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«In Spagna si è bagnata la campagna» borbottò Rissa sogghignando.

«Chiedo mille volte scusa» disse Rombo. «Il mio traduttore deve essersi guastato.»

Il sorriso di Rissa si allargò. «Non si è guastato. Ma ho idea che abbia capito: credo che abbiamo preso contatto.»

Keith indicò il display. «Qual è che ci sta parlando?»

Le corde danzarono sulla consolle di Rombo. «Quella» rispose, mentre un alone azzurro appariva intorno a uno dei cerchi rossi. Azionò altri comandi sulla sua consolle. «Ecco, permettimi di darti un’immagine migliore. Adesso che abbiamo la stella verde per l’illuminazione, possiamo ottenere buone inquadrature dei singoli matos.» Il cerchio rosso scomparve, sostituito da una versione in grigio su nero della sfera.

«Non puoi aumentare il contrasto?» domandò Keith.

«Con piacere.» Le zone della sfera che prima erano apparse grigie o fumose apparivano ora in una vasta varietà di sfumature, che arrivavano al bianco più candido.

Keith la osservò con attenzione. Con il contrasto aumentato era comparsa una coppia di bianche linee di convezione verticali che andavano da polo a polo ed erano particolarmente luminose all’equatore. «L’occhio di un gatto» disse.

Rissa annuì. «Gli assomiglia proprio, vero?» Toccò alcuni comandi. «D’accordo, Occhio di Gatto, vediamo quanto intelligente sei.» Una barra orizzontale nera apparve sulla bolla olografica: era lunga circa un metro e larga una quindicina di centimetri. «Quella barra rappresenta una serie di lampade a fusione sulla sonda» spiegò Rissa. «Finora le lampade sono rimaste sempre spente. E adesso, state a guardare.» Premette un pulsante sulla consolle. La barra nera diventò rosa shocking per tre secondi, tornò nera per tre secondi, due volte rosa in rapida successione, si oscurò per altri tre secondi, poi lampeggiò ancora tre volte. «Quando la barra è rosa, tutte le lampade a fusione sono accese» disse Rissa. «La sonda trasmette anche rumore radio quando le luci sono accese, mentre tace quando le luci sono spente. Ho sintonizzato gli altoparlanti del ponte sulla frequenza di trasmissione usata da Occhio di Gatto.»

Gli altoparlanti erano silenziosi, ma Keith vide gli indicatori ammiccare sul pannello di Rombo: segno che c’erano comunicazioni su altre frequenze.

Rissa attese per trenta secondi, poi toccò un tasto. L’intera sequenza si ripeté: un lampo, due lampi, tre lampi.

Questa volta la risposta fu immediata: tre parole matos, che Phantom tradusse con tre schemi distinti di biip e tuut.

«Bene» disse Lianne «se siamo fortunati questo è il modo matos di dire uno, due e tre.»

«A meno che» disse Thor «non sia il modo matos per dire “che diavolo…?”»

Rissa sorrise e premette di nuovo lo stesso tasto. La sonda emise ancora il suo “uno, due, tre”, e Occhio di Gatto rispose con le stesse tre parole. «Va bene» disse Rissa. «E adesso il vero test.» Premette un altro tasto e tutti videro la barra nera pulsare nella sequenza opposta: tre, due, uno.

Il matos reagì con tre parole. Keith non ne era sicuro, però…

«Tombola!» strillò Rissa. «Sono le stesse parole che Occhio di Gatto ha pronunciato prima, ma in ordine inverso. Capisce ciò che gli stiamo dicendo e dunque è intelligente, almeno in modo rudimentale.» Rissa ripeté la sequenza e questa volta Phantom fece sentire in corrispondenza le parole terrestri “tre, due, uno” pronunciate da una voce maschile con accento francese… evidentemente questo sarebbe stato lo standard per i matos.

La squadra di turno sul ponte osservò in silenzio Rissa imparare le parole matos che indicavano i numeri dal 4 al 100. Né lei né Phantom individuarono un qualunque schema ripetitivo nella costruzione delle parole che permettesse di dedurre la base numerica usata dai matos: sembrava che ogni numero fosse rappresentato da una parola indipendente dalle altre. A cento si fermò, nel timore che il matos si annoiasse del gioco e smettesse di comunicare con lei.

