«Chissà se possiamo andare a trovarlo» disse Rice. «Forse bisogna chiederlo al medico.»
«Andiamo a chiederglielo subito.»
«Sentiamo prima che ora è» propose Norman. ~ Deve essere quasi ora di cena.
Il consiglio era buono, e i ragazzi aspettarono fuori, biciclette alla mano, mentre Norman entrava a informarsi. Poco dopo la sua faccia comparve a una finestra del piano terreno. «I miei si stanno mettendo a tavola adesso» gridò. «Ci vediamo più tardi, davanti alla casa di Bob.» E scomparve senza aspettare risposta.
«Se non hanno l’orologio avanti, io sono in ritardo» disse Rice. «È meglio che vada. Non verrò dopo cena» aggiunse, «sapete bene perché!»
Si separarono, affrettandosi ognuno verso la propria casa. Quando uscì dopo aver mangiato, Bob trovò soltanto Hay ad aspettarlo. Rimasero lì fuori per un po’, ma non comparve nessun altro, e i due ragazzi, decisi a non perdere altro tempo, andarono dal dottor Seever. Si erano quasi aspettati di non trovarlo, pensando che forse era dai Malmstrom. Invece c’era.
«Venite avanti, ragazzi, giornata densa di avvenimenti, oggi. Che cosa posso fare per voi?»
«Volevamo sapere se Malmstrom può ricevere visite» disse Norman. «Abbiamo saputo poco prima di cena che è malato, ma prima di andare a casa sua abbiamo preferito venire a chiederlo a voi.»
«Avete fatto bene, ma non si prende la malaria solo respirando la stessa aria. Credo che sarà contento di vedervi. Le iniezioni gli hanno fatto scendere la febbre.»
«Grazie, dottor Seever» disse Bob. Poi si rivolse all’amico: «Se vuoi andare avanti ti raggiungerò. Devo chiedere una cosa al dottore.»
«Oh, posso benissimo aspettare» rispose Norman, e Bob rimase senza parole.
Gli andò in aiuto il medico. «Credo che Bob voglia farsi fare una certa cosa alla gamba. Se non ti dispiace, Norman, preferisco lavorare senza testimoni.»
«Ma… è che… Ecco, anch’io volevo parlarvi di una faccenda» balbettò il ragazzo.
«Aspetterò fuori finché avrai finito» disse subito Bob.
«No, no, resta pure. Può darsi che ci voglia un po’ di tempo. E poi forse è meglio che sappia anche tu, posso averti combinato lo stesso guaio…» Hay si rivolse al medico: «Potete dirmi come viene esattamente la malaria?»
«Di solito c’è un periodo di brividi, accompagnati da febbre che può anche dare il delirio. Questo periodo dura per tutto il ciclo vitale del protozoo che causa la malattia, e si ripete quando si sviluppa un nuovo batterio.»
«Può darsi che una persona abbia i sintomi senza accorgersene?»
Il dottore si accigliò e Bob si irrigidì.
«Qualche volta, chi ha già avuto attacchi di malaria, non sente più niente per anni, poi gli attacchi riprendono» rispose il medico. «Non ho mai sentito però nessuno che avesse la malaria senza mai aver avuto attacchi sensibili.»
Hay pensò un momento prima di parlare. Alla fine disse: «Bob ha detto che non riuscite a capire da dove siano arrivati i germi che hanno infettato Maimstrom. So che la malaria viene trasmessa dalle zanzare che succhiano il sangue di qualcuno che è già stato malato. Ecco… Ho paura di essere io.»
«Ragazzo mio, ti conosco da quando hai dato il primo strillo, e so che non hai mai avuto malaria.»
«Non ne sono mai stato proprio malato. Ma ricordo di avere avuto qualche volta dei brividi, con la febbre, come avete detto voi. Però non tanto forti. Non ne ho mai parlato perché non mi sembrava importante, ma quando oggi Bob ci ha portato la notizia di Maimstrom, mi è venuto in mente tutto quello che avevo letto sui germi eccetera, e ho messo insieme le due cose. Non avete un modo per scoprire se sono davvero io che ho quella malattia?»
«Non sono un grande specialista in materia, ragazzo mio, ma ti assicuro che nessun caso di malaria ha mai presentato aspetti così lievi da passare quasi inosservati. Comunque posso fare una prova, se è per metterti il cuore in pace. Ti preleverò un campione di sangue.»
«Sì, ve ne prego.»
