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«Hai cercato di impedire che le fossero rivolte alcune domande che sapevo essere importanti.»

«Secondo me eri troppo duro con lei.»

«E allora avresti dovuto esprimere le tue opinioni in modo molto più velato. Con gli occhi. Con un gesto, un battito di ciglia. Di solito fai così. Ma per lei ti sei scagliato contro di me come un cavaliere della Tavola Rotonda.»

«Era appena uscita da un episodio molto doloroso e…»

«Stronzate,» lo interruppe Frank. «Non c’è stato alcun episodio doloroso. Si è inventata tutto!»

«Continuo a non esserne convinto.»

«Perché pensi con le palle invece che con la testa.»

«Frank, non è vero. E non è giusto.»

«Se pensavi che mi stessi comportando in modo troppo brusco, perché non mi hai preso da parte e non mi hai chiesto che cosa avevo in mente?»

«Ma te l’ho chiesto, Cristo!» sbottò Tony, non riuscendo a contenere la rabbia. «Te l’ho chiesto appena hai ricevuto la chiamata dalla Centrale, quando lei era ancora fuori a parlare con i giornalisti. Volevo sapere che cosa stava succedendo, ma tu non hai voluto dirmelo.»

«Non credo che mi avresti ascoltato,» rispose Frank. «Ormai eri partito per lei come un ragazzino alla sua prima cotta.»

«Sono stronzate e lo sai benissimo. Sono un poliziotto esattamente come te e non lascio che i sentimenti personali influenzino il mio lavoro. Ma sai una cosa? Secondo me è quello che stai facendo tu.»

«Facendo che cosa?»

«Credo che ogni tanto i tuoi sentimenti personali influenzino il tuo lavoro,» spiegò Tony.

«Di che diamine stai parlando?»

«Hai l’abitudine di tenermi nascoste le informazioni quando scopri qualcosa di utile,» disse Tony. «E ora che ci penso… lo fai solo quando c’è di mezzo una donna, quando hai per le mani un indizio che può essere usato per farle del male, qualcosa in grado di farla scoppiare a piangere. Eviti di parlarmene e poi glielo spiattelli di colpo in faccia, nel peggiore dei modi.»

«Ottengo sempre quello che voglio.»

«Ma normalmente esistono metodi più semplici e più gentili.»

«I tuoi metodi, immagino.»

«Due minuti fa hai ammesso che il mio sistema funziona.»

Frank non disse nulla. Continuò a fissare le macchine che aveva davanti.

«Vedi, Frank, qualsiasi cosa ti abbia fatto tua moglie con il divorzio, per quanto ti abbia fatto soffrire, non c’è motivo per odiare tutte le donne che incontri.»

«Io non le odio.»

«Forse non a livello conscio, ma inconsciamente…»

«Non tirare in ballo di nuovo quelle cazzate di Freud.»

«Okay. Va bene,» mormorò Tony. «Ma sto rispondendo alla tua accusa con un’altra accusa. Hai detto che ieri sono stato poco professionale. E io ripeto che anche tu sei stato poco professionale. Siamo pari.»

Frank svoltò a destra su La Brea Avenue.

Si fermarono a un altro semaforo.

Diventò verde e proseguirono lentamente attraverso il traffico sempre più intenso.

Nessuno dei due parlò per un paio di minuti.

Finalmente Tony disse: «Nonostante i tuoi difetti, sei un poliziotto dannatamente in gamba.»

Frank lo guardò stupito.

«Parlo sul serio,» aggiunse Tony. «Fra noi esistono alcune divergenze. Spesso ci prendiamo per il verso sbagliato. Forse non riusciremo a lavorare insieme. Forse dovremo chiedere di venire assegnati a compagni diversi. Ma è solo perché siamo fondamentalmente differenti. Anche se con la gente sei tre volte più brusco di quello che dovresti essere, sei comunque bravo nel tuo lavoro.»

Frank si schiarì la voce. «Be’… anche tu.»

«Grazie.»

«Anche se a volte sei un po’ troppo… dolce.»

«E tu a volte sei un gran figlio di puttana.»

«Vuoi chiedere di cambiare compagno?»

«Non lo so ancora.»

«Neanch’io.»

«Ma se non riusciamo ad andare d’accordo, può essere pericoloso continuare a lavorare insieme. Se fra due compagni l’atmosfera è tesa, si rischia di rimanere uccisi.»

«Lo so,» ammise Frank. «Lo so bene. Il mondo è pieno di stronzi, drogati e pazzoidi armati. Devi lavorare con il tuo compagno come se facesse parte di te, come se fosse il tuo braccio. Se non lo fai, rischi di essere spazzato via.»

«Per questo dovremmo pensare seriamente se siamo adatti l’uno all’altro.»

«Già,» mormorò Frank.

Tony iniziò a controllare i numeri segnati sugli edifici. «Dovremmo quasi esserci.»

«Il posto dev’essere quello,» esclamò Frank.

