“Protocollo stabilito.”
«Registra quanto segue: da questo momento, ore 7:52, e finché l’ordine non verrà revocato da me personalmente, Jag Kandaro em-Pelsh è agli arresti domiciliari.»
“Registrato.”
La voce di Keith era controllata. «Adesso puoi abbandonare il ponte.»
Jag incrociò nuovamente le due coppie di braccia dietro la schiena. «Non credo che tu abbia il diritto di escludermi da questa stanza.»
«Un attimo fa volevi andartene» disse Keith. «Ovviamente parliamo di quando avevi l’autorità di lanciare una scialuppa e fuggire verso l’armata.»
Rombo aveva lasciato la postazione delle operazioni esterne ed era rotolato accanto alla consolle del direttore. Molte luci saltellarono qua e là sulla rete di sensori, i cui fili erano diventati gialli: il colore della rabbia. «Do il mio appoggio a Keith» disse la flemmatica voce britannica. «Tu hai compromesso tutto ciò per cui abbiamo lavorato. Lascia il ponte di tua volontà, Jag, altrimenti ti sbatterò fuori io.»
«Non puoi farlo. È contrario al codice operativo aggredire un essere senziente.»
Quando Rombo cominciò a muoversi verso Jag, aveva tutta l’aria di un rullo compressore vivente. «Stai a vedere» disse.
Jag mantenne il suo atteggiamento di sfida. Rombo ridusse ulteriormente la distanza che li separava, mentre le ruote con i bordi di quarzo riflettevano la luce stellare dell’ologramma che li avvolgeva tutti. I tentacoli-corde dell’ib emersero dal fascio in cui erano normalmente riposti e sferzarono l’aria come serpi infuriate. Solo allora Jag fece dietro front. Il panorama stellare di fronte a lui si spalancò e il waldahud uscì. La porta si chiuse.
Keith fece a Rombo un cenno di ringraziamento, poi domandò: «Thor, stato delle navi waldahud?»
Thorald Magnor rispose volgendo la testa di lato: «Assumendo che non abbiano niente di più dei normali laser per azioni di polizia, saremo a distanza di tiro fra tre minuti.»
«Quanto manca perché le nostre navi siano pronte per il lancio?»
Le luci di Rombo lampeggiarono una risposta mentre lui tornava alla sua postazione. «Due sono già pronte. Le altre tre… direi quattro minuti al massimo.»
«Voglio che siano lanciate tutte contemporaneamente. L’intera forza dev’essere fuori entro 240 secondi.»
«Agli ordini.»
«Saremo comunque in minoranza, otto contro cinque» osservò Thor.
Keith si accigliò. «Lo so, ma soltanto le nostre cinque più veloci navette sono attrezzate per essere pilotate da delfini. Rombo, non appena le navette saranno fuori dai moli, voglio piena potenza per gli schermi di forza. Taglia i motori, sposta tutta l’energia sugli schermi.»
«Agli ordini.»
«Lianne» continuò Keith «voglio mandare un messaggio a Tau Ceti con un altro Watson. Questo sparalo con un tubo guidamassa. Spediscilo in un’orbita di trasferimento che lo porti alla scorciatoia semplicemente per inerzia: voglio che per tutto il tragitto non faccia uso di energia.»
«Per arrivare alla scorciatoia in questo modo il Watson ci metterebbe tre giorni» fece notare Lianne.
«Me ne rendo conto. Calcola la traiettoria. Quanto tempo ho prima del lancio delle navi?»
«Due virgola cinque minuti» rispose Rombo.
Keith annuì e premette il pulsante privacy che eresse intorno alla sua postazione quattro doppie pareti a schermo di forza, vuote all’interno per impedire la propagazione dei suoni.
«Phantom» disse «cerca tutte le registrazioni delle ricerche effettuate da Gaf Kandaro em-Weel e dai suoi collaboratori, in particolare il materiale mai tradotto dal waldahudar.»
“Sto cercando. Ricerca completata.”
«Fammi vedere titoli e riassunti in inglese.»
