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«Niente di importante.»

«Entrambe le volte è risultato il migliore,» continuò Michael.

«Di che mostre si trattava?» chiese Hilary.

«Niente di serio,» tergiversò Tony.

«Sogna di guadagnarsi da vivere con i suoi quadri,» spiegò Michael, «ma non fa niente di concreto.»

«Perché è solo un sogno,» si schermì Tony. «Sarei uno stupido se pensassi di poter campare facendo il pittore.»

«In realtà non ci ha mai provato,» mormorò Michael rivolgendosi a Hilary.

«Un pittore non può contare su uno stipendio fisso,» continuò Tony. «E nemmeno sull’assistenza sanitaria o sulla pensione.»

«Ma se riesci a vendere anche solo due quadri al mese, a metà del loro valore reale, guadagni comunque più di quello che prendi come poliziotto,» affermò Michael.

«E se non vendo niente per un mese oppure per sei mesi, chi paga l’affitto?»

Rivolgendosi a Hilary, Michael continuò: «Il suo appartamento è stracolmo di quadri. È seduto su una fortuna, ma non farà mai niente per sfruttarla.»

«Sta esagerando,» fu il commento di Tony.

«Ah, ci rinuncio!» esclamò Michael. «Forse lei riuscirà a farlo ragionare, Hilary.» Mentre si allontanava dal loro tavolo, ripetè: «Ventuno.»

«Ventitré,» replicò Tony.

Più tardi, mentre tornavano a casa, Hilary suggerì: «Ma perché non provi almeno a portare alcuni dei tuoi quadri in una galleria per vedere se accettano di venderli?»

«Non lo farebbero.»

«Almeno potresti tentare.»

«Hilary, non sono abbastanza bravo.»

«Quel dipinto è stupendo.»

«C’è una bella differenza fra un murale per un ristorante e la vera arte.»

«Quel dipinto è un’opera d’arte.»

«Ti ricordo nuovamente che non sei un’esperta.»

«Acquisto quadri non solo per mio diletto, ma anche come investimento.»

«Con l’aiuto del direttore di una galleria per quanto riguarda l’investimento?» domandò.

«Esatto. Wyant Stevens a Beverly Hills.»

«Allora l’esperto è lui, non tu.»

«Perché non gli mostri qualcuno dei tuoi quadri?»

«Non sopporto le sconfitte.»

«Scommetto che non li rifiuterebbe.»

«Non potremmo parlare d’altro

«Perché?»

«Mi sto annoiando.»

«Sei testardo.»

«E annoiato.»

«Di che cosa vorresti parlare?»

«Be’, per esempio si potrebbe decidere se è il caso che mi fermi da te per un bicchiere di brandy.»

«Ti andrebbe di bere un brandy?»

«Cognac?»

«È l’unica cosa che ho.»

«Che marca?»

«Remy Martin.»

«Il migliore.» Sorrise. «Ma, caspita, non so. E terribilmente tardi.»

«Se non entri, dovrò bere da sola.» Quella schermaglia la divertiva.

«Non posso lasciarti bere da sola.»

«E il primo passo verso l’alcolismo.»

«È vero.»

«Se non entri a bere qualcosa con me, sarà come iniziarmi sulla strada del vizio e della perdizione.»

«Non potrei mai perdonarmelo.»

Un quarto d’ora dopo erano seduti l’uno accanto all’altra sul divano, di fronte al camino, sorseggiando il Remy Martin.

Hilary si sentiva la testa leggera, non per il cognac ma per il fatto di essere accanto a lui: si chiedeva se avrebbero finito con il fare l’amore. Non era mai andata a letto con un uomo al primo appuntamento. In genere, prima di farsi coinvolgere in una storia, studiava e valutava l’altro per settimane, a volte anche per mesi. Più di una volta, la sua perenne indecisione le aveva fatto perdere uomini che avrebbero potuto essere amanti stupendi e ottimi amici. Ma dopo una sola serata trascorsa con Tony Clemenza si sentiva perfettamente a suo agio. Era incredibilmente attraente. Alto. Scuro di carnagione. Una bellezza selvaggia. Possedeva l’autorità e la sicurezza di un poliziotto, ma era dolce. Sorprendentemente dolce. E sensibile. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui si era lasciata accarezzare e possedere, da quando aveva condiviso il piacere con un’altra persona. Come aveva potuto lasciar trascorrere tutto quel tempo? Immaginava di essere fra le sue braccia, nuda sotto di lui. Mentre si lasciava andare a quelle fantasie, si rese conto che probabilmente anche la mente di Tony era occupata dagli stessi, dolci pensieri.