L’indirizzo di Juan Mazquezza indicato sulla busta paga della Vee Vee Gee corrispondeva a un complesso condominiale di sedici palazzine in un isolato occupato da diversi esercizi commerciali, pompe di benzina, un piccolo motel, un negozio di pneumatici e uno di generi alimentari aperto ventiquattr’ore su ventiquattro. Da lontano, i condomini sembravano nuovi e lussuosi, ma osservandoli più da vicino saltavano all’occhio segni di decadimento e di trascuratezza. I muri esterni avevano bisogno di una nuova mano di intonaco. Anche le scale di legno, le ringhiere e le porte dovevano essere ridipinte. Il cartello posto all’entrata, indicante Appartamenti Las Palmeras, era stato mezzo distrutto da un’automobile, ma non era mai stato sostituito. Il complesso Las Palmeras faceva una bella impressione da lontano, perché era immerso nel verde che nascondeva le facciate rovinate degli edifici. Ma persino i giardini, se osservati da vicino, tradivano quell’aria di abbandono che caratterizzava Las Palmeras; l’erba non veniva tagliata da tempo, gli alberi erano spogli e i cespugli avevano bisogno di una bella potata.

Las Palmeras era chiaramente un luogo di passaggio e le poche auto parcheggiate confermavano quell’impressione. Fra queste, due luccicanti macchine nuove facevano bella mostra di sé. Sicuramente appartenevano a ragazzi che le consideravano un autentico status symbol. Una Ford vecchia e arrugginita, con le gomme sgonfie, era stata abbandonata e risultava ormai inutilizzabile. Accanto a questa, era parcheggiata una Mercedes scintillante che portava però i segni del tempo: sul parafango posteriore spiccava un’ammaccatura ormai arrugginita. In tempi migliori, il proprietario si era potuto permettere un’auto da venticinquemila dollari, ma ora sembrava non avesse nemmeno i duecento dollari necessari per pagare il carrozziere. Las Palmeras era un luogo per gente di passaggio. Per alcuni era solo una tappa nella scalata alla ricchezza e al successo. Per altri era l’ultimo gradino prima di cadere nella rovina più totale.

Mentre Frank parcheggiava vicino all’abitazione dell’amministratore, Tony si rese conto che Las Palmeras era una metafora di Los Angeles. Quella Città degli Angeli era forse la zona più ricca di opportunità che fosse mai esistita. Il giro di denaro era incredibile ed esistevano migliaia di modi per farsi un considerevole gruzzolo. Los Angeles produceva così tante storie di successo da poter riempire tutte le pagine di un quotidiano. Ma la stupefacente affluenza di persone portava anche un’incredibile varietà di strumenti per l’autodistruzione facilmente reperibili. Qualsiasi genere di droga poteva essere trovato e acquistato più facilmente e velocemente a Los Angeles che a Boston, New York, Chicago o Detroit. Erba, hashish, eroina, cocaina, eccitanti, tranquillanti, LSD, PCP… La città era un supermercato di droghe. Anche il sesso era decisamente troppo libero. A Los Angeles i principi vittoriani e i tabù erano crollali più velocemente che in ogni altra parte del paese, considerato anche che il paese era il centro della musica rock e il sesso era parte integrante di quel mondo. Ma molti altri fattori avevano contribuito a scatenare la libido del californiano medio. Persino il clima ci aveva messo lo zampino: le calde giornate di afa, la luce accecante, i venti del deserto e dell’oceano avevano un forte potere erotico. Il temperamento latino degli immigrati messicani aveva lasciato un segno sulla popolazione californiana. Ma forse, più di tutto, in California ci si sentiva al polo estremo del mondo, occidentale, sulla soglia di un mondo sconosciuto, di fronte a un abisso di mistero. Raramente ci si rendeva conto di tale confine culturale, a livello cosciente, ma l’inconscio era da tempo imbevuto di quella consapevolezza, di quella sensazione esilarante e a volte persino spaventosa. In qualche modo la combinazione di quegli elementi vinceva le inibizioni ed eccitava le gonadi. Naturalmente, una visione del sesso senza sensi di colpa era più che salutare, ma in alcuni ambienti di Los Angeles, dove persino gli appetiti carnali più bizzarri venivano facilmente soddisfatti, si correva il rischio di diventare sesso-dipendenti. Tony l’aveva visto con i propri occhi. Esistevano persone, tipi particolari, che decidevano di gettare via ogni cosa, denaro, rispetto per se stessi e reputazione per abbandonarsi ai piaceri della carne e ai brevi attimi di eccitazione godereccia. A chi non riusciva a umiliarsi e rovinarsi con il sesso e la droga, Los Angeles offriva una varietà incredibile di religioni e di movimenti politici votati alla violenza. E, naturalmente, Las Vegas era a solo un’ora di distanza a bordo di regolari voli a tariffa economica, o addirittura gratuiti per chi riusciva a farsi passare per un ricco giocatore incallito. Tutti quegli strumenti di autodistruzione erano stati prodotti da quell’incredibile afflusso di persone. Con la sua ricchezza e la sua allegra celebrazione della libertà, Los Angeles offriva sia la mela dorata sia quella avvelenata: era un luogo di passaggio per l’ascesa alle stelle o la discesa agli inferi. Durante la loro scalata, alcune persone si fermavano in luoghi come Las Palmeras, afferravano la mela, si trasferivano a Bel Air, Beverly Hills, Malibù o in qualche altra località sulla costa occidentale e vivevano felici e contenti. Altri assaggiavano il frutto avvelenato durante la parabola discendente e si fermavano a Las Palmeras senza sapere come e perché ci fossero finiti.