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Se non fosse stato per l’ultimo colloquio avuto con il Cacciatore la sera precedente, Bob avrebbe insistito maggiormente per sostenere la sua preferenza, proprio per permettere al Cacciatore di completare l’esplorazione della probabile zona d’atterraggio del suo fuggitivo. La sera prima lo straniero aveva informato il ragazzo sulla natura dell’oggetto metallico che aveva indirettamente causato l’incidente di Rice. Alla fine vinsero Norman e Kenneth.

Per l’ora di cena, nel cemento che otturava il buco c’era già un foro notevole. Durante il viaggio di ritorno al canale i ragazzi discussero continuamente se quel foro fosse o non fosse sufficiente a permettere un normale e costante afflusso d’acqua marina. Si salutarono senza essere ancora arrivati a una decisione.

Appena solo Bob cominciò a chiacchierare con il Cacciatore.

«Hai sempre detto che non avresti mai lasciato il mio corpo, o non vi saresti mai rientrato mentre ero sveglio, per non farti vedere. Io sono convinto che il tuo aspetto non cambierebbe niente, ma non intendo rimettere in tavola questa discussione. Però, io potrei mettere vicino al mio letto una scatola o una latta, o qualcosa del genere, e appena sono addormentato, e di questo te ne puoi accorgere, tu esci e ti infili nella scatola o che altro sarà. Se vuoi, ti giuro che non ci guarderò. Poi, quando mi sveglio, vado a metterti accanto alla casa di chi vuoi ispezionare. Tu esci, vai a controllare tutto quello che vuoi, e per la mattina ti fai ritrovare nella scatola. Posso anche fare un’altra cosa: sistemare sulla scatola un indicatore mobile con il quale tu puoi segnalarmi, stando nascosto, se vuoi tornare indietro o se preferisci passare subito alla casa di un altro sospetto.»

Il Cacciatore pensò alcuni minuti a questa proposta. L’idea è buona, disse alla fine. Ottima. Ma mi pare che presenti due punti sfavorevoli. Primo: potrei esaminare una sola casa per notte. Secondo: mentre io procedo alle mie indagini tu resti senza protezione. Quest’ultima prospettiva non sarebbe da prendere in considerazione se non che adesso abbiamo il sospetto che la mia preda abbia identificato in te il mio ospite. Se lui decide di agire ai tuoi danni proprio mentre io non ci sono, i risultati potrebbero essere gravi.

«Ma se tu non ci sei, lui potrebbe convincersi di avere sbagliato!» obiettò Bob.

Il Cacciatore non rispose, e il ragazzo non insistette. Arrivato a casa. Bob scoprì che suo padre era già a tavola.

«Sono in ritardo?» chiese, sorpreso.

«No, sei puntualissimo. Ho anticipato io» rispose il padre. «Devo tornare al serbatoio. Vogliamo completare la parete questa notte, in modo che il cemento si indurisca durante la giornata di domani.»

«Posso venire con te?»

«Faremo un po’ tardi, ma forse per una volta non sarà un gran guaio. Sempre che tua madre non abbia obiezioni, e sia disposta a preparare doppia razione di panini imbottiti.»

Dalla cucina venne la voce della signora Kinnaird: «Per questa sera non ho niente in contrario, ma ricordati, Bob, che appena ricominci ad andare a scuola dovrai dimenticarti questi spassi. D’accordo?»

«D’accordo» rispose il ragazzo, e sedutosi di fronte al padre cominciò a chiedere particolari sul lavoro notturno. Il signor Kinnaird fece del suo meglio per rispondergli fra un boccone e l’altro.

All’ora fissata si sentì un colpo di clacson, e padre e figlio uscirono insieme, ma sulla jeep c’era posto solo per una persona: a bordo c’erano già i rispettivi padri di Colby, Hay, Malmstrom e Rice.

«Ah, già! Me n’ero dimenticato! Dovrai prendere la bicicletta, Bob. Sei ancora del parere di venire?»

«Certo!» rispose Bob, è sparì sotto il portico.

«Vuoi davvero portartelo appresso?» chiese il signor Malmstrom. «Potrebbe capitarti di doverlo ripescare dall’impasto di cemento!»

«È ora che impari a badare a se stesso» disse il padre di Bob, e salì accanto al signor Colby.

