Выбрать главу

«Lo sospettavo.»

«È lei l’esecutore testamentario?»

«Sì. Immagino che lei sappia già tutto sulla sua morte.»

«Solo quello che è stato pubblicato sui giornali.»

«Occupandomi dell’eredità, ho scoperto che Mr Frye aveva iniziato una cura da lei un anno e mezzo prima di morire.»

«Veniva una volta al mese,» confermò Rudge.

«E non si era reso conto che poteva trattarsi di un soggetto potenzialmente omicida?»

«Assolutamente no,» rispose Rudge.

«Dopo averlo avuto in cura per tanto tempo, non ha capito che era un soggetto violento?»

«Avevo capito che era un soggetto molto disturbato,» ammise Rudge. «Ma non pensavo che rappresentasse un pericolo. E, comunque, deve darmi atto del fatto che non mi ha offerto molte possibilità di accorgermi della sua componente violenta. Dopotutto veniva da me una volta al mese. Avevo esposto il desiderio di vederlo un paio di volte la settimana, ma lui si è rifiutato. Voleva che lo aiutassi, ma aveva anche il terrore di svelarsi troppo. E allora avevo deciso di non insistere per farlo venire su base settimanale, nel timore che cancellasse anche l’unica seduta mensile che si era concesso. Pensavo che fosse meglio di niente, capisce?»

«E perché si è rivolto a lei?»

«Mi sta chiedendo di che disturbi soffriva?»

«Esatto, le sto chiedendo proprio questo.»

«In qualità di avvocato, Mr Rhinehart, dovrebbe rendersi conto che non sono autorizzato a rilasciare dichiarazioni di questo genere. Ho il dovere di proteggere i miei pazienti.»

«In questo caso il paziente è morto, dottor Rudge.»

«Questo non significa niente.»

«Invece significa moltissimo per il paziente.»

«Ma lui si era fidato di me.»

«Quando il paziente muore, il segreto professionale del medico perde validità legale.»

«Forse perde validità legale,» concesse Rudge. «Ma rimane quella morale. Io continuo ad avere le mie responsabilità. Non farei mai niente che potesse danneggiare la reputazione di un mio paziente, che sia morto oppure no.»

«Encomiabile,» fu il commento di Joshua. «Ma in questo caso non correrà il rischio di dire qualcosa che danneggi la sua reputazione più di quanto non sia già stata rovinata dal paziente stesso.»

«Anche questo non significa niente.»

«Dottore, questa è una situazione un po’ speciale. Proprio oggi ho raccolto alcune informazioni in base alle quali risulta che Bruno Frye ha ammazzato una serie di donne nel corso degli ultimi cinque anni. Non un paio, ma molte donne, e l’ha sempre passata liscia.»

«Lei sta scherzando.»

«Io non conosco il suo senso dell’umorismo, dottor Rudge. Ma io non mi diverto a scherzare su una catena di omicidi.»

Rudge piombò nel silenzio.

Joshua riprese: «Inoltre ho ragione di credere che Frye non agisse da solo. Potrebbe esserci un complice che in questo momento si aggira libero per le strade del paese.»

«Questa è una situazione speciale.»

«È quanto sostengo anch’io.»

«Ha già passato alla polizia le informazioni?»

«No,» rispose Joshua. «Con tutta probabilità non verrebbero considerate sufficienti. Ciò che ho scoperto convince me e altre due persone coinvolte in questa faccenda. Ma per la polizia rappresenterebbero solo prove circostanziali. In secondo luogo, ancora non ho capito quale dipartimento di polizia debba avere la giurisdizione in un caso come questo. Gli omicidi sono stati commessi in contee diverse, in città diverse. Frye potrebbe averle raccontato qualcosa che a lei può anche apparire irrilevante, ma che potrebbe incastrarsi con i dati che sono riuscito a scoprire. Se durante i diciotto mesi di terapia è riuscito a raccogliere qualche informazione che possa completare le mie, potrei giungere alla decisione di mettermi in contatto con la polizia e cercare di convincere le autorità che la situazione è molto grave.»

«Be’…»

«Dottor Rudge, se lei insiste nel voler proteggere questo paziente, potrebbero verificarsi altri omicidi. Morirebbero altre donne. Vuole avere quei cadaveri sulla coscienza?»

«D’accordo,» si arrese Rudge. «Però non per telefono.»

«Sarò a San Francisco domani, mi dica quando le è più comodo.»

«Ho la mattinata libera,» rispose Rudge.

