«A tutto il personale» risuonò la voce di Lianne, riecheggiando dagli altoparlanti. «Possibilità di turbolenze.»
All’improvviso un grande oggetto di forma irregolare eclissò parte del campo visivo. «È la nave di Gawst» disse Lianne. «Si sta staccando dal nostro scafo. Probabilmente pensa che siamo diventati matti.»
«Potrei bloccarlo con un altro raggio trattore» propose Rombo.
Keith sorrise. «No, lascialo andare. Se è convinto di avere possibilità migliori con i matos, per me va bene.»
«Ottanta secondi, da adesso» disse Rombo. Dall’invisibile pavimento risalirono morse color arancione che si agganciarono alle sue ruote.
«Uno virgola quattro gradi all’impatto, Magnor» disse Jag. «Stai per mancare la scorciatoia.»
«Sto correggendo la rotta.»
«Sessanta secondi.»
«Aggrappatevi tutti» disse Lianne. «Stiamo per…»
Buio. Assenza di peso.
«Maledizione!» La voce di Thor.
Un latrato: parole di Jag, senza la traduzione di Phantom.
Un lampeggiare di luci, l’unica illuminazione nella stanza: era Rombo che diceva chissà cosa.
«Manca l’energia» gridò Thor.
Si accesero le luci rosse di emergenza e altrettanto fece la gravità di emergenza: una priorità, a causa degli ib. Da una parte all’altra della stanza si udirono rumori di tonfi e spruzzi: quando la gravità era mancata, l’acqua nelle vasche dei delfini si era gonfiata in grandi forme a cupola, per ricadere poi dappertutto quando il peso era tornato.
Nessuna bolla olografica circondava più il ponte. Si vedevano invece le pareti grigio-azzurre di plastomero. Keith era ancora seduto sulla sua sedia, mentre Jag era sul pavimento avendo ovviamente perso l’equilibrio nel breve periodo a zero G.
Alle tre postazioni della fila anteriore — operazioni interne, Timone e operazioni esterne — si accesero di luci tornando alla vita. Quelle della fila posteriore erano meno necessarie e rimasero spente, per risparmiare l’energia delle batterie.
«Abbiamo perso la Rum Runner» annunciò Rombo. «Si è staccata quando al raggio trattore è mancata l’energia.»
«Interrompi l’inserimento nella scorciatoia!» esclamò Keith.
«Troppo tardi» disse Thor. «L’attraverseremo per pura forza di inerzia.»
Keith chiuse gli occhi. «In che direzione si è allontanata la Rum Runner?»
«Non sarà possibile calcolarlo finché i sensori non torneranno in attività» disse Rombo. «Noi però la stavamo trainando, quindi adesso dovrebbe muoversi più o meno in linea retta verso la stella verde.»
«Il generatore numero 1 ha ceduto per i danni della battaglia» intervenne Lianne, consultando il monitor. «Passo ai generatori di riserva.»
La voce di Phantom: “Pro-va di avvi-a-men-to. Attivo.”
La bolla olografica si riformò, con un’esplosione di luce che circondò tutti i presenti. Poi tornò il panorama esterno, dominato dalla stella verde e per il resto annebbiato dai tentacoli in avvicinamento di materia oscura. Keith scrutò invano all’esterno, alla ricerca di qualsiasi segno della Rum Runner.
La voce di Thor: «Dieci secondi all’inserimento nella scorciatoia. Nove, otto.»
La voce di Lianne, dall’alto, proveniente dagli altoparlanti per gli annunci pubblici: «Torneremo alla piena operatività fra sessanta secondi. Preparatevi…»
«Due. Uno. Contatto!» Le luci rosse di emergenza si affievolirono e apparve la scorciatoia, simile a un anello viola che s’allargava intorno a loro, sotto i piedi così come sopra la testa, mentre il punto infinitesimo si espandeva per inghiottire la grande nave.
A poppa dell’anello c’era ancora il familiare cielo con la stella verde e la materia oscura all’inseguimento, ma davanti c’era un cielo quasi completamente nero. Il passaggio richiese soltanto pochi secondi, con la Starplex che sfrecciava a una velocità mozzafiato.
