«Intendi dire che dovremmo metterla giù dura, con i waldahudin? Pretendere un risarcimento pari a 16 volte i danni che ci hanno causato?» Keith annuì. «Non è certo una proposta insensata.»
«No, ciò che intendevo dire ti è sfuggito… senza dubbio a causa della mia scarsa chiarezza nell’esposizione. Sto dicendoti di “dimenticare” ciò che è passato fra te e Jag, e fra la Terra e Rehbollo. È per me fonte di angoscia pensare a quante risorse mentali… a quanto “tempo”… voi umani sprecherete su questa faccenda. Non importa quanto dissestata sia la strada: rendetela liscia nella vostra mente.» Rombo si interruppe, lasciando che le sue parole si depositassero. Poi: «Ho usato i sette minuti che mi hai concesso. Ora devo andare.» L’ib fece per allontanarsi.
«Molte persone sono morte» disse Keith, alzando la voce. «Non tutto si può rendere liscio così facilmente.»
Rombo si fermò. «Se è difficile, è soltanto perché voi scegliete che sia così» commentò. «Riesci a immaginare qualche soluzione che possa riportare i morti alla vita? Qualche rappresaglia che non si risolva in un maggior numero di morti?» Le luci danzarono sulla sua rete. «Lasciate perdere.»
Eta Draconis
Vetro guardò Keith e Keith guardò Vetro. Qualcosa nell’atteggiamento di quell’essere disse a Keith che la conversazione in corso sarebbe stata l’ultima.
«Nel tuo discorso di presentazione hai menzionato il fatto che l’attuale Commonwealth è costituito da tre mondi» disse Vetro.
Keith annuì. «Esatto» disse. «La Terra, Rehbollo e Flatlandia.»
Vetro inclinò la testa. «In realtà, nel tuo tempo, nell’intero universo ci sono soltanto settemila mondi che ospitano vita nativa sulla propria superficie… e questi pochi mondi sono sparsi in miliardi di galassie. La Via Lattea possiede ben di più della quota di sua spettanza: essa, nel tuo tempo, ospita complessivamente 13 razze intelligenti.»
«Mi segnerò il numero» commentò Keith sorridendo. «Non mi arrenderò finché non le avremo trovate tutte.»
Vetro scosse la testa. «Alla fine le troverai, è ovvio… quando saranno pronte per essere trovate. La semplificazione dei viaggi interstellari dovuta alle scorciatoie non è un semplice effetto collaterale della loro funzione di smistare stelle verso il passato. Al contrario, è parte integrante del piano, così come è una valvola di sicurezza che mantiene i vari settori di spazio isolati fino a che i loro abitanti non diventano viaggiatori stellari con i propri mezzi. Certo, se tu avessi la chiave appropriata, come ce l’ho io, potresti viaggiare tra tutte le scorciatoie, comprese quelle apparentemente dormienti. Anche questo è importante, perché noi costruttori di scorciatoie avremo bisogno di farne un uso estensivo. Il modo in cui esse funzionano senza la chiave, però, è progettato per favorire la nascita di una comunità interstellare, per mettere le basi di quel futuro pacifico e cooperativo che è nell’interesse di tutti.» Vetro fece una pausa e quando riprese a parlare il suo tono aveva una sfumatura di tristezza. «Ciò nonostante, non conoscerai in anticipo il numero di razze che devi ancora scoprire. Quando ti rimanderò indietro, cancellerò ogni ricordo del periodo che hai passato qui.»
Il cuore di Keith si arrestò per un istante. «Non farlo.»
«Temo di esservi costretto. La nostra è una politica isolazionista.»
«Fai… tu fai spesso di queste cose? Cioè prelevare gente dal passato?»
«No. Di regola, no. Tu però sei un caso speciale. Io sono un caso speciale.»
«In che senso?»
«Sono stato uno dei primi a diventare immortale.»
«Immortale…» La voce di Keith si perse in un sussurro.
«Non te l’avevo detto? Eh, già. Tu non sei destinato a vivere semplicemente per un tempo lunghissimo… tu vivrai per sempre.»
«Immortale» ripeté Keith. Tentò di farsi venire in mente un commento migliore, ma non ci riuscì. Così disse semplicemente: «Uau!»