«Va bene se vengo con i miei amici nel suo ufficio verso le dieci?»

«D’accordo. Però l’avverto. Prima di raccontarle della terapia di Mr Frye, voglio sapere che prove è riuscito a raccogliere lei.»

«Ma certo.»

«E se non riterrò reale il pericolo, non le mostrerò il mio archivio.»

«Oh, ci scommetto che riusciremo a convincerla,» gli assicurò Joshua. «Anzi, sono certo che le si rizzeranno i capelli in testa. Ci vediamo domani mattina, dottore.» Riappese, poi si rivolse a Hilary e Tony. «Domani sarà una giornata faticosa. Prima andremo a San Francisco dal dottor Rudge e poi a Hollister da Rita Yancy.»

Hilary si alzò dal divano sul quale era rimasta seduta durante la telefonata. «Non mi importa se dobbiamo volare per mezzo continente, se non altro sembra che si stia muovendo qualcosa. Per la prima volta, ho la sensazione che riusciremo a scoprire che cosa c’è sotto.»

«Anch’io,» aggiunse Tony e poi, rivolgendosi a Joshua: «Sa, da come ha trattato quel Rudge… si vede che ci sa fare con gli interrogatori. Sarebbe un perfetto investigatore.»

«Farò incidere anche questo sulla tomba,» ribattè Joshua. «’Qui giace Joshua Rhinehart, uno scontroso carino che avrebbe potuto essere un perfetto investigatore.’» Poi si alzò. «Sto morendo di fame. In casa ho qualche bistecca in freezer e un bel po’ di bottiglie di Cabernet Souvignon di Robert Mondavi. Che cosa stiamo aspettando?»

Frye girò le spalle al letto inzuppato di sangue e alla parete chiazzata di rosso.

Appoggiò il coltello insanguinato sulla cassettiera e uscì dalla stanza.

La casa era immersa nel silenzio.

Tutta la sua energia demoniaca era sparita. Si sentiva le palpebre pesanti e le membra intorpidite, ma era completamente sazio.

In bagno regolò l’acqua della doccia finché non la giudicò calda a sufficienza per resistere sotto il getto. Entrò in doccia e si insaponò, rimuovendo le chiazze di sangue dai capelli, dalla faccia e dal corpo. Ripetè l’operazione due volte e infine si risciacquò.

Aveva la mente svuotata. Non pensava a nient’altro che ai dettagli della pulizia personale. La vista del sangue che sgocciolava con l’acqua nel canale di scarico non gli fece tornare in mente il cadavere che c’era nella stanza accanto; ai suoi occhi era solo sporcizia da eliminare.

Voleva soltanto rendersi presentabile e tornare al furgone per prendersi qualche ora di sonno. Era esausto. Si sentiva le braccia di piombo e le gambe di gomma. Uscì dalla doccia e si infilò un accappatoio. Sapeva di donna, ma questo non gli procurò alcuna associazione di idee.

Rimase a lungo davanti al lavandino per pulirsi le unghie con uno spazzolino che aveva trovato sul portasapone. Doveva cancellare ogni traccia di sangue dalle grinze delle nocche e dalle unghie incrostate.

Uscendo dal bagno e dirigendosi nella stanza per riprendere i vestiti, notò sulla porta uno specchio che non aveva visto prima. Si fermò per esaminarsi, alla ricerca di eventuali chiazze di sangue che potessero essergli sfuggite. Ma ormai era immacolato, fresco e lindo come un neonato.

Rimase a fissare il pene ormai flaccido e i testicoli penzolanti. Cercò di intravedere il marchio del diavolo. Sapeva di non essere come gli altri uomini: su questo non aveva alcun dubbio. Sua madre aveva vissuto nel terrore che la gente lo scoprisse e che venisse a sapere della sua essenza semidemoniaca, frutto dell’incrocio fra una donna normale e una bestia squamosa e sulfurea, dotata di zanne. Fin dalla più tenera età, era riuscita a trasmettere a Bruno la paura di essere scoperto e ancora oggi era terrorizzato all’idea di finire sul rogo. Non si era mai mostrato nudo davanti a un’altra persona. A scuola non aveva mai intrapreso attività sportive ed era stato dispensato dal fare la doccia insieme con gli altri per presunta obiezione religiosa. Non si era mai nemmeno spogliato davanti a un medico. Sua madre era convinta che se qualcuno gli avesse visto l’organo genitale, si sarebbe immediatamente accorto della parentela con un demone, e lui era stato profondamente influenzato dalla sua terrificante certezza.