«Per paura. Forse ha pensato che tu fossi già sulle sue tracce e ha ritenuto che questo fosse un buon nascondiglio.» Il Cacciatore non rispose, ma dovette ammettere che l’ipotesi del ragazzo era logica. «Senti, Cacciatore» riprese Bob, «tu non saresti in grado di dire se queste ossa sono state ripulite da uno della tua razza, o no? Se io ne prendo uno e lo tengo in mano per tutto il tempo che ti ci vuole per i tuoi esami, riesci a capirci qualcosa?»
Sì. Anzi, ti prego di farlo. Può essere utile.
Bob scelse un osso dal mucchietto, e lo tenne stretto in mano resistendo stoicamente alla tentazione di allentare la stretta per vedere almeno parzialmente il Cacciatore. E fece bene, perché avrebbe fatto una brutta figura per niente: i filamenti che l’alieno mandò in esplorazione attraverso i pori della pelle del ragazzo erano talmente sottili da risultare invisibili a occhio nudo. L’esame durò parecchi minuti.
Puoi metterlo giù, disse alla fine il Cacciatore.
«Scoperto qualcosa?»
Poco. Posso solo dirti che non è stato il nostro amico a fare questo lavoro. Con tutta probabilità la tua ipotesi sulle formiche era esatta.
«Ne sei sicuro?»
Matematicamente sicuro, no. E adesso cosa fai? Hai un amico che ti aspetta, te ne sei dimenticato?
«Non ci vorrà molto, voglio solo guardare qui attorno per vedere se il fuggitivo ha lasciato qualche traccia dal momento che il non aver mangiato Tip non esclude che sia stato lui a farlo morire!» E Bob cominciò a girar attorno a ogni albero guardando sopra e sotto le foglie.
Oh, capisco!, disse il Cacciatore. Ti rendo noto però che se le nostre supposizioni rispondono a verità, tu in questo momento potresti anche cadere dritto in una trappola… credo che si dica così. Non è indispensabile che tu sia logico, ma potresti almeno essere coerente.
«Questa frase devi averla letta su un mio libro, perché la conosco» ribatté Bob. «Comunque qui non c’è niente.»
A proposito di indizi, una delle prossime notti bisognerà decidersi a controllare Charles Teroa.
Bob fece un cenno di conferma e cominciò a elaborare un possibile piano, in ogni particolare. Il ragazzo era finalmente riuscito ad attraversare la barriera di cespugli e adesso poteva camminare di nuovo eretto. Erano già vicini al corso d’acqua che dalla casa di Bob passava sotto la strada diventando poi canale, e lo raggiunsero in un punto in cui aveva la larghezza di un metro. Il ruscello nasceva da una sorgente in cima alla collina, e restava senz’acqua nei periodi in cui non pioveva per parecchio tempo, però aveva un letto profondo, per quanto non diventasse mai molto largo. Le radici della fitta vegetazione invadevano in alcuni punti il corso d’acqua, e dove la mancanza di terreno aveva reso pericoloso l’equilibrio degli alberi meno robusti, i tronchi avevano finito per cadere trasversalmente formando sostegno per piccole cascate, o pozze da cui l’acqua defluiva lentamente. Bob incontrò sulla sua strada proprio una di queste pozze. Per la verità fu abbastanza a ridosso dell’albero caduto da anni, ma anche così, appena il peso del suo corpo posò sulla gamba destra, il terreno improvvisamente parve aprirsi, e il ragazzo sprofondò, sentendo istantaneamente un dolore acutissimo alla caviglia. La reazione di Bob fu rapida: pigiò forte con le mani sull’altra gamba, evitando così di cadere, ma la posizione era scomoda perché la destra era sprofondata fino al ginocchio. Appena ripreso fiato, fece per liberare la gamba impantanata, ma il Cacciatore intervenne.
Aspetta, Bob! Non ti muovere!
«Cos’è successo? Mi fa male la gamba!»
Ci credo! Adesso stai fermo, e lascia che sistemi il guaio. Un ramo ti ha raschiato la carne e se ti muovi peggiori la situazione.