Bob e il dottor Seever non seppero se essere più preoccupati o più sorpresi dalle parole e dal comportamento di Norman. Se in lui tutto era a posto, bisognava cancellare dalla lista dei sospetti anche l’ultimo nome, il suo. Inoltre la coscienza sociale dimostrata da Norman in quel colloquio pareva strana in un ragazzo di appena quattordici anni. Ripensandoci però veniva fatto di pensare se Norman avesse agito in quel modo anche nel caso che l’attacco di malaria non fosse capitato a un suo amico. Comunque fosse, il dottor Seever non perse tempo a prelevare il campione di sangue.
«L’esame richiederà un po’ di tempo» disse il medico «perciò sarà bene che prima veda questa gamba di Bob. Va bene?»
Norman non fece obiezioni, per quanto ardesse d’impazienza, e ricordandosi quello che era stato detto prima, se ne andò. Prima di uscire si volse per dire a Bob: «Non metterci troppo. Io vado avanti adagio.»
Appena la porta si fu richiusa alle sue spalle Bob disse: «Lasciamo perdere la gamba, dottore. Mi interessa sapere di Norman. Se l’esame sarà negativo anche lui non sarà più sospettabile!»
«Ci ho pensato anch’io, per questo ho prelevato più sangue di quanto sarebbe stato necessario per l’esame della malaria.»
Il medico si mise subito al lavoro con il suo microscopio. L’esame durò parecchio tempo, certo più di quanto Norman doveva essere disposto ad aspettare, e a quell’ora il ragazzo probabilmente si era già deciso di andare da solo a trovare Malmstrom.
Finalmente il dottor Seever si raddrizzò sulla sedia e guardò Bob.
«Mi meraviglia sempre la quantità di microorganismi che si trovano nel sangue di un individuo anche sanissimo. Se tutto quello che ho scoperto nel sangue di Norman fosse attivo, il tuo amico sarebbe a letto con il tifo, due o tre diversi tipi di cancrena, una forma encefalitica, e mezza dozzina almeno di infezioni da streptococco. Comunque, ragazzo mio, sono pronto a giurare che tutta quella roba nel suo sangue esclude la presenza di un ospite nel suo corpo. Se potessi avere una buona scusa per prelevare sangue a tutti gli abitanti dell’isola, il nostro problema sarebbe risolto!» Seever si appoggiò allo schienale. «Bene, adesso ci resta un solo sospetto.»
«No, dottore» disse Bob. «Non ci resta più nessuno!» E il ragazzo raccontò al medico la storia di Colby e degli anemoni di mare.
«Ho capito. Però spero che venga a farsi vedere quella mano. Se viene, dovessi mentire come il demonio, gli preleverò un po’ di sangue! Nell’attesa possiamo dichiarare che le nostre idee si sono esaurite, perciò il Cacciatore dovrà cominciare a lavorare sulle sue.»
Sembra proprio che sia così, disse il poliziotto. Lasciatemi questa notte di tempo per elaborare un piano d’azione e domani vi dirò quello che si può fare.
Il Cacciatore sapeva benissimo che la scusa addotta per ritardare l’esposizione delle sue idee era alquanto fragile, ma in compenso aveva un solido motivo per non dire al suo amico dov’era nascosto il Fuggitivo.
19
Il Cacciatore desiderava che Bob si addormentasse in fretta. Aveva tante cose da fare, e da fare alla svelta. Il ragazzo aveva gli occhi chiusi, ma il battito del cuore e il ritmo del respiro rivelavano chiaramente che non dormiva.
A un certo punto il poliziotto sentì le voci dei signori Kinnaird e il rumore dei loro passi su per le scale. Tacquero entrambi mentre si avvicinavano alla porta di Bob: o stavano parlando di lui, o più semplicemente non volevano disturbarlo. Dall’improvviso immobilizzarsi di Bob, il Cacciatore capì che la signora Kinnaird si era affacciata alla porta per vedere se il figlio dormiva. Parve soddisfatta, e si allontanò. Poco dopo si sentì aprire e chiudere un’altra porta.
E finalmente Bob s’addormentò. Istantaneamente il Cacciatore entrò in azione. La sua massa gelatinosa cominciò a fluire dai pori della pelle di Bob, uscite comode e larghe per l’extraterrestre come i cancelli di uno stadio per la folla dei tifosi, e in un paio di minuti tutta la massa del suo corpo fu radunata in un mucchietto sotto il letto del ragazzo. Lì il Cacciatore si fermò un attimo in ascolto, poi cominciò a scivolare verso la porta, da dove mandò fuori uno pseudopodo fornito di occhio facendolo passare sotto il battente.