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Vide Frye che chiudeva a chiave le porte. Hilary doveva essere dall’altra parte.

Tony percorse gli ultimi dieci metri con la terribile certezza che Frye si sarebbe girato e l’avrebbe visto. Ma lui continuava a voltargli le spalle. Stava ascoltando Hilary. E Hilary stava urlando. Tony gli si avventò contro e gli piantò il coltello in mezzo alle scapole.

Frye gridò per il dolore e si voltò.

Tony inciampò all’indietro, sperando di aver inflitto una ferita mortale. Sapeva che non avrebbe potuto vincere in un combattimento a corpo a corpo con Frye, soprattutto potendo disporre solo di un braccio.

Frye allungò una mano frenetica dietro la schiena, cercando di afferrare il coltello. Avrebbe voluto estrarlo, ma non riuscì nemmeno a sfiorarlo.

All’angolo della bocca comparve un rivolo di sangue.

Tony fece un passo indietro. Poi un altro.

Frye barcollò verso di lui.

Hilary raggiunse l’ultimo gradino e prese a tempestare di pugni la porta chiusa. Poi si mise a urlare.

Alle sue spalle i sussurri nella stanza buia si facevano sempre più forti, soffocando i battiti del suo stesso cuore.

Gettò una timida occhiata dietro di sé, rivolgendo la luce direttamente sui gradini. Alla sola vista di quella massa ronzante di insetti, fu assalita da un senso di repulsione. Nel locale sottostante gli scarafaggi arrivavano all’altezza della vita. Quella moltitudine strisciante si spostava e sibilava in modo talmente compatto da assomigliare a un unico organismo, una mostruosa creatura con un numero infinito di zampe, antenne e bocche fameliche.

Si rese conto che stava ancora gridando. Sempre più forte. Non aveva quasi più voce. Ma non riusciva a smettere.

Qualche insetto aveva osato avventurarsi sui gradini nonostante la luce. Hilary ne schiacciò un paio che avevano raggiunto il suo piede. Ma ne seguivano altri.

Si girò di nuovo verso le porte, continuando a strillare. Picchiò contro la porta chiusa con quanta forza aveva in corpo.

Poi la torcia si spense. Senza accorgersene l’aveva usata per picchiare contro la porta, in un isterico tentativo di uscire. Il vetro si era rotto e la luce si era spenta.

Per un attimo, sembrò che i sussurri diminuissero d’intensità, ma poi ripresero, ancora più forti e decisi.

Hilary si appoggiò con la schiena alla porta.

Ripensò al nastro registrato che aveva udito nello studio del dottor Nicholas Rudge. Rivide i due gemelli, due bambini chiusi lì dentro, con le mani strette sul naso e sulla bocca, mentre cercavano di allontanare gli scarafaggi. Avevano urlato per ore e ore, per giorni e giorni, e alla fine si erano ritrovati con quella voce rauca e gracchiante.

Atterrita, fissò l’oscurità sotto i suoi piedi, in attesa che quell’oceano di scarafaggi si chiudesse sopra di lei.

Ne sentì un paio sulla caviglia e si piegò per allontanarli.

Uno si arrampicò sul braccio sinistro. L’afferrò con la mano e lo schiacciò.

Quel terrificante sussurro prodotto dagli insetti in movimento era quasi assordante.

Si coprì le orecchie con le mani.

Dal soffitto si staccò uno scarafaggio che le cadde sulla testa. Urlando l’afferrò con le dita e lo scaraventò lontano.

Improvvisamente, le porte si aprirono dietro di lei e la cantina fu invasa dalla luce. Vide l’ondata di scarafaggi che aveva già raggiunto il penultimo gradino e poi la marea che si ritirava alla vista del sole. Sentì Tony che l’afferrava e si ritrovò sotto la pioggia, nella meravigliosa luce grigiastra di quella giornata cupa.

Tony gettò lontano gli insetti che le erano rimasti attaccati al vestito.

«Mio Dio,» mormorò Tony. «Mio Dio, mio Dio.»

Hilary si strinse a lui.

Non c’erano più scarafaggi, ma le parve di sentirli ancora addosso. Striscianti. Viscidi.

Fu scossa da un fremito violento e incontrollabile e Tony la strinse con il braccio sano. Le parlò con infinita dolcezza, cercando di calmarla.

Alla fine lei smise di urlare. «Sei ferito,» esclamò.

«Me la caverò. E potrò tornare a dipingere.»

Hilary vide Frye. Era disteso sull’erba, a faccia in giù, chiaramente morto. Dalla schiena spuntava un coltello e la camicia era intrisa di sangue.

«Non avevo altra scelta,» spiegò Tony. «Non volevo ucciderlo. Mi è spiaciuto per lui… sapendo quello che gli aveva fatto passare Katherine. Ma non avevo altra scelta.»

Si allontanarono dal cadavere, attraversando il prato.

Hilary aveva le gambe che tremavano.

«Chiudeva i gemelli in quella cantina quando voleva punirli,» disse Hilary. «Quante volte l’avrà fatto? Cento? Duecento? Mille?»

«Non pensarci,» mormorò Tony. «Pensa solo che siamo vivi, che siamo ancora insieme. E pensa anche se sei disposta a sposare un ex poliziotto un po’ malconcio che cerca di guadagnarsi da vivere facendo il pittore.»

«Ne sarei felice.»

In quel momento, lo sceriffo Peter Laurenski si precipitò fuori della cucina dirigendosi verso di loro. «Che cos’è successo?» domandò. «Tutto bene?»

Tony non si preoccupò neppure di rispondergli. «Abbiamo molti anni da trascorrere insieme,» confidò a Hilary. «E da ora in poi andrà tutto bene. Per la prima volta in vita nostra, sappiamo chi siamo, che cosa vogliamo e dove siamo diretti. Il passato è sepolto. Il futuro sarà decisamente migliore.»

Si incamminarono verso Laurenski mentre la pioggia dell’autunno scorreva dolcemente su di loro e sussurrava nell’erba.

FINE