronte. «Tutti fanno errori, Carro Merci. Non riesco a credere che tu sia stata punita così severamente per una cosa simile.»
Le luci di Carro Merci sfavillarono follemente. Sembrava un segno di costernazione, ma ancora una volta Phantom non fornì alcuna versione verbale. Poi: «I risultati non furono riportati erroneamente per cause accidentali.» Il manto della ib rimase buio per parecchi secondi. «Ho falsificato i dati deliberatamente.»
Rissa si sforzò di mantenere un’espressione neutra. «Oh.»
«Non ritenevo che l’esperimento avesse un gran significato, ma sapevo… o, meglio, immaginavo: non sapevo un bel niente, a quei tempi… quali risultati avrebbe dovuto avere. A posteriori mi rendo conto che sapevo soltanto quali risultati avrei voluto avere.» Buio, pausa. «Comunque sia, altri ricercatori si sono affidati ai miei risultati. Molto tempo è stato sprecato.»
«E per questo ti uccideranno?»
Tutte le luci della rete di Carro Merci si accesero contemporaneamente: una manifestazione di orrore assoluto. «Non si tratta affatto di un’esecuzione sommaria, Rissa. Su Flatlandia esistono soltanto due crimini capitali: l’uccisione di un baccello e la formazione di una gestalt con più di sette componenti. Quanto a me, si tratta di un semplice accorciamento del mio tempo di vita.»
«Ma… ma se adesso hai 600 anni, quanto tempo fa hai commesso il tuo crimine?»
«Avevo 24 anni.»
«Phantom, che anno era sulla Terra a quel tempo?»
“Il 1516, signora.”
«Buon Dio!» esclamò Rissa. «Carro Merci, non è possibile che ti puniscano dopo così tanto tempo per una banale infrazione.»
«Il trascorrere del tempo non ha mutato l’impatto di ciò che ho commesso.»
«Però da quando sei salita a bordo della Starplex sei protetta del Trattato del Commonwealth. Puoi chiedere asilo qui. Possiamo trovarti un avvocato.»
«Rissa, le tue preoccupazioni sono commoventi, ma io sono preparata a pagare il mio debito.»
«È successo tanto tempo fa. Forse ti hanno perdonata.»
«Gli ib non dimenticano, lo sai. Dal momento che le matrici si formano nel cervello dei nostri baccelli a ritmo costante, noi abbiamo una memoria eidetica. Ma anche se i miei compatrioti avessero dimenticato, non farebbe differenza. È una questione di onore.»
«Perché non ne hai mai fatto parola?»
«La mia punizione non richiedeva la diffusione della verità. Mi è stato consentito di vivere senza questa costante vergogna: qui, però, il contratto che ho sottoscritto richiede che io dia un preavviso di cinque giorni se desidero andarmene. Ed è per questo che adesso, per la prima volta dopo 581 anni, parlo a qualcuno del mio crimine.» La ib tacque. «Se lo ritieni accettabile, passerò i giorni che mi rimangono a riordinare le nostre ricerche, cosicché tu e altri possiate proseguirle senza difficoltà.»