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Il latrato di Jag fu sommesso, quasi rispettoso. La voce tradotta disse: «Siamo a sei miliardi di anni luce da casa.»

«Sei… miliardi?» ripeté Thor, girandosi a guardare Jag.

Jag sollevò le spalle superiori. «Esatto» disse, con voce ancora sommessa.

«È stupefacente» commentò Keith.

Jag ripeté il suo tipico gesto di perplessità. «Sei miliardi di anni luce. Sessantamila volte il diametro della Via Lattea. Duemilasettecento volte la distanza tra la Via Lattea e Andromeda.» Fissò Keith. «In termini comprensibili ai non-astrofisici, una distanza dannatamente lunga.»

«Si vede la Via Lattea, da qui?» domandò Keith.

Jag fece un gesto con le braccia. «Oh, sì» rispose, ancora con quel tono rispettoso. «Direi di sì. Computer centrale, ingrandisci il settore 112.»

In un punto della bolla olografica comparve una cornice. Jag abbandonò la sua postazione per dirigervisi. Lo scrutò con attenzione per qualche istante, poi indicò un punto e disse: «Eccola. E quella vicina è Andromeda. E quell’altra è M33, terzo membro del gruppo locale per dimensioni.»

Le luci di Rombo ammiccarono, in segno di confusione. «Porgo scuse sconfinate ma questo non può essere vero, buon Jag. Quelle che hai indicato non sono galassie spirali, sembrano piuttosto dei dischi.»

«Non ho sbagliato» ribatté Jag. «Quella è la Via Lattea. Solo che, poiché ci troviamo a sei miliardi di anni luce di distanza, la vediamo com’era sei miliardi di anni fa.»

«Ne sei sicuro?» domandò Keith.

«Al di là di ogni dubbio. Una volta che le pulsar mi hanno detto dove guardare approssimativamente, è stato piuttosto facile identificare quale galassia era la Via Lattea, qual era Andromeda e così via. Le Nubi di Magellano sono troppo giovani perché la loro luce si sia spinta così lontano, ma gli ammassi globulari contengono quasi esclusivamente stelle antiche, della prima generazione, e io ho identificato molti ammassi globulari specifici associati sia con la Via Lattea sia con Andromeda. Ne sono assolutamente certo: quel semplice disco di stelle è la nostra galassia natale.»

«Ma la Via Lattea ha bracci a spirale» intervenne Lianne.

Jag si girò a guardarla. «Sì, al di là di ogni dubbio: l’attuale Via Lattea ha bracci a spirale. Adesso però posso affermare con altrettanta sicurezza che, quando aveva sei miliardi di anni di meno, non aveva bracci a spirale.»

«Com’è possibile?» domandò Thor.

«La questione è controversa» rispose Jag. «Confesso che io mi sarei aspettato che la Via Lattea avesse i bracci già a metà della sua età attuale.»

«D’accordo» intervenne Keith. «Dunque la Via Lattea si è conquistata i bracci a spirale in un periodo intermedio.»

«No, non siamo affatto d’accordo» disse Jag. I suoi latrati erano ritornati all’abituale brutalità. «In effetti, non ha mai avuto senso. Non abbiamo mai elaborato un buon modello per la formazione dei bracci a spirale delle galassie. Quasi tutti i modelli si basano sulla rotazione differenziale, cioè il fatto che le stelle vicine al nucleo centrale orbitano diverse volte intorno al nucleo nel tempo impiegato da quelle più esterne a compiere un’unica rotazione. Ma tutti i bracci originati da questo fenomeno dovrebbero essere temporanei, della durata massima di un miliardo di anni. In altre parole, dovremmo vedere “alcune” galassie a spirale, ma non esiste alcuna ragione al mondo per cui tre su quattro di tutte le galassie più grandi, cioè il rapporto che si osserva attualmente, debbano essere a spirale. Le ellittiche dovrebbero essere di gran lunga più numerose, invece non è così.»

«In tal caso c’è un errore nella teoria, è chiaro» osservò Keith.

