Ma guardandosi allo specchio, non riuscì a localizzare nessun dettaglio che rendesse il suo organo diverso da quello degli altri uomini. Subito dopo la morte della madre, aveva iniziato a frequentare le sale a luci rosse di San Francisco, desideroso di scoprire come fosse il pene degli altri. Era rimasto sorpreso nel constatare che gli uomini di quei film erano fatti tutti come lui. Ne aveva visti molti, ma non era mai riuscito a trovare anche un solo uomo che presentasse caratteristiche diverse dalle sue. Alcuni avevano un pene più grosso del suo, altri più piccolo, altri più tozzo, altri più sottile; alcuni l’avevano leggermente incurvato e in qualche caso persino circonciso. Ma si trattava di piccole variazioni sul tema, non delle differenze scioccanti ed evidenti che si sarebbe aspettato.
Sbalordito e preoccupato, aveva fatto ritorno a St. Helena per riflettere sulle sue ultime scoperte. La prima cosa che gli era venuta in mente era che sua madre gli avesse mentito. Ma questo era impossibile. Gli aveva raccontato più volte la settimana la storia del suo concepimento, e questo per anni e anni. Ogni volta che parlava del demonio che l’aveva violentata, sussultava, rabbrividiva e piangeva. Per lei era stata un’esperienza di vita, non una semplice storia, inventata per ingannarlo. Eppure… quel pomeriggio di cinque anni prima, seduto da solo con se stesso a riflettere, non era riuscito a trovare una spiegazione che non implicasse menzogne da parte di sua madre.
Il giorno dopo era tornato a San Francisco in stato di febbrile eccitazione, perché aveva deciso di avere rapporti con una donna per la prima volta dopo trentacinque anni di vita.
Si era rivolto a un bordello miseramente travestito da salone di massaggi, dove aveva scelto una biondina snella e attraente. Si faceva chiamare Tammy e, fatta eccezione per i denti leggermente sporgenti e il collo un po’ troppo lungo, era la ragazza più bella che avesse mai visto; almeno così l’aveva giudicata lui, mentre cercava di evitare un’eiaculazione precoce nei pantaloni. In una delle cabine che sapevano di disinfettante al pino e di sperma stantio, aveva pattuito la tariffa con Tammy, l’aveva pagata ed era rimasto a osservarla mentre si spogliava. Aveva un corpo liscio, armonioso e molto sexy e lui era rimasto impietrito dalla soggezione, pensando a tutte le cose che avrebbe potuto fare con lei. Si era seduta sull’orlo della brandina e gli aveva sorriso, dopo avergli proposto di spogliarsi a sua volta. Lui aveva accettato l’invito fino a quando non si era trattato di togliersi anche gli slip. Quando era arrivato al punto di mettere in mostra il pene irrigidito, non se l’era sentita di correre il rischio. Aveva iniziato a pensare al rogo e alla morte e si era bloccato. Aveva guardato le gambe affusolate di Tammy, i peli arruffati del suo pube e i suoi seni rotondi. La desiderava disperatamente, ma aveva paura di possederla. Percependo la sua riluttanza, Tammy l’aveva toccato sul pene, massaggiandolo attraverso gli slip. Senza smettere, aveva esclamato: «Oh, lo voglio. È grossissimo. Non ne ho mai avuto uno così prima d’ora. Fammelo vedere. Voglio vederlo. Non ho mai avuto un cazzo del genere.» All’udire quelle parole, lui si era reso conto di essere diverso, anche se non riusciva a capire come. Tammy aveva cercato di sfilargli gli slip, ma lui l’aveva schiaffeggiata e l’aveva spinta con violenza sulla brandina; lei aveva sbattuto la testa contro il muro e aveva cercato di proteggersi dalla sua furia con le mani. Urlava. A quel punto Bruno si era chiesto se fosse il caso o no di ammazzarla. Ancora non gli aveva visto il cazzo demoniaco, ma sicuramente ne aveva riconosciuto le caratteristiche inumane solo al tatto. Prima che potesse prendere qualsiasi decisione, la porta della cabina si era spalancata e un signore in giacca nera si era precipitato all’interno, richiamato dalle urla della ragazza. Il buttafuori era imponente almeno quanto Bruno ed era anche armato. Ormai Frye si era rassegnato alla sconfitta, all’oltraggio, alla maledizione, alla tortura e al rogo; ma, con sua grande sorpresa, lo costrinsero solo a rivestirsi e lo cacciarono dal locale. Tammy non aveva proferito parola sulle stranezze del pene di Bruno. Evidentemente, anche se si era resa conto della diversità, non aveva capito in che cosa fosse diverso. Non sapeva che quello era il marchio del demonio che l’aveva concepito, la prova delle sue origini sataniche. Sollevato, si era prontamente rivestito e se n’era andato dal salone, rosso per l’imbarazzo, ma felice che il suo segreto non fosse stato scoperto. Era tornato a St. Helena a parlare con se stesso e aveva deciso, sempre solo con se stesso, che Katherine aveva ragione: avrebbe dovuto continuare a soddisfare i suoi bisogni sessuali da solo.