La jeep partì pilotata dal padre di Rice, con Bob al seguito che pedalava furiosamente nella sua scia. Appena imboccata la strada asfaltata la jeep guadagnò terreno e in un attimo seminò il ragazzo e la sua bicicletta, ma Bob non se ne preoccupò. Attraversò il villaggio, depositò il suo veicolo all’inizio della salita e proseguì a piedi per la stessa strada percorsa quel mattino con gli amici. Ormai era notte fonda, ma il cantiere era illuminato a giorno. Per un po’ Bob s’interessò dell’impianto che permetteva l’illuminazione, un generatore montato su un camion sistemato a un’estremità del terreno livellato accuratamente. Poi la sua curiosità fu attirata dal trasporto e la messa in opera delle parti prefabbricate, e fingendo di rendersi utile, il ragazzo s’intrufolò fra gli operai. Si scontrò spesse volte con il padre, ma il signor Kinnaird non approvò ne disapprovò, almeno apertamente, il suo comportamento.

Come tutti gli altri, il signor Kinnaird aveva troppo da fare per parlare. Il padre di Bob era ingegnere civile, ma lì sull’isola faceva tutto quello che capitava, anche il garzone. Quella sera stava facendo un lavoro quasi di sua competenza, e ce la metteva tutta per ottenere i risultati migliori.

Bob dunque andava e veniva, toccando tutto, ficcandosi dappertutto, avvicinandosi a tutti e a tutto. Il Cacciatore guardava e tremava, disperando di riuscire a insegnare al ragazzo a stare attento, dopo quasi quindici anni di inveterata abitudine a cacciarsi nei guai.

Il signor Kinnaird però non si era dimenticato di suo figlio. Bob era già riuscito a far sbadigliare tutti almeno una volta, con l’unica eccezione del Cacciatore. All’inizio del secondo sbadiglio il signor Kinnaird intervenne, ordinandogli di allontanarsi. Conosceva gli effetti deleteri del sonno sulla prontezza di riflessi, e non voleva che si avverasse la profezia del vecchio Malmstrom.

«Devo andare a casa?» chiese Bob. «Io volevo vedere la colata!»

«Non riuscirai a vedere niente se non dormi almeno un po’. Non c’è bisogno che tu vada a casa, ma smettila di agitarti! Guarda, in cima a quest’altura c’è un ottimo posto d’osservazione. Tu vai là, ti distendi sull’erba, e puoi ugualmente vedere quello che succede qui. Caso mai verrò a svegliarti per l’ora della colata.» Bob non protestò. Non erano ancora le dieci, e normalmente non gli si sarebbero chiusi gli occhi così presto, ma negli ultimi giorni aveva consumato più energie del solito e ne risentiva. Quindi se ne andò sulla cima della collina, si sedette sull’erba, e restò a guardare da lassù la scena illuminata del cantiere.

Da lì poteva vedere quasi tutto con una sola occhiata. Era come guardare un palcoscenico dal loggione. Solo la zona a ridosso del muro in costruzione risultava nascosta, ma c’era parecchio da vedere negli altri punti del cantiere. Anche oltre si poteva ammirare qualcosa: il debole chiarore che saliva dalle acque della laguna, le sagome dei serbatoi più vicini che vi si stagliavano contro, e la fascia di luminosità più intensa che segnava la barriera esterna. Bob sentiva anche il rumore delle onde, se faceva attenzione, ma come tutti sull’isola era così abituato alla continua risacca, che lo notava solo occasionalmente. A sinistra si vedevano alcune luci, in parte erano del cantiere, e in parte venivano dalle cinque o sei case non nascoste dalle pendici della collina. Sul lato opposto, verso est, soltanto oscurità. Le macchine usate per tagliare la rigogliosa vegetazione della zona, che serviva ad alimentare i serbatoi di cultura erano ferme, e l’unico rumore veniva dal frusciare di piccoli animali fra gli steli succosi, e dalla brezza. C’erano anche zanzare e pappataci, ma il Cacciatore riteneva che il suo ospite avesse bisogno di dormire, e perciò si diede da fare per allontanare con sottili pseudopodi ogni insetto che si andava a posare sulla pelle esposta del ragazzo.

Quando il signor Kinnaird salì a cercare il figlio, Bob dormiva, e il padre dovette chinarsi a scuoterlo per svegliarlo.