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Verissimo, ma non sappiamo quale storia abbia raccontato al suo ospite, ammesso che la mia supposizione sia giusta e non possiamo conoscere le sue vere intenzioni.

«Credi che Charles Teroa ci tenga tanto a quel lavoro che lo porterebbe lontano dall’isola, solo per suggerimento del tuo fuggitivo?»

È possibile. Per questo dobbiamo assolutamente controllare quel tuo amico polinesiano prima che se ne vada.

Bob non prestò molta attenzione alle ultime parole dell’extraterrestre. Un altro pensiero gli occupava la mente, un pensiero originato da qualcosa che il Cacciatore aveva detto prima, riferendosi al criminale inseguito. L’ospite non aveva modo di controllare se il simbionte aveva detto la verità. Bob si rese conto improvvisamente che anche lui non aveva alcun modo di controllare se quello che il Cacciatore gli aveva detto era vero oppure no. Non avendo prove di alcun genere, poteva anche darsi che la creatura nascosta nel suo corpo, fosse, anziché il poliziotto, il criminale che cercava di sfuggire al suo inseguitore.

Stava quasi per dirlo, ma il suo innato buonsenso lo fermò all’ultimo momento. Era meglio che cercasse di scoprire da solo la verità, e finché non l’aveva scoperta era assai più prudente che il suo ospite ignorasse i suoi sospetti. In realtà il ragazzo non dubitava seriamente del Cacciatore, del quale si era fatta un’opinione favorevole, ma siccome ormai il dubbio, grosso o piccolo, c’era, tanto valeva togliersi quella spina dal cervello. Quando arrivarono al canale era alquanto preoccupato, e quasi non parlò mentre assicuravano la barca e nascondevano i remi. Ma il suo silenzio non venne notato in modo particolare: i ragazzi erano stanchi e un po’ scombussolati dalle avventure di quel pomeriggio. Sguazzarono nell’acqua per raggiungere la strada, recuperarono le biciclette riparate dai cespugli, e dopo essersi accordati di ritrovarsi al solito posto il giorno seguente, partirono ognuno verso casa propria.

Rimasto solo, Bob poté parlare più liberamente al piccolo poliziotto.

«Senti un po’» disse, «perché ti preoccupi che le mie chiacchiere e la mia curiosità insospettiscano il nostro amico? Dopo tutto, se lui tenta qualcosa ci fornirà una prova della sua presenza. In fondo il sistema migliore per trovarlo è proprio quello di fare da specchietto per le allodole. Non credi anche tu che usare una calamita sia il sistema più adatto per rintracciare un ago in un pagliaio?»

L’ho pensato anch’io. Ma è troppo pericoloso.

«In che modo potrebbe nuocerti?»

A me non potrebbe proprio fare niente, rispose il Cacciatore. Il pericolo, caso mai, è per te. Non so se il tuo comportamento dimostra in te il coraggio della maturità o la leggerezza della gioventù, ma cerca di capire una volta per tutte che non mi piace esporti a un pericolo finché è possibile agire in altro modo.

Bob non fece commenti, però prima di arrivare a casa rivolse un’altra domanda all’extraterrestre.

«Sulla barca hai detto che ti era venuta voglia di paralizzarmi la lingua. Puoi farlo veramente o è stata soltanto una battuta?»

Posso paralizzare qualunque muscolo del corpo che mi ospita, intervenendo sui centri nervosi. Non so dirti quanto tempo la paralisi continui a sussistere dopo che allento la pressione, perché non ho mai tentato l’esperimento con nessun individuo della tua razza, rispose il Cacciatore.

«Prova!» propose Bob, appoggiando la bicicletta a un albero.

Entra subito in casa a mangiare la nostra cena, e smettila di dire stupidaggini!

Bob entrò in casa, sorridendo soddisfatto.