Keith rabbrividì quando si rese conto di ciò che era accaduto. Le luci di Rombo rotearono in schemi che denotavano stupore. Lianne emise un flebile singhiozzo. Jag si lisciò la pelliccia, pensieroso.
Tutt’intorno si estendeva una nera vacuità, a eccezione di un indistinto ovale bianco, di tre macchioline bianche più in alto e di una manciata di puntini indistinti sparsi qua e là nella notte.
Erano emersi nel vuoto dello spazio intergalattico. Le macchioline bianche non erano stelle, ma intere galassie.
E nessuna delle tre aveva l’aspetto della Via Lattea.
18
Rissa sentì un tuffo al cuore quando la Rum Runner si staccò dalla Starplex.
«Che cos’è successo?» gridò.
Lunga Bottiglia, però, era troppo indaffarato per rispondere. Continuava a roteare e caprioleggiare nel serbatoio, facendo ogni sforzo per riprendere il controllo della nave. Sui monitor, Rissa vide la stella verde sfrecciare sotto di loro. La sua superficie era un ruggente oceano di smeraldo, giada e malachite.
Tenne a bada l’ondata di panico che stava arrivando e si sforzò di capire da sola che cos’era andato storto. Di sicuro non era stato Keith a tranciare il raggio trattore, quindi rimanevano solo due possibilità: lo aveva tagliato Gawst, usando chissà quale trasmissione d’interferenza, oppure alla Starplex era mancata l’energia. Comunque fosse andata, si erano staccati dalla nave-madre e adesso erano diretti quasi esattamente verso la stella. Attraverso la parete trasparente che separava la sua camera piena d’aria da quella piena d’acqua di Lunga Bottiglia, Rissa vide il delfino inarcarsi, come per una fitta di dolore e poi colpire con la testa la parete opposta quasi che così facendo potesse costringere la nave a prendere la direzione da lui scelta.
Rissa guardò i monitor e il suo cuore per un istante si fermò. Vide la Starplex scomparire attraverso la scorciatoia per andare… dovunque fosse diretta. La grande vetrata della nave era buia, a confermare la caduta di energia. Se davvero la nave non aveva più energia, Rissa sperava che fosse diretta verso Nuova Pechino o Flatlandia dove avrebbe trovato altri vascelli pronti ad aiutarla. In caso contrario, forse non sarebbe mai riuscita a ritornare indietro… e una ricerca di tutte le uscite attive non sarebbe stata avviata prima che le batterie della Starplex si esaurissero, lasciandola priva di ogni supporto vitale.
Ma Rissa non aveva il tempo di meditare sul fato del marito e dei colleghi: la Rum Runner stava sempre precipitando verso la stella verde. Il finestrino di prua si era già considerevolmente oscurato nello sforzo di filtrare l’inferno sotto di loro, mentre Lunga Bottiglia continuava a litigare con i comandi che portava attaccati a pinne e coda. Il delfino fece un’improvvisa giravolta nel serbatoio e Rissa vide la stella verde correre via lungo l’orizzonte e uscire di vista. Lunga Bottiglia aveva rivolto i motori principali verso la stella per usarli come freni. La nave ebbe una vibrazione mentre Rissa vedeva Lunga Bottiglia escludere gli automatismi di sicurezza premendo con il muso alcuni pulsanti.
«Squali!» strillò Lunga Bottiglia. Per qualche istante Rissa pensò che si trattasse di una specie di scongiuro delfinesco, poi capì a che cosa si riferiva: il cielo era annebbiato da tentacoli di materia oscura, con le sfere grigie che nel miasma di materia quark-lucente sembravano quasi i nodi di un gatto a nove code.
Lunga Bottiglia si girò verso destra e la nave lo seguì. Ma ben presto un’oscurità molto più definita bloccò la loro visuale.
«La nave di Gawst» disse Lunga Bottiglia.
«Accidenti» commentò Rissa. Abbassò le mani sui comandi che controllavano i laser geologici. Non avrebbe sparato se non in caso di necessità, però…
Puntini color rubino sullo scafo di Gawst. Rissa avvicinò il pollice ai due interruttori gemelli del laser.
Lunga Bottiglia doveva aver visto il movimento. «Razzi Acs» disse «non laser. Anche lui tenta di allontanarsi dai matos.»