Il guaio era davvero grave perché la scheggia di legno era penetrata a fondo, intaccando un’arteria. Senza il Cacciatore il ragazzo sarebbe morto dissanguato prima di ricevere aiuto. Così invece, sporcò solo di sangue il ramo incrinato, perché l’extraterrestre era intervenuto appena la scheggia era penetrata nella carne sopra la caviglia. Però non bastava. Il Cacciatore dovette distruggere i microrganismi penetrati nel corpo del suo ospite, saldare vene e capillari recisi, e combattere lo shock dovuto al dolore. Inoltre si preoccupò di capire fin dove sprofondava il ramo, e scoprì che sprofondava parecchio. Troppo. E Bob doveva restare immobile finché il ramo fosse stato rimosso o dal terreno o dalla sua gamba.
Il Cacciatore avrebbe voluto risparmiare più male possibile al suo ospite, ma data la situazione preferì metterlo al corrente.
Mi dispiace davvero di non poter far niente per lenire il dolore senza correre il rischio di rovinarti il sistema nervoso, disse, dopo aver spiegato come stavano le cose. Sentirai molto male, ma non c’è altro sistema. Devo costringere il tuo tessuto muscolare ad allentare la pressione attorno alla scheggia mentre tu sollevi la gamba.
«Va bene, fai pure» disse Bob. Il ragazzo era pallidissimo, nonostante che il Cacciatore stesse tenendo alta la sua pressione sanguigna.
Il Cacciatore cominciò a lavorare, e Bob muoveva la gamba, o stava immobile, a seconda di quello che diceva il suo ospite. Ci vollero parecchi minuti, ma alla fine ce la fecero. L’unico danno visibile erano le chiazze di fango. Di sangue, nemmeno una goccia.
15
Per il Cacciatore, che aveva esaminato da vicino tanto le ossa dello sfortunato Tip quanto il ramo appuntito che aveva fatto quel guaio alla gamba di Bob, non c’erano dubbi: il Fuggitivo non aveva niente a che fare né con l’una cosa né con l’altra. Bob però la pensava diversamente, il che, alla lunga, risultò essere un bene.
Il ragazzo se ne stava sdraiato immobile da qualche tempo, secondo il consiglio del Cacciatore, quando si sentì chiamare. Fece per saltare in piedi, e per poco non cadde, sotto la furiosa protesta della gamba ferita.
«Mi ero completamente dimenticato di Norman» disse. «Si sarà stancato di aspettare e sta venendo a cercarmi!» Più cautamente questa volta, posò a terra la gamba destra. Il Cacciatore sollevò qualche obiezione ma il ragazzo ribatté: «Caro mio, non c’è altro da fare. Se mi ficco in un letto non potremo combinare niente. Vedrò di sforzarla il meno possibile, ma devo ben camminare! Del resto, in queste cose il pericolo maggiore viene dalle infezioni, e queste ci pensi tu a evitarle.»
D’accordo, non te ne verrà un danno permanente, ma…
«Niente ma! Se qualcuno solo sospetta che la faccenda è grave, mi spediranno dal medico, e lui non crederà mai che mi sia conciato in questo modo senza inzuppare l’isola di sangue, e tu verrai subito scoperto.»
Detto questo Bob cominciò a muoversi zoppicando, e il Cacciatore tacque riflettendo sulla sventura che aveva dato al suo ospite, unico membro attivo della loro società, una natura troppo irrequieta e troppo poco prudente. Poco dopo gli venne in mente che anziché dannoso poteva essere utile che il dottor Seever venisse a sapere di lui. Sfortunatamente ormai era troppo tardi per parlarne: Bob e Norman si erano incontrati.
«Dove ti eri cacciato?» fu il saluto di Norman. «Ho aspettato davanti a casa tua abbastanza da’ farmi crescere la barba!»
«Sono caduto» rispose Bob, «e mi sono fatto male a una gamba. Ho dovuto sedermi un po’ perché non riuscivo a camminare.»
«Oh, adesso capisco! Ti fa male ancora?»
«Non tanto. Riesco a camminare e posso benissimo montare su una bicicletta.»
I due ragazzi si erano incontrati a poca distanza dalla casa dei Kinnaird. Norman non aveva osato inoltrarsi troppo nella giungla, per paura che Bob ne uscisse in un altro punto. In un paio di minuti, nonostante l’impedimento di Bob, raggiunsero l’abitazione.