13

Il sabato non fu una giornata fruttuosa, almeno dal punto di vista del Cacciatore. I ragazzi si incontrarono al canale com’erano rimasti d’accordo, e Norman arrivò con il suo pezzo di rete metallica, ma nessuno degli altri aveva trovato arnesi adatti a lavorare sul cemento. Perciò andarono dritti al nuovo serbatoio in costruzione all’estremità opposta dell’isola, e furono tanto fortunati da incontrare sul posto il padre di Rice, il quale diede subito il permesso di prendere un paio di arnesi che agli occhi dei ragazzi sembravano andare benissimo per rompere il cemento. Probabilmente il signor Rice aveva altri motivi, oltre quelli della benevolenza verso gli amici del figlio, per la sua generosità: quasi tutti i ragazzi dell’isola, compresi fra i quattro e i diciassette anni, quando non erano a scuola stavano sempre tra i piedi degli operai, tanto che gli uomini avevano pensato seriamente di far votare una regolare ordinanza che tenesse aperte le scuole sette giorni alla settimana, quindi nel cantiere vigeva l’ordine di fare senza discussioni tutto quello che poteva servire a tenere lontano di lì anche un solo ragazzo. Comunque, i cinque amici non fecero la radiografia alle intenzioni del signor Rice, e presi gli attrezzi sgombrarono il campo.

Senza perdere altro tempo filarono all’acquario di Norman e, tuffandosi a turno, riuscirono per l’ora di pranzo a portare via un bel po’ di cemento. Peccato però non potersi immergere all’esterno dell’isola verso il mare aperto! Ma non c’era nemmeno da pensarci: la prima ondata li avrebbe mandati a sbattere contro le rocce coralline riducendoli a brandelli. Dopo aver mangiato si ritrovarono al canale, ed ebbero una sorpresa: Rice era lì in jeep, con suo padre, e sul sedile posteriore della macchina c’era un’attrezzatura che i ragazzi riconobbero immediatamente.

«Papà aprirà il cancello per noi!» annunciò Rice allegro. «Si è preso un paio d’ore di libertà dal cantiere.»

«Farei qualsiasi cosa pur di non averti attorno tutta la giornata!» commentò il signor Rice. «Adesso voi, ragazzi, andate avanti con le biciclette. Anche tu, Kenny. Io mi incarico della dinamite.»

«Ma non c’è pericolo, signor Rice» protestò Bob.

«Tu stai zitto. Se al mio posto ci fosse tuo padre ti legherebbe all’estremità opposta dell’isola e verrebbe a liberarti solo dopo aver fatto saltare le cariche!»

Era vero, o quasi, e Bob non protestò più. Alla casa di Norman Hay si fermarono tutti. Bob e Malmstrom s’incaricarono di portare i cavi, mentre il signor Rice volle portare personalmente i candelotti di dinamite e i detonatori, per quanto Bob non avesse tutti i torti nel dire che, volendo essere prudenti, era meglio tenere le due cose separate. Poi si avviarono tutti a piedi verso la spiaggia, proseguendo fino all’estrema punta sud dell’isola. Lì c’era quello che Rice chiamava il cancello: un tratto di barriera che si spingeva talmente vicino alla riva da mettere in pericolo persino il passaggio di una barca. Sul lato verso la spiaggia una formazione corallina aveva proliferato sino a raggiungere il diametro di due metri. Eliminare quel corallo avrebbe permesso di raggiungere la baia sud senza dover fare tutto il giro dell’isola.

Il signor Rice fu abbastanza generoso da permettere a Colby di andare a piazzare le cariche dopo avergli dato istruzioni dettagliate, ma poi obbligò tutti ad andare con lui dietro il riparo offerto dalle palme, prima di passare alla seconda parte dell’operazione. I risultati furono soddisfacenti. Nell’aria si levò una colonna di frammenti corallini e di spruzzi, accompagnata da una detonazione smorzata. Quando la pioggia di frammenti cessò, i ragazzi si precipitarono a controllare. Non occorreva una seconda carica. Un quarto della formazione originale fluttuava nell’acqua, staccato dalla sua spina dorsale. Il resto era sparito, polverizzato. Adesso c’era spazio più che sufficiente per il passaggio della barca. Dopo aver aiutato il signor Rice a riportare l’equipaggiamento fino alla jeep, i ragazzi cominciarono a discutere: Norman Hay e Kenneth Malmstrom volevano tornare a lavorare all’acquario, Bob e Rice preferivano approfittare subito della pulizia fatta sulla barriera per esplorare gli scogli a sud. Colby, come al solito, fece da spettatore.