Keith esaminò riga per riga i testi che comparvero sullo schermo. «Scarica in un Watson gli articoli numero 2, 19 e… vediamo, meglio aggiungere anche il 21, per sicurezza. Codifica tutto con la parola chiave “Kassabian”: K-A-S-S-A-B-I-A-N. Registra quanto segue e inseriscilo nel watson come messaggio non codificato:»
Da Keith Lansing a Valentina Ilianov, Provost, Nuova Pechino. Val, siamo attaccati da navi waldahud e non sarei sorpreso se tra poco toccasse a voi. Sono venuto a sapere che in teoria esiste un sistema per distruggere una scorciatoia, appiattendo lo spazio-tempo che la circonda e impedendole in tal modo di ancorarsi nello spazio normale. Se a un certo punto le forze d’invasione waldahud saranno prossime a sconfiggere la vostra flotta, forse sarete disposti a considerare la possibilità di distruggere l’uscita della vostra scorciatoia. Questo atto, è chiaro, isolerebbe il sistema Sole — Epsilon Indi — Tau Ceti dal resto della galassia e priverebbe le forze waldahud di ogni via di ritirata. Pensaci bene prima di farlo, amica mia. La tecnica si può desumere dagli articoli allegati al messaggio. Li ho codificati e la chiave è il cognome della donna sulla quale tutti e due abbiamo fantasticato molti anni fa. Fine.
“Fatto” disse Phantom.
Keith premette un pulsante e gli schermi scomparvero. «Lancia il watson,Lianne» disse.
«Agli ordini.»
Keith osservò la scatola di metallo allontanarsi dalla Starplex, alla deriva. Il cuore gli batteva forte. Se Val avesse deciso di usare quella tecnica ci sarebbe stata un’altra conseguenza che Keith non le aveva ricordato esplicitamente: anche lui e Rissa, e gli altri terrestri a bordo della Starplex, non avrebbero mai più rivisto le loro case.
«Ci siamo» esclamò Rombo. «Cinque. Quattro. Tre. Due. Uno. Lancio del PDQ. Tre. Due. Uno. Lancio del Rum Runner. Tre. Due. Uno. Lancio del Marc Garneau. Tre. Due. Uno. Lancio del Dakterth. Tre. Due. Uno. Lancio del Lunga Marcia.»
I lampi di fusione dei dieci motori gemelli rischiararono il cielo olografico quando le cinque sonde furono espulse dal disco centrale della Starplex. Le navi waldahud in avvicinamento erano ormai abbastanza vicine da poter essere visualizzate direttamente e non come triangoli colorati.
«Schermi di forza al massimo» comunicò Rombo.
«Apri cinque finestre negli schermi di forza e invia quanto segue, come messaggio laser in codice, a ciascuna delle nostre navi» ordinò Keith. «Nessuno deve fare fuoco a meno che i waldahudin non sparino a noi per primi. Forse basterà una dimostrazione di forza per convincerli a ritirarsi.»
«Hanno già liquidato uno dei nostri Watson» disse Thor.
Keith annuì. «Però se anche creature senzienti dovessero diventare bersagli, allora dovranno essere i waldahudin a cominciare.»
«Messaggio in arrivo» avvertì Lianne.
«Vediamolo.»
Apparve la faccia di Gawst. «Ultima possibilità, Lansing. Dichiara la resa della Starplex.»
«Nessuna risposta» disse Keith. Lanciò un’occhiata a un monitor. La Starplex era ancora orientata in modo che la serie inferiore di telescopi guardasse la stella verde e i caccia in avvicinamento.
«La nave di Gawst si avvicina velocemente» disse Thor. «Le altre sette stanno attestandosi a circa 9 mila chilometri da qui.»
«Tenetevi forte!» gridò Keith.
«Sta sparando!» esclamò Thor. «Un colpo contro i nostri schermi di forza. Nessun danno.»
«Quanto a lungo possiamo deflettere i suoi laser?» domandò Keith.
«Per altri quattro colpi, forse cinque» rispose Lianne.
«Le altre navi waldahud si stanno avvicinando. Tentano di circondarci» avvertì Thor.
«Vuoi che le nostre sonde attacchino?» chiese Rombo. Keith non rispose. «Direttore, vuoi che le nostre sonde attacchino?»
«Non credo che Gawst sparerebbe davvero» disse Keith, incerto.
«Si stanno collocando su posizioni geodesiche equidistanti intorno a noi» comunicò Thor. «Se tutte e otto le navi spareranno contemporaneamente, usando la stessa lunghezza d’onda, schiacceranno i nostri campi. Non rimarrà nessuna direzione in cui deviare l’energia.»