Il telefono squillò.

«Maledizione!» esclamò Hilary.

«Qualcuno che non hai voglia di sentire?»

Hilary si girò a guardare il telefono, appoggiato su un angolo della scrivania. Continuava a squillare.

«Hilary?»

«Scommetto che è lui.»

«Lui chi?»

«Continuo a ricevere quelle telefonate…»

Il suono stridente riempiva l’aria.

«Quali telefonate?»

«Da un paio di giorni, il telefono squilla, ma dall’altra parte nessuno risponde. E già successo sei o sette volte.»

«E non dice niente?»

«Si limita ad ascoltare. Penso sia qualche squilibrato montato dalla notizia apparsa sui giornali a proposito di Frye.»

Il suono insistente le fece digrignare i denti.

Si alzò e si avvicinò al telefono.

Tony la seguì. «Il tuo numero è sull’elenco?»

«La prossima settimana me ne daranno uno nuovo che non comparirà sull’elenco.»

Raggiunsero la scrivania e rimasero a fissare il telefono. Continuava a squillare.

«È lui. Ne sono sicura. Nessun altro lo farebbe suonare così a lungo.»

Tony afferrò la cornetta. «Pronto!»

Non rispose nessuno.

«Casa Thomas,» esclamò Tony. «Parla l’investigatore Clemenza.»

Clic.

Tony riappese il ricevitore. «Ha riattaccato. Forse l’ho spaventato una volta per tutte.»

«Lo spero.»

«Comunque sia, è meglio che il tuo numero non compaia più sull’elenco telefonico.»

«Oh, non ho alcuna intenzione di cambiare idea.» «Lunedì mattina chiamerò immediatamente la compagnia telefonica e li informerò che la polizia di Los Angeles gradirebbe un lavoro veloce.»

«Puoi farlo?»

«Certo.»

«Grazie, Tony.» Si raggomitolò su se stessa. Aveva freddo.

«Cerca di stare tranquilla,» le raccomandò Tony. «Secondo le statistiche, i maniaci che si divertono a spaventare le persone con le telefonate non vanno mai oltre. In genere si accontentano della telefonata. Di solito non sono tipi violenti.»

«Di solito?» .

«Quasi mai.»

Hilary abbozzò un sorriso. «Non è un gran che.»

Con la telefonata era svanita ogni probabilità di finire la serata nello stesso letto. Non era più dell’umore giusto e Tony se ne accorse.

«Vuoi che mi fermi ancora un po’, nel caso richiamasse?»

«Sei molto gentile, ma immagino che tu abbia ragione. Non è pericoloso. Se lo fosse, non si sarebbe limitato a telefonare. A ogni modo l’hai spaventato. Probabilmente pensa che la polizia sia qui ad aspettarlo.»

«Hai riavuto la tua pistola?»

Lei annuì. «Ieri sono andata in città a compilare il modulo che avrei dovuto presentare quando mi sono trasferita. Se il tipo della telefonata si fa vedere, posso farlo secco legalmente.»

«Non penso proprio che ti disturberà ancora, almeno per questa notte.»

«Certo, hai ragione.»

Per la prima volta in tutta la serata, si sentirono leggermente imbarazzati.

«Be’, è meglio che vada.»

«Sì, è tardi.»

«Grazie per il cognac.»

«Grazie per la stupenda cena.»

Sulla porta, le chiese: «Che cosa fai domani sera?»

Stava per mentirgli, quando si ricordò di come si era sentita, seduta accanto a lui sul divano. Ripensò anche alle parole di Wally Topelis e al pericolo di diventare un’eremita. Sorrise e rispose: «Sono libera.»