Jag sollevò le spalle superiori. «Effettivamente. Noi astrofisici ci siamo arrangiati per secoli con una cosa che si chiama “modello a onde di densità”, per spiegare l’abbondanza di galassie a spirale. Il modello propone l’esistenza di un disturbo a forma di spirale che si sposta attraverso il centro del disco galattico, catturando le stelle… o forse formato da stelle… mentre l’onda ruota. Tuttavia, questa teoria non ha mai soddisfatto nessuno. Per prima cosa non spiega i diversi tipi di spirale esistenti e, seconda cosa, non sappiamo rispondere in maniera soddisfacente alla domanda più ovvia: che cosa mette in moto le pretese onde di densità? A volte si citano le esplosioni delle supernove, ma è altrettanto facile costruire un modello nel quale gli effetti di queste esplosioni si annullano a vicenda quanto lo è costruirne uno in cui si sommano dando origine a onde di lunga durata.» Fece una pausa. «Ci sono anche altri problemi, con i modelli di formazione delle galassie. Tempo fa, nel 1995, gli astronomi umani scoprirono che le galassie lontane, osservate quando avevano appena il venti per cento dell’età attuale dell’universo, avevano una velocità di rotazione paragonabile a quella della Via Lattea attuale: cioè il doppio di quella che avrebbero dovuto avere per confermare la teoria.»

Keith rifletté per qualche istante. «Ma se ciò che vediamo adesso è vero, le galassie a spirale come la nostra devono essersi formate da semplici dischi, giusto?»

Altro ondeggiamento delle spalle superiori del waldahud. «Forse. Il vostro Edwin Hubble aveva immaginato che tutte le galassie partissero come una sfera di stelle per appiattirsi poi in un disco a causa della rotazione e sviluppando infine bracci sempre più aperti con il trascorrere del tempo. Tuttavia, anche se adesso abbiamo la prova visibile di questo tipo di evoluzione» indicò il disco di stelle circondato dalla cornice lucente «ancora non abbiamo una spiegazione del perché questa evoluzione abbia luogo, o perché la struttura a spirale persista.»

«Hai detto che tre quarti delle galassie maggiori sono spirali?» chiese conferma Lianne.

«Mmm» disse Jag (Phantom aveva tradotto uno sbuffo simile a un fischio con un verso simile a un muggito). «In realtà non abbiamo informazioni dirette sul rapporto fra galassie ellittiche e non ellittiche nell’universo: è molto difficile estrapolare la struttura di oggetti a malapena visibili, distanti miliardi di anni luce da noi. Nella nostra zona abbiamo osservato un numero di spirali molto superiore a quello delle ellittiche, e abbiamo notato che le spirali contengono una preponderanza di giovani stelle azzurre. Invece le ellittiche, almeno nei nostri dintorni, contengono soprattutto vecchie stelle rosse. Ne abbiamo dedotto, dunque, che qualunque galassia lontana che mostrasse molta luce azzurra… dopo la correzione per compensare il red shift,è chiaro… doveva essere a spirale, mentre quelle che emettevano principalmente luce rossa dovevano essere ellittiche. In realtà, però, non abbiamo informazioni dirette.»

«È incredibile» commentò Lianne, osservando l’immagine. «Allora, se la Via Lattea appariva così sei miliardi di anni fa, significa che nessuno dei mondi del Commonwealth si è ancora formato. C’è… credi che adesso ci sia qualche forma di vita, nella nostra galassia?»

«Be’, adesso significa sempre adesso, sia chiaro» osservò Jag. «Ma se intendevi chiedermi se c’era vita nella Via Lattea quando quella luce ha iniziato il suo viaggio per arrivare qui, devo rispondere di no. I nuclei galattici sono estremamente radioattivi, anche più di quanto si riteneva una volta. In una grande galassia ellittica, come quella che vediamo qui, in pratica l’intera galassia è costituita dal nucleo. Con le stelle così ravvicinate, le radiazioni dure sarebbero talmente diffuse che non si potrebbero formare molecole geneticamente stabili.» Fece una pausa. «Il che significa, direi, che soltanto le galassie di mezza età possono dare origine alla vita: quelle giovani e senza bracci sono sterili.»

Per un po’ sul ponte regnò il silenzio, rotto soltanto dal soffio leggero dell’impianto per la circolazione dell’aria e dall’occasionale bip di un pannello di controllo. Ciascuno dei presenti contemplava l’indistinta chiazza di luce che un giorno avrebbe dato origine a tutti loro, contemplava il fatto che tutti loro si trovavano più lontano di quanto chiunque si fosse mai spinto prima, contemplava la vasta oscurità vuota che li circondava.