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«Secondo me sei troppo cinico.»

Frank si strinse nelle spalle.

Sei mesi prima, il suo matrimonio si era concluso con un divorzio. Quell’esperienza l’aveva reso particolarmente acido.

«E non credo che tu sia davvero così cinico,» proseguì Tony. «Secondo me non sei davvero convinto di quello che dici.»

Frank non rispose.

«Sei molto sensibile,» aggiunse Tony.

Frank si limitò a scrollare le spalle.

Per un paio di minuti Tony cercò di proseguire nella conversazione, ma Frank aveva già espresso il proprio parere sull’argomento. Si trincerò nel suo classico silenzio da mummia. Era comunque sorprendente che Frank avesse parlato tanto, dal momento che non era un gran chiacchierone. Tony si rese conto addirittura che la breve discussione appena conclusa era stata la più lunga che avessero mai avuto.

Tony lavorava con Frank Howard da più di tre mesi. Ma non era ancora sicuro che l’accoppiamento potesse funzionare.

Erano incredibilmente diversi e sotto qualsiasi punto di vista. Tony era un gran parlatore. Frank di solito si limitava a grugnire in segno di risposta. Tony aveva una vasta gamma di interessi oltre al lavoro: film, libri, cibo, teatro, musica, arte, sci, corsa. Per quanto ne sapeva, a Frank non interessava praticamente nulla al di fuori del suo lavoro. Tony era convinto che un investigatore disponesse di molti sistemi per ottenere informazioni da un testimone, inclusi la gentilezza, l’astuzia, la comprensione, l’empatia, l’attenzione, il fascino, l’insistenza, l’intelligenza, oltre, naturalmente, all’intimidazione e, in qualche raro caso, anche la forza. Frank, al contrario, sosteneva che erano sufficienti l’insistenza, l’intelligenza, l’intimidazione e un pizzico di violenza in più rispetto ai canoni previsti dal dipartimento; secondo lui gli altri metodi elencati da Tony erano assolutamente inutili. Per questa ragione, Tony doveva frenarlo dolcemente, ma con aria decisa, almeno due volte la settimana. Frank era solito perdere la pazienza e dare in escandescenze quando troppe cose andavano storte nel corso della stessa giornata. Tony, da parte sua, era quasi sempre calmo. Frank era alto un metro e settantasette e di corporatura robusta. Tony era alto un metro e ottantatré, magro, slanciato e dall’aria muscolosa. Frank era biondo e aveva gli occhi azzurri. Tony era scuro. Frank era decisamente pessimista. Tony era un ottimista. Sembravano due tipi diametralmente opposti e a volte pareva impossibile che potessero lavorare insieme.

Eppure erano molto simili sotto certi aspetti. Innanzitutto, nessuno dei due staccava al termine delle otto ore. Molto spesso, facevano due ore di straordinario, a volte tre, senza essere pagati e nessuno dei due si era mai lamentato. Quando stavano per giungere alla conclusione di un caso, quando le tracce e le prove si facevano sempre più decisive, erano disposti a lavorare anche durante il proprio giorno libero, se era necessario. Nessuno chiedeva loro di sgobbare tanto. Nessuno glielo ordinava. Si trattava di una libera scelta.