«Ma come ho detto, tu (io), “noi” siamo un caso speciale di immortalità.»
«Come mai?»
«Ci sono soltanto tre esseri umani più vecchi di me nell’intero universo, in effetti. A quanto pare avevo una… com’è che si chiamava? Ah, sì, una raccomandazione, che mi ha permesso di ricevere il trattamento per l’immortalità fin dall’inizio.»
«Rissa era impegnata in ricerche sulla senescenza. Immagino che abbia contribuito alla scoperta delle tecniche per l’immortalità.»
«Sì, dev’essere stato per questo» concordò Vetro.
«Non te lo ricordi?»
«No… ed è questo il nocciolo del problema. Vedi, quando hanno inventato l’immortalità, la tecnica consisteva nel permettere alle cellule di suddividersi per un numero infinito di volte, anziché soccombere alla morte cellulare preprogrammata.»
«Il limite di Hayflick» commentò Keith, che grazie alle sue conversazioni con Rissa sapeva tutto sull’argomento.
«Prego?»
«Il limite di Hayflick. Il fenomeno che limita il numero di possibili suddivisioni per una cellula.»
«Ah, sì» disse Vetro. «Be’, l’hanno superato. E hanno superato anche quell’altra vecchia limitazione naturale che ci faceva nascere con una certa quantità di cellule cerebrali, le quali non venivano più rimpiazzate. Una delle chiavi per l’immortalità è stata l’idea di permettere al cervello di creare costantemente nuove cellule, a mano a mano che quelle vecchie venivano meno…»
«Però se le cellule vengono rimpiazzate» lo interruppe Keith con lo sguardo sempre più vitreo «allora si perdono i ricordi immagazzinati in quelle originali.»
Vetro fece un cenno di assenso con la sua testa liscia. «Precisamente. Adesso scarichiamo i vecchi ricordi in matrici leptoniche, è ovvio, così possiamo conservare una quantità infinita di materiale. Io non ho semplicemente accesso a milioni di libri, io “ricordo” il contenuto dei milioni di libri che ho letto negli anni. Però sono diventato immortale prima che fossero inventate le matrici leptoniche. I miei primi ricordi, quelli relativi ai miei primi due secoli di vita, se ne sono andati.»
«Uno dei miei migliori amici» disse Keith «è un ib di nome Rombo. Gli ib muoiono quando i loro primi ricordi cominciano a essere spazzati via: i nuovi ricordi vanno a sovrascrivere le conoscenze istintive degli automatismi fisici, uccidendoli.»
Vetro annuì. «C’è una certa eleganza in questa soluzione» disse. «È molto difficile vivere senza sapere chi si è stati in passato.»
«Ecco perché sei rimasto deluso scoprendo che avevo solo 46 anni.»
«Esattamente. Significa che c’è ancora un secolo e mezzo della mia vita su cui non puoi dirmi niente. Forse in futuro localizzerò un’altra versione di me stesso, dell’anno… nel vostro calendario dovrebbe essere il 2250.» Fece una pausa. «Comunque tu ricordi le parti più significative. Ricordi la mia infanzia fisica, ricordi i miei genitori. Prima di parlare con te non ero nemmeno sicuro di avere avuto dei genitori biologici. Ricordi il mio primo amore. Tutte cose per me svanite da un tempo incredibilmente lungo. Eppure sono state queste esperienze a formarmi, a porre le basi dei miei schemi di personalità, delle reti neurali che governano la mia mente, delle fondamenta di tutto ciò che sono adesso.» Vetro tacque per un attimo. «Per millenni mi sono chiesto perché agisco come agisco, perché talvolta mi tormento con pensieri sgradevoli, perché mi comporto con gli altri come un costruttore di ponti, o un portatore di pace, perché nascondo i miei sentimenti. Tu me l’hai detto: tanto tempo fa sono stato un bambino infelice, un figlio di mezzo, un piccolo stoico. C’era un orizzonte nel mio passato, una curva oltre la quale non potevo vedere. Tu l’hai rimosso. Ciò che mi hai dato non ha prezzo.» Vetro si interruppe. Quando riprese a parlare il suo tono era più scanzonato. «Ti ringrazio dal profondo del mio ultrarigenerato cuore.»