Keith piegò avanti e indietro le punte dei piedi. «Ah sì?»
«Se ne va.»
«Davvero? Ha avuto un’offerta migliore da qualcun altro?»
Rissa scosse il capo. «La settimana prossima si scorporerà. Seicento anni fa è stata condannata a una pena pari a un sedicesimo della sua vita, perché ha fatto sprecare del tempo a un po’ di gente.»
Keith rimase zitto per parecchi secondi. «Ah.»
«Non sembri sorpreso» commentò Rissa.
«Conoscevo questa procedura. Anche se l’ossessione degli ib per lo spreco di tempo mi è sempre sembrata pazzesca. Dopo tutto vivono per centinaia di anni.»
«Per loro si tratta del normale arco di vita e non lo ritengono affatto eccessivamente lungo.» Una pausa. «Non puoi permettere che se ne vada così.»
Keith allargò le braccia. «Non saprei come intervenire.»
«Maledizione, Keith. L’esecuzione si svolgerà qui, sulla Starplex. Dovrebbe essere la tua giurisdizione.»
«Sì, per ciò che riguarda la nave. Quanto al resto…» Alzò gli occhi al soffitto. «Phantom, quali poteri ho in questa faccenda?»
“Secondo la giurisprudenza del Commonwealth, sei obbligato a riconoscere qualunque sentenza emanata dai singoli governi” rispose il computer. “La consuetudine ib di comminare pene pari a una porzione del tempo di vita è esplicitamente esclusa dalla sezione che riguarda punizioni abnormi e crudeli. Di conseguenza non hai il potere di interferire.”
Keith allargò le braccia e guardò Rissa. «Mi spiace.»
«Ma la sua colpa è piccolissima, insignificante.»
«Hai detto che ha contraffatto qualche dato?»
«Sì, quando ancora studiava. È stata una stupidaggine, sono d’accordo, però…»
«Lo sai come la pensano gli ib a proposito degli sprechi di tempo, Rissa. Immagino che altri si siano fidati dei suoi risultati, giusto?»
«Sì, ma…»
«Ascolta, gli ib vengono da un pianeta perpetuamente coperto dalle nuvole. Dalla superficie non si possono vedere né stelle né lune, e il loro sole è una chiazza di nubi appena un po’ più brillante del resto. Nonostante questo, studiando le maree di quelle pozzanghere che da loro passano per oceani, sono riusciti a dedurre l’esistenza delle lune. Sono perfino riusciti a intuire l’esistenza degli altri pianeti e delle stelle, e tutto ciò prima di viaggiare oltre l’atmosfera. Sono arrivati con il ragionamento a conclusioni che per noi umani sarebbero state impossibili, accetto scommesse. Ed è soltanto perché vivono così a lungo che sono stati capaci di risolvere quegli enigmi: su un mondo simile, una razza a vita più corta non sarebbe mai arrivata a intuire l’esistenza di un universo esterno. Anche così, tuttavia, per arrivare a simili risultati dovevano essere certi di potersi fidare delle osservazioni fatte e dei risultati ottenuti da altri. Se qualcuno avesse cominciato a contraffare i dati, tutto sarebbe crollato.»
«Ma dopo tutto questo tempo è impossibile che ciò che lei ha fatto interessi ancora a qualcuno. E poi… io ho bisogno di lei. Lei è importante per la mia squadra, ed è mia amica.»
Keith allargò le braccia. «Cosa vorresti che facessi?»
«Parlale. Dille che non è obbligata ad andarsene così.»
Keith si grattò l’orecchio sinistro. «Va bene» disse infine. «Lo farò.»
Rissa gli sorrise. «Grazie. Sono certa che lei…»
L’intercom ronzò. “Colorosso per Lansing” disse una voce femminile. Franca Colorosso era la responsabile delle operazioni interne del turno delta.
Keith piegò la testa verso l’alto. “Aperto. Sono Keith. Che c’è, Franca?”
“Da Tau Ceti è uscito un watson. Portava notizie che credo dovresti ascoltare. In un certo senso sono notizie vecchie, inviate dal Sole a Tau Ceti via radio iperspaziale sedici giorni fa. Grand Central ce le ha ritrasmesse non appena sono arrivate.”
