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Il dottor Seever non esitò. «Accetto il rischio, qualunque sia» disse, e rivolgendosi direttamente al Cacciatore proseguì: «Ho anche il mezzo per controllare me stesso. A quanto pare voi siete nel corpo di Bob da circa sei mesi. Il vostro amico, se si trova nel mio, c’è pressappoco dallo stesso periodo. Un periodo lungo abbastanza per la formazione di particolari anticorpi, dal momento che secondo le vostre dichiarazioni voi in effetti siete un virus. Posso preparare un siero prelevando un campione di sangue da Bob, e procedendo all’esperimento su un campione del mio saprò subito se il mio corpo ospita l’individuo che state cercando.»

Bob rispose lentamente, leggendo la risposta del Cacciatore: «Sfortunatamente, il sistema non darebbe risultati. Se la nostra razza non avesse già da tempo elaborato un mezzo per evitare la formazione di anticorpi, il nostro modo di vita non sarebbe possibile.»

«Già. Avrei dovuto arrivarci da solo» mormorò il dottor Seever, corrugando la fronte. «Allora, come pensate di scoprire la sua presenza?»

Bob spiegò le difficoltà del Cacciatore e concluse, sempre leggendo quello che l’extraterrestre gli proiettava negli occhi: «La mia intenzione è di effettuare personalmente un controllo sugli individui sospetti.»

«Allora, perché non mi controllate adesso? Non credo che abbiate particolari motivi per sospettare di me, ma vorrei lo stesso esserne certo, senza contare che se vi devo aiutare è giusto che non abbiate il minimo dubbio su di me.»

«Il Cacciatore non vuole entrare o uscire da un corpo umano se la persona è sveglia» rispose Bob.

«A questo penso che si possa rimediare» ribatté il dottor Seever, e alzatosi andò a staccare un cartellino da una parete, lo appese all’esterno della porta, la chiuse a chiave e tornò nello studio dove cominciò a cercare nei suoi armadietti.

«Quanto pesi, Bob?» chiese, senza voltarsi. Il ragazzo glielo disse e il medico, fatto un rapido calcolo mentale, scelse una bottiglietta che conteneva un liquido trasparente, si rivolse al Cacciatore nella persona di Bob.

«Questo sonnifero ci farà dormire per un paio d’ore. Nel frattempo voi potete lasciare il corpo di Bob, controllare me e rientrare senza essere visto da nessuno.»

So che è indispensabile controllarvi, dottore, rispose l’extraterrestre. Ma il mio ospite rimarrebbe indifeso durante il procedimento, e questo prima che io sia sicuro sul vostro conto. C’è un altro mezzo. Se voi e Bob vi sedete vicini, tenendovi stretti per le mani, e mi giurate che non vi staccherete per almeno venti minuti, io potrò mandare una parte di me stesso in esplorazione, e rientrare.

Il dottor Seever si dichiarò subito d’accordo e Bob non fece obiezioni.

Ci volle un po’ più di venti minuti, ma con sollievo di tutti il risultato fu negativo. Dopo di che poterono parlare con libertà. Il problema in discussione risultò così pieno d’interesse che il dottor Seever si ricordò della gamba di Bob solo al momento di lasciarsi, «Da quello che ho capito il Cacciatore non può fare niente per affrettare la guarigione clinica della ferita» disse il medico. «Perciò io ti consiglierei di non affaticare quella gamba, che deve avere i muscoli seriamente compromessi.»

«Disgraziatamente» rispose il ragazzo, «io funziono da Divisione Trasporti per il nostro esercito, e in più servo da automezzo per il nostro Comandante in capo! Quindi non posso star fermo.»

«In questo caso ci metterai di più a guarire. Date le circostanze, però, non vedo altri inconvenienti oltre a questo. Cerca comunque di non strafare.»

Chiusa la porta alle spalle di Bob, il dottor Seever s’immerse subito nel suo nuovo lavoro. La razza del Cacciatore rendeva impossibile la formazione di anticorpi, ma la scienza medica offriva altri mezzi di immunità validi per esperimenti.

Bob e il Cacciatore intanto, dato che mancava ancora parecchio all’ora di cena, raggiunsero gli altri al canale. Erano tutti occupatissimi, ma smisero subito di lavorare appena arrivò l’amico.

«Dove sei stato? Ti sei risparmiato un sacco di fatica questo pomeriggio. Guarda qui cos’abbiamo fatto!»