Tony desiderava impegnarsi più del dovuto per il dipartimento perché era ambizioso. Non aveva alcuna intenzione di rimanere un agente investigativo per il resto della vita. Voleva diventare perlomeno capitano e magari anche qualcosa di più: forse sarebbe arrivato molto in alto, nell’ufficio del capo, e lo stipendio e la pensione sarebbero stati decisamente migliori di ciò a cui avrebbe potuto aspirare se fosse rimasto un semplice investigatore. Era cresciuto in una famiglia numerosa di origine italiana, nella quale l’arte del risparmio rappresentava una seconda religione, importante quanto il cattolicesimo. Suo padre, Carlo, era un immigrato e faceva il sarto. Il pover’uomo aveva sempre sgobbato duramente per riuscire a vestire e sfamare i figli e per garantire loro un tetto, ma spesso si era trovato sull’orlo del fallimento. La famiglia Clemenza era stata colpita da numerose malattie e i conti dell’ospedale e delle farmacie avevano prosciugato gran parte del denaro faticosamente accantonato. Quando Tony era ancora bambino, prima ancora che riuscisse a capire i problemi legati al denaro e al magro bilancio familiare, prima ancora che iniziasse a conoscere lo spettro della miseria con la quale suo padre viveva praticamente da sempre, aveva sentito ripetere centinaia, forse migliaia di brevi ma incisive lezioni sulla responsabilità economica. Carlo lo istruiva quasi quotidianamente sull’importanza del lavoro, sull’accortezza finanziaria, sull’ambizione e sulla sicurezza del posto di lavoro. Suo padre avrebbe dovuto lavorare per la cia nel dipartimento che si occupava del lavaggio del cervello. Tony era stato indottrinato completamente e aveva assorbito così bene le paure e i principi del padre, che persino all’età di trentacinque anni, con un eccellente conto in banca e un lavoro fìsso, si sentiva a disagio se si assentava dal lavoro per più di due o tre giorni. Molto spesso, quando decideva di prendersi una lunga vacanza, il periodo di riposo si trasformava in un’enorme sofferenza. Ogni settimana faceva molte ore di straordinario perché era il figlio di Carlo Clemenza e il figlio di Carlo Clemenza non avrebbe potuto comportarsi diversamente.

Frank Howard aveva altre ragioni che lo spingevano a offrirsi con tale dedizione al dipartimento. Non sembrava particolarmente ambizioso e nemmeno troppo preoccupato per questioni finanziarie. Per quanto ne sapeva Tony, Frank accettava di fare gli straordinari perché in realtà si sentiva vivo solo quando lavorava. L’unico ruolo che amava interpretare era quello di investigatore della Omicidi: solo in quella veste si sentiva realizzato.

Tony distolse lo sguardo dai fanalini rossi delle automobili che aveva davanti e studiò il viso del compagno. Frank non si accorse neppure di essere osservato. Era concentrato sulla guida e scrutava attentamente il flusso di traffico sul Wilshire Boulevard. La luce verdastra proveniente dalle spie del cruscotto illuminava i suoi lineamenti marcati. Non era bello nel senso classico del termine, ma aveva un suo fascino. Sopracciglia folte. Profondi occhi azzurri. Il naso un po’ troppo importante e affilato. La bocca ben disegnata assumeva spesso un’espressione corrucciata che metteva in evidenza la mascella robusta. Il viso era indubbiamente dotato di un certo fascino e lasciava trasparire tracce di una sincerità ostinata. Non era difficile immaginare Frank che tornava a casa, si sedeva e, immancabilmente ogni notte, cadeva in uno stato di trance che durava fino alle otto del mattino successivo.

Oltre alla disponibilità a lavorare più del necessario, Tony e Frank avevano altri punti in comune. Anche se la maggior parte degli investigatori in borghese avevano rifiutato le vecchie regole sull’abbigliamento e si presentavano in servizio indossando indifferentemente un paio di jeans o abiti sportivi, Tony e Frank erano convinti che fosse meglio portare la tradizionale cravatta. Si consideravano dei professionisti e svolgevano un lavoro che richiedeva una particolare abilità e un certo talento, un lavoro fondamentale e difficile come quello di un avvocato, un insegnante o un assistente sociale; anzi, forse era ancora più difficile e i jeans non contribuivano certo a creare un’immagine professionale. Nessuno dei due fumava. Nessuno dei due beveva quando era in servizio. E nessuno dei due aveva mai cercato di appioppare il proprio lavoro d’ufficio all’altro.

Forse un giorno le cose funzioneranno tra noi, pensò Tony. Forse con il tempo riuscirò a convincerlo a usare più tatto e meno forza con i testimoni. Forse riuscirò a risvegliare il suo interesse per i film e il cibo, se non proprio per i libri, l’arte e il teatro. Il motivo per cui ho tanti problemi ad adattarmi a lui è che forse sto puntando troppo in alto. Ma santo cielo, se soltanto parlasse un po’ di più, invece di starsene lì seduto come una mummia!