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«Quindi l’ha insultata,» disse Frank. «E poi?»

«Poi si è scusato.»

«Tutto qui? Chiede di vedere il direttore, la insulta e subito dopo si scusa?»

«Sì.»

«Perché?»

«Gliel’ho detto io,» spiegò Otto.

Frank si allungò sul bancone mentre la musica si trasformava in un frastuono assordante. «Si è scusato semplicemente perché gliel’ha chiesto lei?»

«Be’… all’inizio voleva fare a botte.»

«E vi siete picchiati?» chiese Tony.

«No. Anche se arrivasse qui il peggiore figlio di puttana rompiballe di questo mondo, non mi abbasserei certo a toccarlo per dargli una regolata.»

«Deve avere un carisma molto speciale,» sbottò Frank.

Il gruppo concluse il coro e il frastuono raggiunse un livello di decibel da far scoppiare le orecchie. Il cantante si esibì in una pessima imitazione di Billy Joel in un brano che ricordava il fragore di un temporale.

Accanto a Tony era seduta una stupenda biondina con gli occhi verdi. Aveva ascoltato l’intera conversazione. A un certo punto disse: «Coraggio, Otto. Fagli vedere il tuo trucchetto.»

«È un mago?» chiese Tony a Otto. «Che cosa è in grado di fare? Forse fa scomparire i clienti troppo turbolenti?»

«Si limita a spaventarli,» proseguì la biondina. «È molto semplice. Coraggio, Otto. Fagli vedere.»

Otto si strinse nelle spalle, si chinò sotto il bancone e prese un boccale di birra. Lo alzò perché i presenti potessero osservarlo, come se non ne avessero mai visto uno prima di allora. Poi lo addentò. Afferrò con i denti il bordo e ne staccò un pezzo, si girò e sputò il frammento tagliènte nel cestino dell’immondizia.

L’orchestra esplose con l’ultimo coro della canzone e regalò al pubblico un attimo di silenzio misericordioso. Nell’improvvisa pace fra l’ultima nota e lo scroscio di applausi, Tony udì il boccale di birra che scricchiolava mentre Otto addentava un altro boccone.

«Cristo,» sbottò Frank.

La biondina si mise a ridacchiare.

Otto continuò a masticare il vetro e a sputarne i frammenti fino a quando il bicchiere fu ridotto al solo fondo, decisamente troppo duro per la dentatura e le mandibole di un uomo. Gettò quello che rimaneva del boccale nel cestino e sorrise. «Di solito mi metto a masticare il vetro proprio di fronte al tipo che sta causando qualche problema. Poi lo fìsso con aria minacciosa e gli suggerisco di darsi una calmata. E per finire, minaccio di staccargli quel fottutissimo naso con un morso.»

Frank Howard lo guardò, stupito. «E l’ha mai fatto?»

«Che cosa? Morsicare il naso di qualcuno? No. Ma basta minacciarli per farli rigare diritto.»

«Capitano molto spesso tipi del genere?» domandò Frank.

«No. Questo è un posto di classe. Può succedere una volta alla settimana, ma non di più.»

«Come ha fatto a imparare?» proseguì Tony.

«A masticare il vetro? C’è un trucchetto. Non è molto difficile.»

L’orchestra attaccò con Still the Same di Bob Seeger come se fosse stata una banda di giovani delinquenti che irrompono in una bella casa con l’intenzione di distruggere tutto.

«Non si è mai tagliato?» urlò Tony a Otto.

«Ogni tanto. Ma non capita spesso. E non mi sono mai tagliato la lingua. L’abilità sta proprio in questo,» spiegò Otto. «E io non me la sono mai tagliata.»

«Comunque si è ferito.»

«Certo. Qualche volta alle labbra. Ma raramente.»

«E comunque serve solo a rendere il trucco più efficace,» continuò la biondina. «Dovreste vederlo quando si taglia! Otto rimane in piedi davanti al tizio che sta facendo casino e finge di non accorgersi che si è tagliato. E lascia scorrere il sangue.» Gli occhi verdi della ragazza brillavano di gioia e Tony notò una scintilla di passione animale che lo fece sussultare sullo sgabello. «Rimane immobile con il sangue che gli cola sulla barba e nel frattempo ordina a quel tizio di piantarla di fare casino. Non avete idea della velocità con cui si calmano.»