Bob guardò. In fondo non c’era granché da vedere perché l’eliminazione di tutte le parti rovinate aveva lasciato ben poco della barca, e le parti nuove messe a posto erano pochine. E c’era anche poco materiale nuovo!

«Dov’è finito tutto il legname che abbiamo raccolto ieri?» chiese Bob a Norman.

«Domanda interessante» ribatté l’altro seccato. «Una parte era ancora dove l’avevamo messa noi, ed è quella che vedi qui. Il resto era sparito. Non so se qualche ragazzo dei più piccoli l’ha trovato e se l’è preso, oppure se sono stati gli operai a usarlo. Così abbiamo pensato che la cosa migliore da fare per il momento fosse di portare qui quello che restava, e utilizzarlo prima che scomparisse a sua volta. Però dovremo tornare a procurarcene dell’altro, perché questo è quasi finito.»

«Lo vedo» disse Bob guardando la carcassa della barca. Quella vista gli fece venire in mente qualcos’altro, e il ragazzo si rivolse a Rice: «Kenny, ho paura di aver ritrovato Tip, ieri» disse.

Gli altri rimisero giù gli arnesi con i quali stavano per rimettersi al lavoro, e guardarono Bob interessati.

«Dove?» chiese Kenny Rice.

«Su nella giungla, vicino alla sorgente del canale. Poco dopo sono caduto, e così mi sono dimenticato di parlarvene. Non ho la sicurezza che fosse proprio Tip, ma certo si trattava di un cane grosso come lui. Se volete ci andiamo dopo cena. Adesso ormai è troppo tardi.»

«Da che cosa è stato ucciso?» chiese Rice, che da parecchio si era convinto della morte del cane.

«Non l’ho capito. Credo che nemmeno Sherlock Holmes riuscirebbe a trovare un indizio, ma tu puoi provare!»

La notizia della morte della bestiola mise la parola fine al lavoro, per quel pomeriggio.

Dopo cena si trovarono per andare a vedere i resti del cane. Bob fece da guida attraverso la giungla, e si fermò solo per indicare il buco nel quale era caduto il giorno prima. Norman ficcò un braccio nel fango, armeggiò alla cieca e infine estrasse il lungo ramo colpevole del guaio.

«Poteva andarti peggio, con questo legno così lungo» disse Norman mostrando il ramo agli altri.

«Mi è bastato così, stai tranquillo» rispose Bob. Il mattino, come aveva fatto con il padre, aveva mostrato agli amici il punto d’entrata del ramo, appena sopra la caviglia. Adesso Norman osservò il ramo più da vicino e notò le tracce di sangue.

«Accidenti però, ne hai perso di sangue» disse. «Il ramo è tutto sporco per una ventina di centimetri! Chissà come mai non ho notato sangue sui tuoi pantaloni, ieri.»

«Forse non hai guardato» rispose Bob, stringendosi nelle spalle, e riprese la strada. Norman rimase ancora un po’ a rimirare il legno, poi lo buttò via e raggiunse gli altri già raccolti attorno al mucchietto di ossa. Bob si era portato lì gli amici con un progetto ben chiaro in mente, e adesso li osservò a uno a uno con attenzione. Nonostante le affermazioni del Cacciatore, Bob continuava a pensare che Tip fosse stato ucciso dall’altro extraterrestre il quale aveva poi trovato un ospite che faceva al caso suo senza spostarsi troppo. Un ospite arrivato fin lì seguendo il corso d’acqua, com’erano soliti fare appunto Bob e i suoi amici. Ne conseguiva l’ipotesi che uno di loro fosse stato per qualche suo motivo da quelle parti, e sempre per un motivo suo fosse rimasto immobile il tempo sufficiente perché la creatura raggiungesse il suo scopo. Bob non aveva mai sentito parlare di una spedizione nella giungla, ma sperava che adesso, se un episodio del genere c’era stato, qualcuno ne accennasse. Dopo aver deciso che il corpo del cane poteva essere stato divorato soltanto da insetti, Malmstrom volle esaminarne le ossa, e scelse il cranio. Per prenderlo dovette allungare cautamente una mano fra le lunghe spine che proteggevano alla base il tronco dell’albero. Non fu facile, ma portò alla scoperta che in quel punto i duri pungiglioni seguivano un’inclinazione che ne riportava irregolarmente le punte verso il tronco formando una spiacevole trappola, tant’è vero che il ragazzo ci guadagnò diversi graffi e punture nel tentativo di recuperare il teschio del cane. Estratta finalmente la mano dal groviglio, il ragazzo porse il teschio a Colby e si osservò la mano ferita.