Poi Katherine aveva iniziato a ritornare dalla tomba e Bruno aveva avuto la possibilità di soddisfarsi con lei, inondando con spropositate quantità di sperma i corpi delle donne che andava a occupare. Nella maggior parte dei casi aveva continuato ad avere rapporti sessuali con se stesso, con l’altra parte di sé, con l’altra metà. Ma di tanto in tanto era estremamente eccitante avere la possibilità di conficcare il cazzo nel centro umido, caldo e stretto di una donna.
Fermo davanti allo specchio fissato alla porta del bagno di Sally, continuò a osservare affascinato il suo pene, chiedendosi di che cosa poteva essersi accorta Tammy quando gli aveva palpato l’erezione nella cabina per i massaggi, cinque anni prima.
Poi, cominciò a risalire con lo sguardo; partendo dagli organi genitali ormai flaccidi, passò ad analizzare la pancia muscolosa, poi più su, verso l’ampio torace, finché non si scontrò con lo sguardo dell’altro Bruno che si stava rimirando allo specchio. Guardandosi negli occhi, i contorni della realtà sbiadirono e ogni forma si fuse assumendo nuove dimensioni; senza l’apporto di droghe o di alcol, Bruno si sentì trasportare nel vortice di un’allucinazione. Allungò una mano e andò a toccare lo specchio. Le dita di Bruno toccarono quelle dell’altro Bruno. Come in un sogno, si sentì spingere verso lo specchio dove premette il naso contro quello dell’altro Bruno. Tutt’e due si scrutarono a fondo. Per un istante, dimenticò di essere di fronte a una semplice immagine riflessa e l’altro Bruno diventò reale. Gli diede un bacio, un bacio freddo. Poi si scostò di qualche centimetro. Lo stesso fece anche l’altro Bruno. Si leccò le labbra. Così fece anche l’altro Bruno. E tornarono a baciarsi. Iniziò a leccare le labbra dell’altro Bruno e improvvisamente il bacio divenne caldo, ma non morbido e piacevole come si sarebbe aspettato. Nonostante i tre potenti orgasmi che Sally-Katherine gli aveva fatto raggiungere, il pene tornò a rizzarsi. Lo premette contro il pene dell’altro Bruno e prese a roteare i fianchi, massaggiandosi il pene ritto, baciando l’altro, senza staccare gli occhi dalla sua controfigura. Per un paio di minuti, si sentì felice come non lo era da parecchio tempo.
Ma l’allucinazione si dissolse di colpo e la realtà lo colpì come una martellata sulla testa. Si accorse subito di trovarsi di fronte solo a un’immagine riflessa e non all’altra metà di se stesso. La sinapsi tra gli occhi venne attraversata da una violenta scossa elettrica e il corpo sussultò per lo choc. Si trattava semplicemente di uno choc emotivo, che influì anche a livello fisico, facendolo sussultare. Lo stato di letargo venne spazzato via. Tutt’a un tratto si sentì rigenerato; la mente era tornata a girare spumeggiante.