«Ci credo,» mormorò Tony. Si sentiva rivoltare lo stomaco.

Frank Howard scosse la testa e disse: «Bene…»

«Già,» fece eco Tony, senza riuscire ad aggiungere altro.

Frank proseguì: «Okay… torniamo a Bobby Valdez» e indicò le foto segnaletiche appoggiate sul bancone.

«Oh. Be’, come vi ho già detto, è almeno un mese che non lo vedo.»

«Quella sera, dopo che si è arrabbiato con lei e dopo che gli ha dato una regolata con il trucchetto del boccale, è rimasto qui a bere qualcosa?»

«Gli ho servito un paio di drink.»

«Quindi le ha mostrato un documento d’identità?»

«Sì.»

«Che cos’era? La patente?»

«Esatto. Aveva trent’anni, santo cielo. Sembrava ancora un ragazzino delle medie, al massimo della prima superiore, invece aveva trent’anni.»

Frank chiese: «Si ricorda che nome era segnato sulla patente?»

Otto giocherellò con il dente di pescecane appeso al collo. «Il nome? Ma sapete già come si chiama.»

«Sto cercando di scoprire,» spiegò Frank, «se le ha mostrato una patente falsa.»

«Ma c’era la sua foto,» aggiunse Otto.

«Questo non significa che fosse autentica.»

«Ma non è possibile cambiare le foto sulle patenti della California. Ho sentito dire che il documento si autodistrugge o roba del genere se qualcuno cerca di falsificarlo.»

«Forse l’intero documento era contraffatto.»

«Credenziali contraffatte,» ripetè Otto, visibilmente interessato. «Credenziali contraffatte…» Chiaramente, aveva visto almeno duecento vecchi film di spionaggio alla televisione. «Ma di che cosa si tratta? È una specie di spia?»

«Qui c’è qualcosa che non va,» si lamentò Frank in tono impaziente.

«Eh?»

«Dovremmo essere noi a fare le domande,» precisò Frank. «Si limiti a rispondere. Ha capito?»

Il barista apparteneva al genere di persone che reagiscono d’istinto e negativamente a un poliziotto energico. Si scurì in volto e negli occhi apparve uno sguardo assente.

Rendendosi conto che stavano per perdere Otto quando probabilmente aveva ancora qualcosa di importante da dire, Tony appoggiò una mano sulla spalla di Frank e gliela strinse delicatamente. «Non vorrai che ricominci a mangiucchiarsi il bicchiere, vero?»

«A me piacerebbe vederlo di nuovo,» bofonchiò la biondina, ridacchiando.

«Preferisci fare a modo tuo?» chiese Frank a Tony.

«Certo.»

«Prego.»

Tony sorrise a Otto. «Senta, siamo tutti e tre molto curiosi. E non casca di certo il mondo se soddisfiamo la sua curiosità, a condizione che lei faccia lo stesso con noi.»

Otto sembrò risollevato. «E quello che dico anch’io.»

«Okay,» disse Tony.

«Okay. Che cos’ha fatto questo Bobby Valdez per dargli la caccia in questo modo?»

«Ha violato le norme della libertà vigilata,» spiegò Tony.

«E accusato di aggressione,» aggiunse Frank con riluttanza.

«E di violenza,» concluse Tony.

«Ehi,» sbottò Otto. «Voi due non avevate detto di essere della squadra Omicidi?»

L’orchestra terminò Still the Same con un frastuono simile al deragliamento di un treno merci. Poi ci furono pochi minuti di pace durante i quali il cantante conversò annoiato con i clienti avvolti in nuvole di fumo che, Tony ne era sicuro, provenivano in parte dalle sigarette e in parte dai timpani andati arrosto. I musicisti fingevano di accordare gli strumenti.

«Quando Bobby Valdez si imbatte in una donna poco disposta a collaborare,» spiegò Tony, «la colpisce con la pistola per renderla più partecipe. Cinque giorni fa, si è avvicinato alla vittima numero dieci ma la donna ha resistito. Bobby l’ha colpita sulla testa così forte e così tante volte che la poveretta è morta in ospedale dodici ore più tardi. Ed è per questo che se ne sta occupando la squadra Omicidi.»