Passò quindi agli esercizi di aritmetica: due lampi, una pausa di sei secondi (il doppio del normale), altri due lampi, un’altra pausa di sei secondi e infine quattro lampi.

Occhio di Gatto fornì ubbidiente le parole due, due e quattro, per le prime cinque ripetizioni della sequenza. La sesta volta, però, mostrò di avere capito il significato delle pause prolungate: indicavano la mancanza di una parola. Phantom non attese la conferma di Rissa, e quando Occhio di Gatto tornò a parlare tradusse la frase matos come “due più due uguale quattro”, aggiungendo alla sua banca dati i termini matos per gli operatori “più” e “uguale”. In breve Rissa ottenne le parole matos corrispondenti a “meno”, “per” , “diviso”, “maggiore di” e “minore di”.

«Non ci sono dubbi» commentò Rissa con un sorriso che andava da orecchio a orecchio. «Abbiamo a che fare con creature di grande intelligenza.»

Keith scosse la testa, meravigliato, mentre Rissa continuava a usare la matematica per arricchire il suo vocabolario. Ben presto ottenne le parole matos per “esatto” e “scorretto” (o “sì” e “no”), che si augurava corrispondessero anche ai termini di “giusto” e “sbagliato” in altri campi. Chiese poi a Rombo di spostare la sonda in un certo modo (evitando con cura di innaffiare il matos con gli incandescenti gas di scarico dei motori Acs), e questo portò alle parole matos “su”, “giù”, “sinistra”, “destra”, “davanti”, “dietro”, “arretrare”, “avvicinarsi”, “svoltare”, “cadere”, “roteare”, “veloce”, “lento” e altre.

Facendo muovere la sonda in una rotta che passava intorno a Occhio di Gatto, Rissa riuscì a ottenere la parola matos per “orbita”, e ben presto recuperò anche le parole “stella”, “pianeta” e “luna”.

Usando filtri colorati sulle lampade a fusione della sonda, Rissa dedusse quindi i termini matos per le varie tinte. Passò quindi a trasmettere la sua prima semplice frase originale, cominciando con il nome assegnato arbitrariamente alla sonda portavoce della Starplex: “Starplex si muove verso la stella verde”. Chiese poi a Rombo di fare esattamente quanto annunciato.

Occhio di Gatto comprese immediatamente, poiché rispose con la parola che significava “esatto”. Poi inviò una sua frase: “Occhio di Gatto si allontana dalla Starplex” e subito mise in atto l’affermazione. Rissa replicò trasmettendo: “esatto”.

Quando il turno alfa giunse al termine, Keith andò nel suo appartamento per fare una doccia e cenare, ma Rissa restò al suo posto per tutta la notte, arricchendo sempre più il vocabolario di nuovi termini. Mai, nemmeno una volta, Occhio di Gatto mostrò il minimo segno di impazienza o di stanchezza. Quando arrivò l’ora di entrare in servizio per il turno gamma, Rissa aveva esaurito le energie e passò le consegne a Hek. I due lavorarono per quattro giorni, sedici turni, costruendo a poco a poco un vocabolario della lingua matos. Occhio di Gatto non manifestò mai alcun calo d’attenzione. Alla fine, a parere di Rissa, arrivarono al punto di poter affrontare una conversazione, sia pure elementare. Keith, in qualità di direttore, avrebbe controllato le domande, ma sarebbe stata Rissa a formularle.

«Chiedigli da quanto tempo si trova qui» disse Keith.

Rissa abbassò la testa verso lo stelo del microfono che emergeva dalla consolle. «Da quanto tempo sei qui?»

La risposta arrivò immediatamente: «Da quando abbiamo iniziato a parlare, per cento per cento per cento per cento per cento per cento.»

La voce di Phantom intervenne, con il risultato: “Cioè approssimativamente quattromila miliardi di giorni. Ovvero più o meno dieci miliardi di anni”.

«È ovvio che potrebbe esprimersi in senso figurato» commentò Rissa. «Per indicare un tempo lunghissimo.»

«Tuttavia» obiettò Jag «dieci miliardi di anni corrisponde in prima approssimazione all’età dell’universo.»