“Grazie. Incanalale sul mio monitor privato.”
“D’accordo. Chiudo.”
Keith e Rissa si girarono entrambi verso la parete. Si trattava di un servizio del notiziario mondiale della BBC, letto da un indio-orientale che sfoggiava capelli grigio acciaio. “Non si allenta la tensione tra i due governi del Commonwealth” disse. “Da una parte le Nazioni Unite di Sole, Epsilon Indi e Tau Ceti, dall’altra il governo mondiale di Rehbollo. Voci di un ulteriore deterioramento della situazione si sono diffuse oggi in seguito al secco annuncio della chiusura di altre tre ambasciate di Rehbollo, a New York, Parigi e Tokyo. Dopo le quattro chiusure della settimana scorsa, restano ormai aperte nell’intero sistema solare soltanto le ambasciate di Bruxelles e di Ottawa. I membri del corpo diplomatico delle ambasciate chiuse oggi si sono già imbarcati su astronavi waldahud e sono attualmente diretti verso la scorciatoia di Tau Ceti.”
Sull’inquadratura comparve il grugno di un waldahud. La scritta alla base dello schermo lo identificava come il plenipotenziario Daht Lasko em-Wooth. Parlava in inglese senza l’ausilio di un traduttore, una prodezza rara per un membro della sua razza. “Devo annunciare con grande dispiacere che necessità economiche ci costringono a partire. Come sapete, i sistemi economici di tutte le razze del Commonwealth sono stati sconvolti dall’inatteso sviluppo del commercio interstellare. La riduzione del numero delle ambasciate sulla Terra rappresenta dunque un semplice adeguamento alle necessità dei tempi.”
Sullo schermo comparve una donna africana di mezza età, identificata come Rita Negesh, docente all’università di Leeds e specializzata nei rapporti politici Terra-Rehbollo. “Questa non me la bevo” disse. “Per quanto ne capisco io, Rehbollo sta richiamando i suoi ambasciatori.”
“E questo a che cosa prelude?” domandò una voce maschile fuori campo.
Negesh allargò le braccia. “Quando l’umanità mosse verso lo spazio, molti sapientoni si affrettarono a dichiarare che l’universo era così ricco e sconfinato che non esisteva possibilità materiale di conflitti interplanetari. La rete delle scorciatoie, però, ha cambiato tutto: ci ha imposto una vicinanza forzata con altre razze, forse prima che fossimo pronti ad accettarla.”
“Con quali conseguenze?” domandò l’invisibile intervistatore.
“Che se ci trovassimo di fronte a un… incidente, le conseguenze potrebbero non riguardare soltanto l’economia. Potrebbero coinvolgere un fatto molto più elementare: che umani e waldahudin si danno sui nervi a vicenda.”
Il monitor a parete tornò a mostrare l’ologramma del lago Louise. Keith guardò Rissa lasciandosi sfuggire un lungo sospiro. «Un “incidente”» ripeté. «Be’, se non altro siamo tutti e due troppo vecchi per essere arruolati.»
Rissa lo guardò a lungo senza pronunciare una parola. «Credo che non faccia differenza» disse alla fine. «Siamo già sulla linea del fronte.»
14
Per Keith era sempre un piacere andare in ascensore ai moli d’attracco. La cabina scese fino al ponte 31, quello più elevato dei dieci che costituivano il disco centrale, poi iniziò a muoversi in orizzontale lungo uno dei quattro raggi della ruota verso il bordo esterno del disco. I raggi però erano trasparenti, così come le pareti della cabina dell’ascensore e i pavimenti, in modo che i passeggeri dovessero solo abbassare lo sguardo per vedere il vasto oceano circolare. Keith notò le pinne dorsali di tre delfini che nuotavano appena sotto la superficie. Gli agitatori sulle pareti dell’oceano e lungo lo stelo centrale provocavano rispettabili onde dell’altezza di mezzo metro. I delfini le preferivano al mare calmo. Il ponte oceano aveva un raggio di 95 metri, ma Keith continuava a sorprendersi ogni volta che calcolava quanta acqua contenesse. Il soffitto era un ologramma in tempo reale del cielo della Terra, con candide nubi in movimento contro uno sfondo che aveva quella speciale punta di azzurro che toccava sempre il cuore di Keith.